Torniamo a parlare di previdenza, in particolar modo di previdenza integrativa (detta anche complementare). Come abbiamo analizzato in alcuni precedenti articoli, la previdenza obbligatoria (alla quale siamo tenuti a contribuire ex lege, ognuno in base al proprio lavoro ed al proprio reddito) non sarà in grado di garantirci un tenore di vita equivalente a quello che ha caratterizzato il periodo in cui svolgevamo l’attività lavorativa.
Tutti, in conseguenza di ciò, possiamo scegliere di destinare una parte del nostro risparmio alla costituzione di una rendita vitalizia integrativa, versando contributi volontari alle forme pensionistiche complementari. Esiste, inoltre, l’opportunità di scegliere tra lasciare il TFR (trattamento di fine rapporto) in azienda oppure di farlo confluire nel proprio fondo di previdenza integrativa.
Senza tornare troppo nel dettaglio dell’argomento, è utile ricordare che è anche possibile scegliere la tipologia di asset allocation (ovvero, la composizione degli investimenti) del nostro fondo pensione, in funzione della nostra peculiare propensione al rischio e delle prospettive economiche.
Entrando nel merito della tematica scelta per l’appuntamento odierno della nostra rubrica, la decisione (quanto meno discutibile!) di incrementare, in modo retroattivo, l’aliquota dell’imposta sostitutiva sul risultato di gestione delle forme di previdenza integrativa – dall’11,5% al 20% – ha già conseguito gli effetti voluti dall’attuale esecutivo di governo: il trasferimento di ricchezza dal risparmio privato alle casse dello Stato. Quella che possiamo definire come una vera e propria stangata retroattiva, infatti, ha fatto confluire nelle casse dell’erario un importo superiore al miliardo di euro.
Nelle nostre analisi non abbiamo mai fatto mistero delle criticità del sistema pensionistico nazionale e ci siamo più volte detti contrari a tutte le “innovazioni” introdotte di recente (le cui conseguenze determinano, puntualmente, il peggioramento delle prospettive di benessere dei cittadini italiani). Prima l’introduzione della possibilità di anticipare una parte del TFR direttamente in busta paga, ora l’innalzamento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sui fondi pensione. Se l’obiettivo dell’attuale governo è quello di svendere il futuro per far fronte alle contingenze (per quanto gravi e dolorose) del presente, lo sta facendo benissimo.
Ancora una volta saremo noi italiani a doverci attivare per pianificare il nostro futuro, constatata l’incapacità di quanti affermano di essere classe dirigente del Paese.
A cura di Leonardo Taronna, seguimi su Twitter => www.twitter.com/TaronnaL
Seguici anche su Facebook => www.facebook.com/lasettimanaeconomica