Che il 2016 avrebbe riservato non poche sorprese lo stiamo affermando già da alcuni mesi; che queste sorprese potessero trasformare la cultura finanziaria planetaria in un così breve lasso di tempo, molti non avrebbero potuto minimamente immaginarlo. Proprio in virtù di ciò, oggi parliamo dello Zeitgeist della finanza e dell’economia globalizzata del 2016; dello Spirito del tempo, inteso come tendenza culturale predominante nella società contemporanea.
Per comprenderne a pieno il significato è necessario fare un passo indietro su alcuni dei temi da noi già trattati nel recente passato. Abbiamo avuto modo di spiegarvi cosa sono i tassi d’interesse negativi, del perché della loro comparsa in buona parte dei Paesi industrializzati, e delle potenziali conseguenze sul mercato dei titoli obbligazionari (tanto statali, quanto aziendali).
L’ormai cronica difficoltà delle maggiori economie mondiali di “creare” inflazione (in passato percepita come male assoluto, da contrastare con ogni mezzo) lascia presagire, inoltre e in modo neanche troppo velato, la possibilità di andare in contro ad un lungo periodo con un’economia globale con caratteristiche simili a quelle attuali. Esempio emblematico di ciò che per noi europei si sta manifestando solo di recente è il Giappone. In Giappone, infatti, vi è pressoché assenza di inflazione da più di 15 anni, con conseguenze tutt’altro che auspicabili per tutti: Stato, cittadini e aziende.
Chi ci sta guadagnando da una situazione come quella presente? Nessuno, o quasi. Un contesto nel quale i timidi segnali di ripresa economica rimangono “timidi” anche col passare dei mesi, ed in cui l’imprenditoria è “appesa” alle decisioni delle banche centrali, non rappresenta un buon viatico verso un’espansione economica sostenibile e duratura. I Governi nazionali pagano sempre meno per i “debiti” che vengono loro concessi sui mercati finanziari, ma a quale costo? Semplice, al costo di un’economia che non riesce a ripartire compiutamente.
In questo habitat “ostile” per l’investitore italiano medio – a tal riguardo, provate a scorrere le classifiche internazionali sull’educazione finanziaria nelle diverse nazioni; ciò che scoprirete non vi renderà orgogliosi di essere italiani – tra tassi d’interesse negativi, prezzi delle obbligazioni carissimi, timori per strumenti d’investimento troppo “rischiosi” (come le azioni, ad esempio), i piccoli risparmiatori non sanno più che pesci pigliare. Accontentarsi di poco o nulla, ma con garanzia del capitale? (E poi, siamo sicuri di poter fare davvero affidamento su questa “garanzia” di rimborso del nostro capitale investito?) Oppure accettare il “rischio” di essere soggetti ad una maggiore volatilità del valore dei nostri investimenti, ma slegarsi dall’andamento del mercato obbligazionario?
Come sempre abbiamo affermato nei nostri articoli, l’unica “arma” a nostra disposizione per difenderci, ma anche per poter approfittare delle opportunità presenti sui mercati finanziari, è la pianificazione finanziaria e la diversificazione di portafoglio (sua prima alleata).
Se, invece, vi piacciono soluzioni più esotiche, potrebbero interessarvi i “Parmesan bond”. Si tratta di prestiti obbligazionari strutturati, il cui collaterale sono alcune forme (ben individuate, in numero e qualità) di Parmigiano Reggiano. Di recente è stato emesso un prestito obbligazionario con un valore nominale di 6 milioni di euro dalla 4 Madonne Caseificio dell’Emilia, una cooperativa modenese produttrice di uno dei prodotti italiani più conosciuti al mondo. Le caratteristiche di tale prestito obbligazionario strutturato? Scadenza a gennaio 2022, rendimento fisso annuo del 5% (con cedola semestrale), rimborso del capitale in cinque tranche annuali a partire da gennaio 2018.
Se credete si tratti di uno scherzo, vi invitiamo a cercare sul web; rimarrete sorpresi dallo scoprire che esistono tantissime altre emissioni obbligazionarie similari a quella che abbiamo appena portato a vostra conoscenza, con collaterali di tutti i tipi.
Tutto ciò premesso, siete ancora convinti che il 2016 sarà caratterizzato solo da “rischi” e non da “opportunità”?