Qualsiasi forma d’impresa richiede una ricca fonte di capitali sia in fase di avviamento che per quanto riguarda il corretto prosieguo dell’attività.
Di fondamentale importanza risulta essere il settore all’interno del quale si colloca l’impresa, infatti alcuni, pur manifestando un potenziale di sviluppo notevole, presentano un rischio di perdita (incertezza) talmente cospicuo che il sistema bancario non è disposto ad intervenire (non si effettua alcuna erogazione di capitale). In queste situazioni, volendo continuare a scommettere sulle proprie idee, è necessario ricercare altrove i capitali necessari, ricorrendo, ad esempio, alla cosiddetta finanza alternativa.
Il venture capital rappresenta un’attività di investimento, nel capitale di rischio di imprese non quotate, con l’obiettivo di accrescere il valore dell’impresa finanziata.
Viene catalogata fra le forme di investimento ad alto rischio (fa parte del settore del private equity), con la quale un investitore, mediante l’apporto di capitale, mette a disposizione di un imprenditore (o di un inventore con delle idee) le risorse necessarie per lo sviluppo del business.
L’iniziativa si realizza mediante la sottoscrizione di un pacchetto azionario di quote di minoranza (che verrà acquistato dal venture capitalist), dunque tramite un accordo siglato tra venture capitalist ed imprenditore.
La messa a disposizione delle risorse finanziarie non rappresenta l’unico contributo, il venture capitalist mette a disposizione le proprie competenze professionali strategiche, competenze finanziarie, conoscenze di marketing ed organizzazione nonché la propria rete di contatti in ambito nazionale ed internazionale.
A fronte dell’alto grado di rischio possiamo rilevare un elevato guadagno atteso. Le imprese che si rivolgono al venture capitalist, per loro natura, possiedono una probabilità di fallimento pari a circa 75%, nonostante ciò l’investimento mira a conseguire un congruo guadagno dalla smobilizzazione dell’investimento iniziale (che in genere viene effettuata 3-4 anni dopo l’investimento). Analizzando i rendimenti conseguiti dai venture capitalist è possibile osservare come dal 1980 ad oggi ci sia stata, in media, una progressiva contrazione, passando da circa il 30% a valori inferiori al 20%.
Lo smobilizzo avviene mediane il collocamento delle quote azionarie (IPO, Initial Public Offering) sul mercato di borsa, per cessione delle quote ad un fondo comune di investimento operante su società progredite o, infine, per acquisizione delle quote da parte di grandi società che mirano ad impadronirsi delle nuove tecnologie.
Un ultimo punto su cui soffermarsi è la differenza tra i venture capitalist e i Business Angels. Spesso le due figure vengono confuse nonostante la colossale differenza, infatti, mentre i Business Angels utilizzano le proprie risorse finanziarie, il Venture Capitalist ottiene il capitale rivolgendosi ai fondi istituzionali (enti previdenziali, enti pubblici territoriali, assicurazioni).