Le nuove tecnologie stanno diventando un elemento sempre più importante nel mondo del lavoro. Sono molti, infatti, i settori che si stanno rinnovando sfruttando le opportunità messe a disposizione dalla tecnologia.
Ormai, sempre di più, il lavoro dell’uomo è facilitato dall’aiuto delle macchine. Sono in aumento, d’altro canto, i casi in cui la è macchina stessa a sostituire l’uomo nello svolgimento delle sue mansioni.
Il settore finanziario, da questo punto di vista, non è di certo rimasto indifferente: ruoli come l’operatore di sportello ed il direttore di filiale sono sempre meno richiesti. Le loro funzioni vengono espletate, ormai, dalle più comode ed accessibili piattaforme on-line.
Questa evoluzione è arrivata fino al cuore dell’attività svolta da banche di investimento come Goldman Sachs e Morgan Stanley: stiamo parlando dell’High-Frequency Trading.
L’High-Frequency Trading (HFT) rappresenta una modalità di investimento che si serve di opportuni algoritmi matematici e sofisticati computer. Grazie a questi, riesce ad operare su una vasta gamma di mercati finanziari.
Questa tecnologia specula sulle minime oscillazioni dei prezzi, mantenendo posizioni anche per periodi di tempo nell’ordine della frazione di secondo.
Arrivati a questo punto, siamo finalmente in grado di spiegare il nome di questa tecnica, traducibile in italiano come ‘trading ad alta frequenza’. L’HFT comporta, infatti, una vastissima quantità di operazioni portate a termine ogni secondo. Se così non fosse, il guadagno sarebbe irrisorio: un singolo trade porta, generalmente, ad un guadagno di pochi centesimi.
L’uso delle tecniche HFT ha preso molto piede negli ultimi anni. E’, infatti, ritenuto responsabile di una grandissima percentuale del traffico di transazioni in alcune piazze finanziarie. Per dare un esempio, la Borsa di Milano raggiunge picchi del 50% (dato 2011), comunque lontani da quelli del mercato azionario statunitense (73%, dato 2009, fonte: Banca d’Italia).
Il trading algoritmico ha, però, portato alla luce numerose critiche circa la manipolazione dei mercati da parte delle macchine. Basti pensare che l’esistenza stessa di questi sistemi di trading è stata svelata solo dopo il flash crash del Dow Jones nel 6 maggio 2010. In questa occasione, la SEC (Security Exchange Commission) ha accertato il ruolo determinante delle tecniche di HTF nell’apparentemente immotivato crollo dei prezzi e nella loro repentina risalita.
Quello che, quindi, rimane da capire non è se l’HTF abbia o meno un impatto sui mercati, ma se questo sia complessivamente positivo o negativo.
Per capire meglio di cosa stiamo parlando, il caso Aleynikov è perfetto: Sergey Aleynikov rubò i dati sorgente, fondamentali per il trading algoritmico, alla Goldman Sachs. L’impiegato fu presto arrestato dall’FBI, ma la banca dovette giustificare alle autorità l’importanza di quei codici. In mani sbagliate, infatti, avrebbero potuto portare a gravi conseguenze.
Ovviamente, già da tempo, si cerca di porre dei freni o comunque di correggere questa attività speculativa.
Una delle soluzioni proposte è una lieve tassazione delle transizioni finanziarie. Questa, però, non deve far diventare alcuni mercati privilegiati rispetto ad altri. La tassa dovrebbe, infatti, essere applicata in maniera generalizzata, possibilmente a livello mondiale. Un simile intervento necessiterebbe, ad ogni modo, di una collaborazione politica non indifferente.
L’High-Frequency Trading è un fenomeno che ha già rivoluzionato il settore della finanza e che continuerà a farlo. In futuro, assisteremo ad una maggiore regolamentazione di questa tecnica e i mercati si adatterano di conseguenza.
Oggi, però, le varie opinioni a riguardo sono ancora molto discordanti fra di loro. Wall Street stessa, al suo interno, si spezza fra chi la supporta e chi la critica.