Spesso si sente parlare di capitali portati all’estero per evitare la tassazione del proprio Paese. La meta è sempre la stessa, un paradiso fiscale. Contrariamente a quanto si possa pensare, non sono solo isolette caraibiche ma sono diffuse in tutti i continenti. Tante destinazioni ma un solo obiettivo, evitare di pagare quanto sarebbe dovuto al proprio erario nazionale. In questo articolo faremo una panoramica sul fenomeno “paradiso fiscale” e su quanto fatto per combatterlo.
Molto spesso la politica (bipartisan) ha cercato di riportare i capitali dall’estero, garantendo una tassazione “gentile” su di essi. Tale manovra ha un obiettivo più politico che economico.
Questa locuzione è usata per indicare un Paese nel quale la tassazione sui depositi bancari è minima o nulla. Questa politica fiscale deriva da ragioni politiche, ovvero attirare capitali esteri. L’avere del denaro in banche estero non è di per sé un reato ma quando esso è fatto con il solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, si configura il reato di elusione fiscale.
Può essere utile dare una breve definizione di queste due situazioni, in quanto spesso viene fatta confusione. Questa incertezza è data dal loro comune obiettivo, pagare meno tasse di quanto dovuto.
Elusione: è un’azione o una serie di esse, singolarmente lecite ma poste in essere con l’obiettivo primario di sottrarre somme di denaro alla tassazione.
Esempio: La vostra società ha sede nel Paese X e, a fronte di un fatturato di 100, pagate 50 di tasse. Decidete allora di trasferire la vostra sede legale nello Stato Y, dove avete lo stesso fatturato ma pagate solo 20 all’erario.
Quindi il “segnale” di una possibile elusione fiscale è la mancanza di una motivazione economica a scelte di questo tipo (l’esempio è volutamente semplificato ma dovrebbe rendere il concetto chiaro).
Evasione: questa situazione è più semplice da spiegare. State evadendo ogni volta che mettete in atto comportamenti illeciti al fine di pagare meno tasse.
Esempio: “Signore, fanno 100 con l’IVA e 70 senza. Come vuole fare?”
Un’altra fondamentale differenza tra i due reati è che l’evasione è perseguibile penalmente mentre l’elusione è solo un illecito amministrativo. Ma torniamo ai paradisi fiscali.
La lista stilata dal nostro Paese comprende moltissimi Stati (di cui molti in realtà dipendenze di Paesi europei. Tuttavia, per farci un’idea utilizzeremo la classifica stilata dall’Oxfam; questa organizzazione (no profit) raccoglie varie entità che si occupano, tra le altre cose, di cercare di ridurre la povertà nel mondo. A differenza di quanto si possa pensare (e di quanto il titolo dell’articolo possa far credere), non tutti i paradisi fiscali sono isolette caraibiche lontane miglia e miglia. Facendo una carrelata dei primi quindici Paesi che hanno “guadagnato” il titolo di paradiso fiscale, troviamo Bermuda (Nord America), Svizzera (Europa), Hong Kong (Asia) e le Mauritius (Africa). Nel caso vi stiate chiedendo se l’Oceania non partecipa alla partita, la risposta è “Tonga, Nuova Caledonia, Vanuatu e tanti altri Stati” che però non arrivano ancora nelle prime posizioni.
Oltre all’ovvia risposta “Tutti”, i Paesi più colpiti dal fenomeno del trasferimento di denaro in un paradiso fiscale sono quelli in via di sviluppo. Si è stimato che il fenomeno dei trasferimenti illeciti dai Paesi in via di sviluppo, è quasi dieci volte maggiore degli aiuti che vengono forniti a tali Stati per crescere. Un report dell’Unione degli Stati africani, stima che quasi il 30% del PIL dei Paesi della zona sub-sahariana è stato spostato in paradisi fiscali.
Il tema del recupero dei capitali all’estero è spesso usato in politica come esca per ottenere voti (esempio famoso lo scudo fiscale del governo Berlusconi). Finché sarà possibile riportare i capitali nel Paese dove devono subire la tassazione, con penali minimali, il fenomeno non si arresterà. Una maggiore coscienza e pericolosità del fenomeno da parte della popolazione, potrebbe aiutare a ridurne gli effetti. Inoltre, le entità sovrannazionali dovrebbero mettere una pesantissima pressione su Paesi rientranti nella definizione di paradiso fiscale, in modo da non lasciar loro altra via se non quella di abbandonare tali tattiche.