Il sistema pensionistico italiano, in seguito alle molteplici riforme succedutesi nel corso degli anni, si fonda ad oggi su tre fondamentali pilastri: previdenza pubblica, previdenza complementare collettiva e previdenza complementare individuale.
Essendosi indebolito il primo pilastro (gap previdenziale) è urgente integrarlo attraverso il secondo e il terzo. E prima lo si fa meglio è!
Prima di parlare del secondo pilastro della previdenza è opportuno spiegare cosa sia un fondo pensione.
I fondi pensione, nell’ordinamento giuridico italiano, sono gli strumenti tecnici (appartenenti al cosiddetto sistema pensionistico privato in Italia) individuati dal legislatore al fine di garantire ai lavoratori una pensione complementare, da affiancare a quella che spetterebbe ai sensi di legge erogata dagli enti previdenziali obbligatori, detta invece previdenza di primo pilastro.
Tramite un fondo pensione il lavoratore accantona dunque una quota dei propri guadagni realizzati durante la vita lavorativa allo scopo di garantire prestazioni pensionistiche aggiuntive (pensione integrativa) rispetto a quelle erogate dagli enti previdenziali obbligatori. Si distinguono dagli enti previdenziali che gestiscono i sistemi pensionistici obbligatori in un quadro normativo di diritto pubblico ove i rapporti giuridici sono determinati dalle leggi dello Stato e non su base volontaria e che finanziariamente sono gestiti sistema pensionistico senza patrimonio di previdenza con il rischio politico a carico dei cittadini obbligati.
I fondi pensione sono regolati da norme di diritto privato che regolano i rapporti giuridici di natura volontaria, tra i fondi stessi e gli aderenti a vario titolo. Finanziariamente sono gestiti secondo il principio della capitalizzazione integrale dei versamenti con il rischio economico a carico degli aderenti. L’ammontare delle prestazioni previdenziali dipenderà pertanto dai contributi versati, dal periodo di permanenza nel fondo e dal rendimento ottenuto dall’investimento del patrimonio.
Il secondo pilastro della previdenza si attua mediante l’utilizzo dei fondi pensione chiusi, che sono riservati ad una platea di persone con caratteristiche omogenee: la stessa categoria lavorativa, la stessa azienda, la stessa appartenenza territoriale ecc.
Sono definiti anche fondi negoziali perché prendono campo da atti di negoziazione fra le parti sociali, come contratti e accordi collettivi o sindacali, regolamenti di enti o aziende, accordi regionali, accordi fra liberi professionisti ecc.
I Fondi pensione chiusi possono essere solamente ad adesione collettiva, ciò significa che si aderisce per libera scelta individuale ma in quanto facenti parte di una collettività definita. I Fondi negoziali sono istituiti dalle parti sociali ma la gestione è affidata ad un investitore professionale esterno come una banca o compagnia di assicurazione.
I fondi pensione sono alimentati dal trattamento di fine rapporto che il lavoratore matura e, volendo, da contributi del datore di lavoro e del lavoratore stesso.
L’adesione ad un fondo è incoraggiato da agevolazioni fiscali: le contribuzioni da busta paga, escluso il TFR, sono totalmente deducibili dal reddito complessivo con un tetto massimo di 5.164,57€ annui.
Per vigilare sulla regolare amministrazione dei fondi pensione è stata istituita una Commissione controllata dal Ministero del lavoro perché i versamenti per un fondo pensione integrativo finiscono nel mercato dei capitali, dove prudenza e lungimiranza sono d’obbligo. Si richiede, quindi, trasparenza anche nelle modalità di offerta del prodotto derivante da questo risparmio.