Come suggerisce il nome, la scuola austriaca prende il suo nome dalla nazionalità di molti suoi esponenti. Tra questi troviamo Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises, entrambi alumni dell’Università di Vienna. Questa scuola di pensiero si pone come promotore dell’individualismo metodologico. I seguaci della scuola hanno prodotto teorie di stampo libertario e liberista.
La principale idea sostenuta dalla scuola austriaca è che ogni teoria economica debba fondarsi sui principi più elementari dell’azione umana. La scuola deve molte delle sue basi teoriche dagli studi filosofici di Kant e Aristotele e infatti al suo interno sono presenti due correnti ognuna fedele ad uno di questi studiosi. Nonostante la componente kantiana e aristotelica, la scuola predilige un approccio razionalista che risulta avere molto in comune con quello degli economisti classici britannici.
L’approccio alla teoria adottato dalla scuola austriaca viene specie chiamato prasseologia. Questa teoria si occupa di studiare il comportamento degli uomini dal punto di vista della sua efficacia. La paternità di questa parola viene attribuita a Tadeusz Kotarbinsky ma viene utilizzato soprattutto in riferimento ai lavori di stampo austriaco e in particolare a quelli di von Mises.
Uno dei punti cardine della scuola austriaca è il laissez-faire e la protezione della proprietà privata. Con il primo, si vuole minimizzare l’intervento statale nell’economia mentre il secondo si inquadra nell’ideologia individualista del movimento. Per gli austriaci, la prasseologia deve chiedersi se l’attuazione di una politica produrrebbe gli effetti voluti anziché domandarsi se sia giusto applicarla.
Sul finire del XIX secolo il mondo dell’economia subì una rivoluzione: il focus stava passando dal concetto di valore a quello di utilità e costo marginale. Il valore, inteso come output del lavoro necessario per produrre i beni era il caposaldo degli studi degli economisti classici. Questa rivoluzione ebbe un suo momento cruciale nel 1871 con l’uscita del libro di Carl Menger, “Principles of Economics”. L’evoluzione teorica portò gli studiosi a focalizzarsi sempre di più su un approccio soggettivista all’economia. Menger divenne un punto di riferimento è attorno alla sua figura si creò un gruppo di economisti che diedero vita alla Scuola psicologica, ovvero quella che ora viene chiamata Scuola austriaca.
Benché le idee in opposizione all’economia classica si siano sviluppate e consolidate a Vienna, queste non erano totalmente un prodotto della scuola austriaca. La scuola di Salamanca nel XV secolo si distinse per l’innovatività dei suoi studi economici che poi hanno fornito le basi per le teorie austriache. Sarà proprio un austriaco (sebbene nato in quella che oggi è la Repubblica Ceca) a portare le luci della ribalta sul lavoro fatto dagli studiosi spagnoli. Questa persona in seguito darà vita ad una teoria che prenderà il suo nome e siederà con Keynes nell’Olimpo degli economisti del XX secolo, Joseph Schumpeter.
Pur avendo da sempre avuto diverse correnti di pensiero al suo interno, la scuola era sempre riuscita a mantenere l’unità. Questo venne meno quando si manifestò una scissione in cui gli economisti si divisero tra un “team” Hayek e un “team” Mises. Le differenze si possono riassumere così:
L’ascesa di Hitler mise in crisi la struttura della scuola che si concentrava soprattutto nell’Università di Vienna. Con la volontà del dittatore di riunire le popolazioni germaniche e il successivo Anschluss, molti economisti furono costretti a fuggire. Mises come altri suoi colleghi ebrei, scappò negli Stati Uniti e lì proseguì la sua attività.
La critica principale mossa agli “austriaci” riguarda la loro riluttanza nell’usare modelli matematici e statistici nell’economia. Il premio Nobel Paul Krugman ha asserito che questo porta loro a non accorgersi delle falle nei loro stessi modelli. In generale i modelli austriaci vengono chiamati “modelli a priori” o non empirici dai loro detrattori. Un altro premio Nobel, Paul Samuelson affermò che quasi tutti gli economisti erano concordi nel definire deboli i modelli basati solo su deduzioni logiche. Questa critica era diretta in particolare a Mises e al suo pupillo Kirzner, oltre che a Murray Rothbard. Jeffrey Sachs ha criticato Hayek per la sua fedeltà al laissez-faire notando che tra i Paesi sviluppati, quelli con gli indici economici migliori erano quelli con il maggiore intervento statale.