In questo periodo di incertezza economica e negli anni scorsi si è molto parlato di un possibile ritorno alla moneta nazionale. Vediamo insieme cosa è successo.
Molte forze politiche hanno più volte millantato la volontà di vedere un ritorno alla sovranità monetaria come rimedio fondamentale alla Crisi economica. L’idea fondamentale è che la possibilità di stampare la propria moneta possa riportare in casa i vantaggi del signoraggio bancario e che si possa sfruttare il deprezzamento della moneta.
Il deprezzamento detto così non sembra una buona cosa ma in un’ottica di commercio aperto il fatto di avere una debole può di fatto favorire le esportazione facendo crescere in maniera anche considerevole la bilancia commerciale.
Di fatto quindi l’aumento dell’export, dato dal fatto che i beni nazionali in termini reali subiscono un vantaggio molto competitivo rispetto agli altri, è un’ottima cosa. Esempio: automobile che costa € 20,000 che può essere pari a una valuta X quindi 20,000 X. Dopo il deprezzamento il Paese che ha la valuta X può comprare l’auto da € 20,000 con 15,000 X. Il problema nasce quando si analizzano le importazioni. Queste di fatto subiscono uno svantaggio enorme.
Teniamo sempre presente che l’Italia non è una fonte energetica importante. Non siamo cioè grossi produttori di petrolio o di gas naturale e quindi siamo costretti a comperare risorse dagli altri Stati. Con una moneta che si ritroverà ad essere sicuramente debole.
Il prezzo così si impennerà dando vita ad una grossa inflazione.
Oggi però vorremmo concentrarci sul lato tecnico del ritorno alla moneta nazionale: si può fare? Come funziona? Risponderemo a queste domande analizzando il caso storico della Cecoslovacchia.
I ragionamenti sul ritorno alla moneta nazionale ci portano a fare l’unico confronto storico possibile dell’Area Euro con la creazione delle due monete nazionali in Repubblica Ceca e in Slovacchia.
Dopo la già avvenuto divisione politica in modo assolutamente pacifico, questi due paesi decisero di mantenere inizialmente la vecchia corona cecoslovacca. Ben presto, però, ci si rese conto che l’unione monetaria non reggeva, poiché l’economia della Repubblica Ceca cresceva a ritmi molto più sostenuti rispetto alla Slovacchia (un po’ come la Germania di oggi con il resto d’Europa). Di conseguenza, le autorità finanziarie di Praga e Bratislava decisero di adottare due monete diverse, al posto della vecchia corona.
Il passaggio alle nuove valute fu un’operazione-lampo, preparata in gran segreto, come è raccontato chiaramente in un’analisi scritta nel 1999 da due economisti: Jan Fidrmuc e Julius Horvat. La decisione di creare due monete, secondo questi studiosi, fu adottata dai vertici della banca centrale di Praga nel gennaio del 1993. In seguito, trattative segrete con le autorità slovacche, fu annunciata pubblicamente il 2 febbraio successivo, per essere poi ratificata velocemente dai parlamenti di entrambe le repubbliche. In pochissimi giorni, dal 4 al 7 febbraio dello stesso anno, la vecchia corona cecoslovacca fu convertita nelle nuove valute.
Tuttavia, la precedente moneta nazionale continuò a circolare per qualche mese nelle tasche dei cittadini, come avvenne anche in Italia nel 2002 ai tempi del changeover, cioè il passaggio dalla lira all’euro.
Entro l’agosto del 1993, però, la vecchia corona cecoslovacca fu quasi completamente rimpiazzata. L’operazione era architettata nei dettagli.
Questo per evitare una fuga di capitali dalla Slovacchia, la cui moneta era destinata a deprezzarsi rispetto a quella della più solida Repubblica Ceca. Cosa che potrebbe accadere per un ritorno dall’Euro alla Lira italiana.
E così, il 3 febbraio del 1993, cioè subito dopo l’annuncio dello scioglimento dell’unione monetaria, i pagamenti tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia furono bloccati transitoriamente. Partirono subito i controlli alle frontiere che vennero intensificati per evitare illeciti passaggi di denaro. Inoltre, entrarono in vigore dei limiti severi ai prelievi e ai pagamenti in contante. Questi, nella fase di transizione, non potevano superare il tetto massimo di 4,000 corone. Erano fatte salve però delle eccezioni per le transazioni commerciali tra aziende.
Dal primo maggio 2004 La Slovacchia è entrata a far parte dell’unione Europea e dal primo gennaio 2009 ha adottato la moneta unica europea.
Di recente, ad Aprile 2017 la Repubblica Ceca ha inoltre manifestato la volontà di staccarsi dal cambio fisso di € 1 ogni 27 Corone poiché “rischiava di prosciugare le proprie riserve” e Praga si è detta “pronta a rialzare i tassi di interesse, lasciati fermi al minimo storico dello 0,05%”. Non proprio un bellissimo scenario per il nostro Stato.
Del resto, come dice anche l’economista Carlo Cottarelli entrare nell’euro, data la nostra impreparazione, potrebbe essere stato un errore. Ma uscirne sarebbe devastante.