Uno degli argomenti principi riguardo il ritorno alla sovranità nazionale della moneta è il vantaggio derivante da un tasso di cambio flessibile. Con l‘articolo riguardante l’analisi dello storico caso della Cecoslovacchia sul ritorno alla sovranità nazionale, abbiamo introdotto la problematica derivante dal deprezzamento della moneta. Il tasso di cambio flessibile avviene quando uno Stato può decidere liberamente di stampare moneta e quindi svalutarla contro qualsiasi valuta.
Ciò è successo ad esempio in Svizzera quando il 15 gennaio 2015 si è passati dal regime di cambio fisso a un franco per €1,20 ad un regime flessibile. Questo secondo la Banca Centrale Svizzera avrebbe risollevato le sorti economiche del Paese. Per altri invece è stato per combattere il continuo apprezzamento della moneta che veniva presa come valuta rifugio per coprirsi da eventuali rischi di cambio specialmente con l’euro.
Con un tasso di cambio flessibile dunque si può creare un vantaggio competitivo svalutando la moneta nazionale. Questo perché i beni nazionali, in rapporto a quelli esteri, costano meno e sono più appetibili. Ciò è dunque buono per le esportazioni ma dall’altro lato della bilancia le importazioni diventano più costose. Se la bilancia commerciale è in squilibrio ciò può portare ad un’inflazione molto alta. C’è da considerare anche che in un mondo sempre più globalizzato il vantaggio competitivo derivante dall’aumento delle esportazioni si fa sempre più sottile.
La questione dunque rimane delle più spinose. Lungi dal porre un’opinione personale, cercheremo di presentare la questione con degli esempi che possano aiutare il lettore nella comprensione del medesimo.
Poniamo il caso di due Stati, A e B con due monete diverse, ad esempio € e $.
Immaginiamo che il tasso sia di € 1 = $ 1 così che un € sia eguale a due $.
Nel Paese A si produce un tipo di automobile al prezzo di € 10,000 che viene dunque venduto al Paese B che paga $ 10,000 e poniamo il caso (ci aiuterà nel ragionamento) che il prezzo di produzione sia uguale a quello di vendita.
Ora il Paese A, per rendere più appetibile il proprio prodotto, inizi a stampare cartamoneta, così che il valore del rapporto salga data la maggior presenza di moneta nel Paese fino a € 1 = $ 0.8, tasso €/$ = 1,25 e dunque l’automobile in questione costa sempre € 10,000 in A, ma per il paese B ora costa $ 8,000.
Sia dato il caso però che l’automobile sia così composta (pre-svalutazione):
Parti Auto | Valore | Provenienza |
Carrozzeria | € 5,000 | A |
Motore | $ 3,000 = € 3,000 | B |
Ruote | $ 2,000 = € 2,000 | B |
Per semplificare poniamo che l’auto si componga di solo queste 3 parti. Dopo la svalutazione il quadro cambia necessariamente:
Parti Auto | Valore | Provenienza |
Carrozzeria | € 5,000 | A |
Motore | $ 3,000 = € 3,750 | B |
Ruote | $ 2,000 = € 2,500 | B |
Per un valore finale dell’automobile di € 5,000 + € 3,750 + € 2,500 = € 11,250, che è comunque la metà di un cambio di $ 10,000 in € per cui si avrebbero € 12,500, un surplus di € 2,500. Quindi, il vantaggio competitivo per il Paese A e il margine di guadagno per il Paese B si è dimezzato.
Interessante è vedere bene ciò che succede in A: il prezzo dell’automobile ha subito un innalzamento da € 10,000 a € 11,250. In termini economici diremmo che nel Paese A c’è stata un’inflazione del 12,5 %.
Ciò accade su scala mondiale con la globalizzazione incalzante e accadrebbe a maggior ragione in un Paese dell’Eurozona che decide di abbandonare la moneta dell’Unione, si dovranno fare i conti con il fatto che pagherà molto della propria filiera produttiva con una moneta debole, correndo il serio rischio di andare incontro ad un innalzamento dei prezzi.
Esiste un modo però per coprirsi dal rischio di cambio con le valute estere: il forward exchange rate, uno dei più usati sul mercato azionario. Dimostrerò il funzionamento con un esempio:
Poniamo il caso che uno studente italiano voglia andare a studiare ad Harvard e che la tassa di iscrizione in questa prestigiosa università sia di $ 150,000.
Il nostro studente non è sicuro dell’ingresso nella famosa Università ma, nel caso in cui venisse accettato, incorre dal periodo in cui decide di entrare fino al momento in cui deve pagare la tassa nel rischio di cambio.
Poniamo dunque il caso che il cambio, al momento della decisione sia di 1.03 $/€. Lo studente, attualmente pagherebbe € 146,000.
Immaginiamo che al momento dell’iscrizione l’Euro sia deprezzato con la conseguente diminuzione del tasso di cambio, con il valore di 0.90 $/€. Lo studente adesso deve pagare ben € 166,000 ben € 20,000 in più rispetto al valore della decisone.
Può pero coprirsi pagando un premio per una forward exchange option che gli permetta di bloccare il cambio al valore iniziale di 1.03 $/€, opzione che può decidere se esercitare o meno a seconda della convenienza.
Questo derivato funziona proprio come un’assicurazione sul rischio di cambio. Da considerare comunque in questo caso sono il costo del premio di assicurazione che incombono su colui che esercita la copertura.