Economia

TAV: il lento sviluppo dell’alta velocità

Cos’è la TAV?

L’acronimo TAV sta per “treno ad alta velocità”, ovvero mezzi capaci di superare i 250 km orari. Nella cultura italiana, il termine è diventato il nome più comune della “Nuova Linea Torino-Lione”. Questa linea ferroviaria dovrebbe misurare 235 km ed essere utilizzata sia per il trasporto di merci che di passeggeri, da una città all’altra.

La linea storica

Le due città sono collegate dalla ferrovia del Fréjus, il cui primo tratto fu inaugurato nel 1854. Questa linea misura 103 km è attualmente ha una struttura a doppio binario ed è interamente elettrificata. La Tav dovrebbe andare ad affiancare questo tratto storico, secondo quanto previsto dagli accordi del 1994 tra i governi dei due Paesi. La volontà di creare una linea che potesse ovviare ad alcune problematiche presenti nel tratto storico, era già stata manifestata a partire dal 1910 con l’elaborazione di diverse proposte per la costruzione di tunnel.

Fonte web

I primi contatti tra italiani e francesi

Dopo che nel 1990 la “Société nationale des chemins de fer français” pubblicò una nota in merito e l’allora presidente francese Mitterrand ne auspicò la realizzazione, iniziò un dialogo più serrato tra i due Stati. Nel 1994, il Consiglio europeo tenutosi ad Essen, pose la Torino-Lione tra i 14 progetti prioritari nel settore dei trasporti.

Il trattato italo-francese

Nel 1994 le società ferroviarie dei due Paesi, diedero vita alla GEIE Alpetunnel che aveva lo scopo di iniziare le valutazioni preliminari per la TAV. In seguito, nacquero altre società simili che, dopo tre anni di studi di fattibilità, portarono alla firma di un trattato per la realizzazione dei lavori. La linea progettata prevedeva tre tratti: uno francese, uno italiano e uno in comune tra i due Stati.

La TAV attuale

Il progetto dopo quasi dieci anni dalla partenza, impiega 800 persone tra cantieri, servizi ed ingegneria e finora è stato scavato il 14% delle gallerie dell’intera opera. Alcune parti del progetto sono tuttavia già ultimate, come nel cantiere di Chiomonte dove si è già concluso il lavoro per la creazione dell’accesso alla galleria principale.

I movimenti No TAV

Come per tutte le opere di questa portata, si sono avuti i pareri contrari. Queste voci si sono riunite nei movimenti No TAV (e No TGV in Francia): nati negli anni ’90, questi gruppi sono accumunati dalla loro contrarietà alla Torino-Lione, presa come simbolo della mala gestione del territorio comunale da parte del governo centrale. La prima manifestazione significativa contro il progetto si è tenuta nel marzo del 1995 nel torinese. Più recentemente le manifestazioni e le marce sono diventate più diffuse con eventi soprattutto (ovviamente) in Val di Susa. Oltre a queste azioni, sono nati anche i primi presidi permanenti nei comuni di Bruzolo e Borgone Susa. A Mompantero invece, per effettuare l’esproprio dei terreni destinati al progetto, si dovette ricorrere alle forze dell’ordine in contrasto alla stoica opposizione di cittadini e sindaci.

Le proteste violente

Oltre alle dimostrazioni pacifiche, si sono registrati numerosi episodi di violenza e attentati ai cantieri. Ai movimenti No TAV sono stati attribuiti attentati con ordigni e bottiglie incendiarie a Firenze, Bologna, sulla linea del Brennero e sulla Roma-Napoli. Inoltre, erano state preparate contestazioni contro il passaggio della torcia olimpica nel 2006 e più recentemente un attacco alla sede del PD a Roma. Numerosi sono anche i casi di ferimento di poliziotti, con anche casi di lesioni permanenti.

Fonte galileonet.it

La componente politica

Le varie aree politiche hanno da sempre manifestato le loro opinioni sulla TAV: i recenti governi a guida PD erano tutti schierati a favore del completamento dell’opera mentre l’attuale governo Salvini-Di Maio è nettamente contro. I costi del “non fare” la TAV consisterebbero soprattutto nella restituzione dei fondi europei che l’Italia ha ricevuto per i lavori e che ammontano a circa 813 milioni di Euro. A questi andrebbero aggiunte le somme già spese da Francia (350 milioni) e Unione europea (700 milioni) e che potrebbero venir chieste come risarcimento all’Italia. La risoluzione unilaterale comporterebbe anche lo spreco delle spese già sostenute per l’opera dall’Italia stessa, sempre circa 350 milioni. In caso di mancata realizzazione della TAV, l’Italia si troverebbe quasi certamente a dover rispondere in giudizio nei confronti delle imprese coinvolte nei cantieri con ulteriori costi.

Published by
Andrea Noli