Con la parola “spread” si dà ormai per scontato che il riferimento sia alla differenza di rendimento tra il BTP e il Bund a 10 anni. Prima della crisi del 2011 in pochi conoscevano questo parametro, oggi invece entrato di prepotenza in tutte le case. Ma, c’è uno spread ancora più importante.
Oltre allo spread tra BTP decennali e corrispondenti Bund tedeschi, c’è infatti un altro spread che gli operatori di borsa tengono sottocchio. Si tratta del differenziale di rendimento tra i BTP decennali e i titoli con scadenza a due anni, che funziona al contrario dello spread più famoso: più esso è elevato, più denota una situazione di normalità, lontana sia da crisi imminenti, sia da pericolosi default.
Quando il rendimento dei titoli a breve scadenza (2 anni) si avvicina (o addirittura supera) il rendimento dei titoli a lunga scadenza (10 anni) è il segnale inequivocabile che il mercato considera in arrivo una forte recessione o, ancora peggio, si avvicina il default del Paese.
La prima nell’estate del 2008 subito dopo il crack Lehman Brothers, quando questo secondo spread è sceso sino a 14 punti base.
La seconda nel novembre 2011 quando esso è andato addirittura in territorio negativo, con i titoli a due anni che rendevano 66 punti base in più rispetto ai BTP decennali, segno inequivocabile che il default dell’Italia era imminente, ma è stato tamponato dalla tempestiva formazione del Governo Monti. Quest’ultimo, in tempi da record, ha approvato un’impegnativa manovra finanziaria, al centro della quale c’era la riforma Fornero delle pensioni, e ha inserito il principio del pareggio di bilancio in Costituzione. Il Governo Monti fu allora considerato da tutto lo schieramento parlamentare come il salvatore della Patria, perché con quei provvedimenti fece risalire il secondo spread di cui parliamo oltre il livello di sicurezza di 300 punti base. La riforma Fornero è proprio quella che secondo molti operatori finanziari ha dato un inequivocabile segnale di responsabilità verso il mercato.
La terza volta che questo secondo spread si è impennato è stato all’atto della formazione dell’attuale Governo giallo-verde. Nella seduta del 29 maggio 2018, infatti, lo spread BTP 10-2 anni è crollato da 220 punti base a quota zero in poche ore, con rendimenti intorno al 3% per entrambe le scadenze di titoli. Nei giorni successivi, dopo una fase molto convulsa, le dichiarazioni tranquillizzanti del Ministro Tria fatte in un’intervista al Corriere della Sera del 9 giugno hanno tranquillizzato i mercati e lo spread in questione è tornato su un livello di normalità intorno ai 200 punti base.
Oggi, il rendimento dei BTP a due anni si attesta attorno all’1,4% ma ha avuto anche dei picchi di 1,6% mentre il BTP a 10 anni è arrivato al 3,38% con un massimo di 3,8%, marcando quindi una differenza che varia tra i 160 e i 240 punti base.
La banca UBS ha annunciato di aver avviato una posizione «overweight» (cioè superiore alla quota degli altri titoli in portafoglio) sui BTP con scadenza biennale. La ragione è che «c’è una probabilità molto bassa che l’Italia farà default sul suo debito nei prossimi due anni»
La nota prosegue affermando che la recente ondata di vendite rappresenti una opportunità di comprare bond italiani biennali.