In quest’articolo analizzeremo com’è stato affrontato il problema delle emissioni di CO2 nei settori delle costruzioni e in quello delle abitazioni. Questo viene fatto principalmente attraverso lo studio dei risultati del lavoro congiunto di tre tipi di strumenti.
Gli immobili abitativi hanno ricevuto un numero di incentivi per l’abbattimento delle emissioni inquinanti maggiore rispetto ad altri settori. Facendo un raffronto tra i diversi Paesi emerge che la media di tonnellate di CO2 si aggira intorno alle 48 unità per ciascun Paese. Tra questi spiccano le circa 108 tonnellate abbattute dalla Danimarca e le 88 dell’Australia. I costi più alti si sono avuti in relazione ai sussidi per l’isolamento domestico realizzati in Nuova Zelanda e in Cile, dove hanno superato i mille euro di costo per ogni tonnellata abbattuta.
Nel complesso i programmi di sussidio risultano essere i più costosi, seguiti a distanza ravvicinata dalle tariffe incentivanti di Gran Bretagna e Australia. Nonostante la loro maggiore “costosità” i sussidi risultano comunque essere lo strumento più utilizzato dai vari Paesi analizzati. L’alternativa principale essere le tasse che vengono utilizzate nel 30 per cento dei casi. Per le tasse va tenuto conto che in genere esse contribuiscono ad una maggiore riduzione di emissioni nel settore rispetto a quelle ottenute con i sussidi. Per l’energia utilizzata dalle abitazioni nei Paesi dell’OCSE è prevista un aumento medio dell’1,4% all’anno fino al 2030.
Secondo le previsioni, questo incremento sarà ancora maggiore per i Paesi non parte dell’OCSE, dove nel 2030 si dovrebbe arrivare ad un livello totale dei consumi superiore del 30% rispetto a quello dei Paesi OCSE. Per prevenire questo fenomeno, oltre all’utilizzo degli strumenti già citati è necessario mettere in atto delle iniziative per favorire un comportamento più responsabile dei cittadini nei confronti dell’ambiente. I fattori che influenzano il comportamento dei cittadini sono vari e diversi tra loro ma primeggia la sensibilizzazione sui temi ambientali.
Il settore delle costruzioni presenta dei costi stimati del carbonio non particolarmente elevati soprattutto se confrontati con gli incentivi per l’abbattimento stanziati per i produttori di energia elettrica e per il settore del trasporto su strada. Tra i Paesi analizzati nessuno arriva ai 10 euro di costo per tonnellata di CO2, con Germania e Francia che affrontano le spese più elevate raggiungendo gli 8 euro mentre gli Stati Uniti sono il fanalino di coda con un costo praticamente nullo. Questi costi risultano essere bassi anche in termini di percentuale di P.I.L.: i valori si aggirano tutti intorno allo 0,0002% con la sola Germania che supera tale valore arrivando anche al 0,0009%.
Nel settore delle costruzioni gioca un ruolo fondamentale il mercato delle immissioni: questo strumento, non utilizzabile nel settore delle abitazioni, consiste in una vera e propria compravendita delle emissioni con apposite valutazioni monetarie che vengono commerciate fra vari Stati del mondo. La predominanza di questo strumento non deve far pensare ad una inefficacia di feed-in tariffs, tasse e sussidi ma a come questi nella maggioranza dei casi non siano riusciti ad avere un impatto tale da modificare il comportamento delle imprese del settore.
Settori | Emissioni totali del settore (milioni di tonnellate di CO2) | Emissioni abbattute (milioni di tonnellate di CO2) | Emissioni abbattute in % | Costi totali di abbattimento (in milioni di euro) |
Abitazioni | 2885,90 | 26,50 | 1,12 | 202,48 |
Cemento | 178,5 | 4,78 | 2,68 | 26,7 |
Un elevato carbon price può essere causato dalla messa in atto di una politica ambiziosa oppure dall’utilizzo di strumenti poco efficienti rispetto al costo del loro utilizzo. Certi Paesi hanno affrontato la questione dell’inquinamento in modo più ambizioso di altri, applicando delle politiche più rigorose. Di questi Paesi, la maggior parte ha concentrato questo tipo ti iniziative sul settore delle abitazioni piuttosto che nel settore del cemento, dato che quest’ultimo è sottoposto ad una spietata concorrenza internazionale. I più bassi carbon price rilevati in relazione alle tasse e al sistema degli scambi rispetto ad altri tipi di strumenti utilizzati nel settore delle abitazioni, sembrano essere causati dalla migliore efficienza di questi due strumenti.
Per quanto riguarda le imprese, esistono vari scenari ma tutti passano da più efficaci green policies. Una possibile soluzione, consiste nell’escludere da tutti o da una parte degli appalti pubblici, quelle imprese che superano una determinata soglia di emissioni. A quel punto i costi dei lavori per l’adeguamento degli impianti produttivi sarebbero comunque inferiori ai mancati ricavi derivanti dalla perdita potenziale di una grossa fetta di commesse. Ancora, sostenere con una penalizzazione meno “opprimente” gli imprenditori che dichiarano bancarotta ma che avevano cercato autonomamente di ridurre le proprie emissioni inquinanti. In contemporanea a questi strumenti di coercizione indiretta, si potrebbero affiancare delle politiche volte a sensibilizzare il comportamento degli imprenditori. Dei corsi obbligatori potrebbero portare, nel lungo periodo, a una riduzione delle emissioni di CO2 o comunque ad una maggiore sensibilità per il tema.
A differenza delle imprese le famiglie non hanno particolari vincoli di struttura e di bilancio che possono rendere complicata la modifica dei propri consumi energetici. La componente fondamentale sono i costi: una famiglia è propensa a sostenere delle spese, se sa che poi otterrà un risparmio. L’installazione di pannelli fotovoltaici, a fronte di una spesa iniziale elevata, porta ad un risparmio sia nella spesa per l’elettricità sia per i costi del riscaldamento. Un contributo importante è dato dagli incentivi per l’acquisto di abitazione ad alta efficienza energetica, che si affiancano a quelli per il miglioramento dell’efficienza degli edifici.