Home » e-Learning » Storia Economica » John Maynard Keynes: il liberista

Il nome di Keynes è sempre associato a misure di espansione fiscale, di aumento della spesa pubblica e in generale di intervento statale in economia. I fautori dell’economia pianificata puntualmente invocano Keynes.
Tuttavia, per Keynes, le misure di intervento pubblico in Economia erano dei semplici palliativi da utilizzare per privare il “laissez – faire” dei suoi squilibri intrinsechi.

Keynes, l’autosufficienza nazionale

Keynes
John Maynard Keynes

Decifrare Keynes non è facilissimo.
Collocarlo con un solo pensiero economico è assolutamente fuorviante poiché Keynes adattava continuamente le sue proposte al periodo storico e al periodo economico.
Nel 1933, nel saggio intitolato “Autosufficienza nazionale” si dichiarò contrario ad un aumento degli scambi commerciali, egli infatti affermò:

Sono più d’accordo con quelli che vorrebbero ridurre l’intreccio economico tra le nazioni che non con quelli che lo estenderebbero… cerchiamo di far sì che i beni vengano prodotti al proprio interno quanto più ragionevolmente e convenientemente possibile; e soprattutto che la finanza sia essenzialmente nazionale.

Keynes e Bretton Woods

La proposta che Keynes portò alla conferenza di Bretton Woods fuga ogni dubbio su quale fosse il suo pensiero a riguardo, egli era favorevole al libero scambio nella misura in cui la vendita di beni da un paese all’altro fosse servita  per l’acquisto di beni, infatti, l’estensione del libero mercato su scala globale favorisce la divisione internazionale del lavoro: ciascun paese concentra la propria attività nel settore o nei settori in cui è relativamente più produttivo. Il mercato internazionale consente di scambiare ciò che produce in eccesso rispetto alle proprie esigenze con merci e servizi di cui ha bisogno e che sono prodotti da altri.
Il problema sorge quando alcuni paesi si specializzano nella produzione e nella commercializzazione di debiti. Il mercato continua, almeno temporaneamente, ad offrire vantaggi ma non è più in equilibrio poiché movimenti unidirezionali di merci sono finanziati da movimenti di capitali nella direzione opposta.

Il laissez-faire monetario

Questa situazione, che potremmo chiamare “laissez-faire monetario”, veniva ampiamente criticata da Keynes come si può ben capire leggendo la prima bozza della proposta che poi diventerà la proposta portata avanti dal governo britannico alla conferenza di Bretton Woods.
Nello specifico affermò (nella bozza di proposta chiamata Post-war Currency Policy dell’8 settembre 1941) :

“capitali a briglia sciolta potrebbero correre da una parte all’altra del mondo, scompaginando ogni stabilità degli affari. Niente è più sicuro del fatto che i movimenti di capitali debbano essere regolati; il che, di per sé, comporta un allontanamento radicale dai principi del laissez – faire.”

La base logica della proposta di Keynes


Dando per assodato il principio della preferenza per la liquidità (quando i tassi di interesse di mercato sono molto bassi una persona sceglie di tenere sotto forma liquidità le sue disponibilità
) Keynes vorrebbe sfatare un concetto che ormai è dato praticamente per assodato ossia che i Paesi creditori siano sempre virtuosi e l’onere degli aggiustamenti debba necessariamente ricadere solo sui Paesi debitori.
È quanto meno evidente, non solo da un punto di vista logico, che il surplus di un paese corrisponda al deficit di un altro ed ecco perché la tesi di Keynes era che la responsabilità di mantenere l’equilibrio nel commercio internazionale dovesse essere pienamente condivisa fra i Paesi debitori e i Paesi creditori.
In “Speech to a Meeting of European Allies” (26 febbraio 1943) Keynes afferma:

“Il creditore può essere egualmente colpevole, o meno colpevole, ma può anche essere più colpevole. Sarebbe opportuno avere un sistema che obblighi tanto il paese creditore quanto il paese debitore a mantenere un giusto equilibro della bilancia dei pagamenti.”

Il cambio di paradigma alla base della proposta

Foto storica di Bretton Woods

Questo cambio di paradigma è alla base della sua proposta presentata alla conferenza di Bretton Woods ma ne parlò anche precedentemente, nella sua Teoria Generale:


“Un paese che si trovi in posizione di creditore netto rispetto al resto del mondo dovrebbe assumersi l’obbligo di disfarsi di questo credito e non dovrebbe permettere che esso eserciti nel frattempo una pressione restrittiva sull’economia mondiale e, di rimando, sull’economia dello stesso paese creditore. Questi sono i grandi benefici che esso riceverebbe, insieme a tutti gli altri, da un sistema di clearing (compensazione) multilaterale. […] Non si tratta di uno schema umanitario filantropico e crocerossino, attraverso il quale i paesi ricchi vengono in soccorso ai poveri. Si tratta, piuttosto, di un meccanismo economico altamente necessario, che è utile al creditore tanto quanto al debitore.”

Il Bancor di Keynes

Partendo da queste premesse, Keynes elabora un progetto basato sulla creazione di una nuova istituzione, l’International Clearing Union, e sull’emissione di una nuova moneta bancaria, pura unità di conto, fissata (ma non in maniera irrevocabile) in termini di oro e accettata come equivalente dell’oro da tutti i paesi membri della Clearing Union.
Si tratterebbe di una convertibilità a senso unico poiché nessuno stato membro avrebbe facoltà di richiedere oro alla Clearing Union ma potrebbe solamente cedere oro in cambio di Bancor (nuova valuta internazionale inventata da Keynes. Il nome ha il preciso scopo di far capire che il funzionamento sarebbe stato simile a quello del sistema bancario).
Il Bancor si affianca alle valuta nazionali, che continuano a circolare all’interno dei singoli stati, e serve per regolare le transazioni commerciali in ogni parte del mondo. Ogni stato membro è titolare di un conto presso la International Clearing Bank sul quale viene accreditata una somma iniziale di Bancor, proporzionale al valore del suo commercio con l’estero. Col tempo, i paesi esportatori vedranno questo saldo aumentare; gli importatori lo vedranno diminuire e trasformarsi in un deficit. I primi andranno a credito nei confronti della Clearing Union, presso la quale accreditano i proventi delle esportazioni al netto di ciò che pagano per le importazioni, i secondi andranno a debito nei confronti della Clearing Union, dalla quale prendono a prestito i fondi necessari per pagare le importazioni. I Paesi debitori dovevano certamente fare degli sforzi per contenere la domanda interna, ma anche i Paesi creditori avrebbero dovuto fare la loro parte, espandendo la domanda interna in modo da contribuire alla correzione degli squilibri. In tal senso, per costringere i Paesi in surplus a collaborare, Keynes prevedeva che le giacenze non utilizzate di Bancor dei Paesi con un attivo nella bilancia dei pagamenti sarebbero state tassate con aliquote progressive e, in ultima analisi, confiscate.

Parola all’esperto di Keynes

Robert Jacob Alexander, Baron Skidelsky.
È uno storico ed economista britannico di origine russa e autore di una importante biografia in tre volumi sull’economista britannico John Maynard Keynes.

Robert Skidelsky, biografo di Keynes, riassume in questo modo la proposta nella formulazione originaria, che Keynes rivide per superare le opposizioni (eliminando la parte sulla confisca):

“… il suo piano era volto a portare una pressione simultanea a equilibrare i propri conti sia sui paesi in surplus che su quelli in deficit. I paesi in credito persistente sarebbero stati autorizzati od obbligati a rivalutare le loro monete, sbloccare tutti gli investimenti esteri e caricati con un aumento dei tassi di interesse (fino al 10 per cento) sui crediti sopra un quarto della loro quota. Qualsiasi credito che superasse alla fine dell’anno le quote sarebbe stato confiscato e trasferito ad un fondo di riserva. I Paesi con deficit persistenti sarebbero stati autorizzati od obbligati a svalutare le loro valute, vendere oro all’ICB, e vietare le esportazioni di capitali. Allo stesso modo sarebbero addebitati interessi sui debiti eccessivi. Se tutti i paesi fossero in perfetto equilibrio alla fine dell’anno, la somma dei saldi Bancor sarebbe esattamente zero.”