Perché salvare le banche non è reato
L’inizio del nuovo anno ha portato con sé, problematiche già affrontate in quello appena passato. La banca Carige, infatti, proprio come Mps è stata oggetto di un decreto salva banche.
Il caso Banca Carige
L’ennesimo terremoto ai vertici della banca genovese: cosa succederà all’istituto? La Bce ha “commissariato” la banca Carige dopo una serie di dimissioni, dando il via all’amministrazione straordinaria. Tutto ha avuto inizio con le dimissioni del Presidente del CdA oltre che di 4 consiglieri, di cui un amministratore delegato. Perché? Nell’assemblea dello scorso 22 dicembre 2018, il primo azionista (detentore del 27,2% del capitale) ha rifiutato l’aumento di capitale sociale di circa 400 milioni. Questo ha portato la maggioranza a decadere, insieme all’intero consiglio di amministrazione. La Bce è intervenuta, nominando un comitato di sorveglianza al quale ha assegnato i seguenti compiti: attività di rafforzamento patrimoniale, rilancio commerciale attraverso il recupero di quote di mercato nei segmenti “core”, la riduzione dei “non-performing loan”. Inoltre, il comitato si occuperà di redigere il piano industriale, già tanto atteso dai sindacati. Le negoziazioni dei titoli, sono state sospese a tempo indefinito.
La decisione lampo: salvare banca Carige
Frutto di un Consiglio dei Ministri straordinario è la decisione di “salvare” la banca Carige. Le operazioni previste riportano alla memoria vicende come quella delle banche venete e come il caso Mps. Infatti, il primo provvedimento previsto per la banca Carige è quello di poter accedere a forme di sostegno pubblico della liquidità (come il caso delle banche venete, per cui si configurò una assicurazione di Stato). Questo sostegno consisterebbe nella concessione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze di garanzie dello Stato sulle passività di nuova emissione e sui finanziamenti erogati dalla Banca d’Italia. La seconda opzione, invece, richiama il caso Monte Paschi. Si prevede una ricapitalizzazione pubblica a scopo precauzionale per preservare la stabilità della banca genovese e per completare il processo di rafforzamento patrimoniale di tale istituto. Tali provvedimenti ricordano quelli previsti dal decreto-legge “salva risparmio” a seguito della crisi di Mps.
Cosa era previsto nel decreto “salva risparmio” o “salva banche”
Il decreto-legge 237\2016 ha previsto alcune misure per la tutela degli istituti di credito. Qui presentiamo una sintesi dei punti di maggior interesse. Venne istituito un fondo di 20 miliardi, di cui circa 9 destinato a Mps e circa 6 alle banche venete. Oltre alla cosiddetta “blacklist” dei debitori e a un tetto massimo delle retribuzioni dei vertici delle banche, i provvedimenti di maggiore interesse riguardarono la possibilità che il MEF desse la garanzia dello Stato su passività di nuova emissione (esattamente come per la banca genovese oggi). Inoltre, fu prevista l’ELA ossia l’erogazione di liquidità di emergenza ossia di finanziamenti erogati dalla Banca d’Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità. Ulteriore provvedimento fu quello della possibilità di un rafforzamento patrimoniale promosso attraverso l’acquisto o la sottoscrizione da parte del MEF, di azioni emesse dalle banche italiane. Infine, l’attenuazione del “burden sharing”.
Burden sharing e bail in
Il decreto “salva banche” ha previsto un’attenuazione del “burden sharing” attraverso il riacquisto delle azioni in cambio di bond senior, ma solo per le obbligazioni acquistate prima dell’entrata in vigore del “bail in”. Il burden sharing è un meccanismo per cui, in caso di dissesto di una banca, prima dell’intervento pubblico, si procede alla riduzione del valore nominale delle azioni e delle obbligazioni subordinate. Queste ultime potevano essere, inoltre, convertite in capitale. Tale meccanismo è stato sostituito, nel 2016 ì, dal “bail in”. Come funziona? In caso di forte dissesto di una banca, prima dell’intervento pubblico, si procede alla riduzione del valore nominale di azioni, obbligazioni subordinate, depositi di importo superiore a 100mila euro nonché di titoli di debito senior come le obbligazioni ordinarie. Tutto questo, nel rispetto della gerarchia concorsuale di tali strumenti: prima si applica alle azioni, poi ai debiti subordinati e, infine ai debiti chirografari.
Salvare una banca è una mossa avventata?
Molte sono state le critiche mosse al decreto “salva banche” e molte saranno quelle destinate al decreto emesso per salvare la banca Carige. Al di là di pareri, forse, fin troppi patriottici e adatti alla propaganda, bisogna considerare quali conseguenze potrebbe portare il fallimento di una banca laddove non venisse salvata attraverso questi provvedimenti. Chiunque, potrà già notare che le vicende di banca Carige hanno portato, per ovvie ragioni alla sospensione del titolo a tempo indefinito ma non solo: è stato registrato un declassamento da “B-“ a “CCC+” a cura dell’agenzia di rating Fitch. Cosa succederà se, ancora una volta, una banca sarà “salvata”? Ai posteri l’ardua sentenza.