Oops: “piccoli” errori da svariati miliardi
Un tuffo dell’83% nella borsa di Singapore per Jardine Matheson Holdings.
Qual è la probabile causa? La risposta è semplice: un fat finger (dito grasso o dito pesante).
Cos’è un fat finger?
Capita a tutti di commettere degli errori, ma alcuni costano decisamente più cari di altri, soprattutto quando si parla di Borsa. Nella seduta del 24 gennaio la multinazionale Jardine Matheson Holdings, con sede a Hong Kong e quotata sul listino di Singapore, ha visto il suo titolo crollare di oltre l’83% a causa di ciò che in gergo si chiama fat finger, ovvero un errore umano commesso da un trader che sbaglia un ordine e causa uno scossone sull’andamento del titolo.
L’errore umano è decisivo
L’episodio è solo l’ultimo promemoria per gli investitori.
Nonostante i sistemi finanziari globali siano sempre più veloci ed efficienti, le cose possono ancora andare male. Ecco alcuni esempi recenti che mostrano quanto “piccoli” errori siano ancora diffusi.
Lo sbaglio da 35 miliardi di Deutsche Bank
La banca tedesca Deutsche Bank trasferì accidentalmente 28 miliardi di euro ($ 35 miliardi) a uno dei suoi conti esterni.
La somma superò di gran lunga l’importo che doveva essere trasferito in un conto presso la camera di compensazione Eurex della Deutsche Börse, aumentando temporaneamente di oltre la metà le garanzie detenute dalla quarta maggiore camera di compensazione del mondo.
L’errore imbarazzante non sarebbe potuto arrivare in un momento peggiore, dato che Deutsche Bank stava lottando in quel momento con una lotta interna che portò all’addio del CEO John Cryan e di due dei suoi migliori collaboratori.
Stock fantasma della Corea da 105 miliardi
Ad aprile dello scorso anno qualcuno in Samsung, anziché pagare 1.000 won (93 centesimi di dollaro) per azione ai dipendenti, assegnò loro 1.000 azioni della compagnia.
In pratica ognuno dei fortunati lavoratori avrebbe dovuto ottenere circa 112,6 trilioni di won, l’equivalente di oltre 30 volte la capitalizzazione di Samsung.
Come se non bastasse alcuni dipendenti iniziarono a vendere le azioni, portando il titolo in borsa giù di oltre il 12%.
La minaccia fantasma di Disney
Il capital market di Walt Disney sembrò aumentare durante il febbraio 2015. Per un momento sembrò che si stessero scambiando più di 131 milioni di azioni del titolo alla Borsa di New York. In seguito si scoprì che non è mai successo. Infatti la dimensione dell’ordine fu riportata in modo errato (l’ordine era di 1,3166 milioni e non di 131,66 milioni).