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Gender Confidence Gap: sei sicura di te stessa?

Reshma Saujani, fondatrice di Girls Who Code

Essere donna è davvero un prezzo da pagare? Forse, la vera domanda è: perché, nel 2019, parliamo ancora di differenze tra donne e uomini, soprattutto sul lavoro? Abbiamo già parlato delle differenze salariali tra uomo e donna. Recentemente, però, si parla di Gender Confidence Gap: le donne sono sicure di se stesse quanto gli uomini sul lavoro?

Studi e iniziative

Se volessimo cercare degli studi su quanta differenza esista nella sicurezza di sé, tra donne e uomini, ci perderemmo nel mare magnum di informazioni fornite dal web. Tutto il mondo ha un forte interesse verso la sensibilizzazione su questo tema: bisogna incoraggiare le donne a credere in se stesse. Alcuni studi dell’Università di Melbourne, dicono che sia necessario, se non vitale, credere in se stessi più di quanto effettivamente si è. Bisogna essere sicuri anche di competenze che ancora non si hanno effettivamente. Fenomeno già ricorrente, se ci pensiamo. Bisogna, però, stare attenti a non oltrepassare il limite e sfociare nella semplice arroganza.

La difficoltà di essere donne sicure

Molte sono anche le iniziative da parte di alcune celebrità, come Beyoncè, che sono molto attente a questo tema. Si può trovare, infatti, un video in cui la cantante accompagnata da altre celebrità spinge affinché l’aggettivo “bossy” non venga più utilizzato. Spiega, infatti, che non c’è niente di male ad essere “ambitious” ma l’accezione assegnata a “bossy” è negativa e, dunque, fuori luogo. Un’altra iniziativa molto importante è quella promossa dal direttore operativo di Facebook, Sheryl Sandberg. La sua organizzazione prende il nome di “Lean in” ossia “fatevi avanti”. L’obiettivo, ancora una volta, è quello di incoraggiare le donne a credere in se stesse e di cambiare il modo in cui la società pensa all’esser donna. Si sa, in questo contesto, è la società che gioca il ruolo più importante. Quante volte, sui libri per bambini, troviamo solo determinati ruoli associati alla “mamma” ? E se fosse anche questo a far scattare in una bambina, l’idea di essere meno?  O semplicemente l’idea di non poter ricoprire i ruoli assegnati al “papà”?

Home page Lean in

Perché esiste il Gender Confidence Gap?

Un articolo piuttosto recente su Forbes, ha dato luce ad uno studio britannico su quanto le scelte di una famiglia possano incidere sulla sicurezza delle figlie, nonché sulle loro scelte in termini di carriera. Ciò che ne risulta è che le bambine, già dall’età di 6 anni, cominciano a pensare di essere meno intelligenti dei bambini. Lo studio, nel dettaglio, parte da un campione di 2mila genitori. In particolare, si considerano le facoltà STEM ( Science, Technology, Engineering and Maths). Consideriamo l’ambito Tech: il 13% dei genitori vedrebbe un ottimo futuro nel settore per i figli maschi; solo il 6% per le figlie femmine. Non cambia troppo nel settore ingegneristico: il 21% crede sia un ottimo sbocco per i figli maschi ma solo il 10% lo consiglierebbe alle figlie femmine. Questo studio dimostra che, spesso, sono le famiglie a far credere, involontariamente, alle ragazze di non essere %abbastanza. E quanto siamo sicure sul lavoro? un altro studio britannico mostra che, preso un campione di soggetti che ricoprono posizioni di leadership e management, il 50% delle donne dubita delle loro capacità; per gli uomini, la percentuale è minore del 30%.

Lo scenario italiano

Il grande e classico stereotipo per cui le ragazze non siano portate per le materie scientifiche, purtroppo, colpisce anche l’Italia. Ci sono studi che dimostrano questo anche con l’analisi del numero di bambine che si “avvicinano” alla matematica: un numero nettamente inferiore rispetto ai bambini. Questo spiega perché nelle cosiddette facoltà STEM sono presenti meno donne. Secondo il MIUR, infatti, solo il 35% degli iscritti a tali facoltà è di sesso femminile. Dati ancora più tragici si hanno se si considera solo il settore tecnologico e informatico: sul totale di iscritti, solo il 15,2% è di sesso femminile.

L’esperienza “Girls Who Code”

A questo proposito, deve essere menzionata una organizzazione no-profit “GIRLS WHO CODE”. L’organizzazione fondata da Reshma Saujani, è stata creata a supporto di ragazze programmatrici che, come purtroppo sappiamo, non sono molte. In una lettera sul sito ufficiale la fondatrice scrive che, anche con la sua organizzazione, la parità tra sessi nel settore informatico sarà raggiunta nel 2027. I numeri di questa organizzazione sono, infatti, piuttosto alti: 90mila donne in 50 stati ed è, ovviamente, in continua evoluzione.

Reshma Saujani, fondatrice di Girls Who Code

L’effetto Hermione Granger

Esiste anche un paper dell’Università di Cagliari, dedicato all’iniziativa “Pink Cloud” lanciata da Microsoft Italia: un modo per aumentare e incoraggiare le competenze ITC delle ragazze. Lo studio di questa iniziativa nasce dall’analisi preliminare di alcuni dati nell’area OCSE: nel 2012, la percentuale di ragazze diplomate risulta maggiore di quella dei ragazzi (87% contro 81%) così come anche la percentuale di ragazze laureate rispetto ai ragazzi ( 34% contro 30%). Lo stesso anno, però, tra gli iscritti a facoltà STEM solo il 15% è di sesso femminile, contro il 40% di sesso maschile. Potremmo interpretare questi dati e combinarli con l’analisi della psicologa Lisa Damour. Il risultato che otteniamo è il cosiddetto effetto Hermione Granger: perché le donne, nonostante abbiamo risultati migliori a scuola, faticano ad arrivare in alto nel mondo lavorativo? La risposta, per la psicologa Lisa Damour, sta nell’idea insita nella mente femminile di dover ottenere risultati perfetti. Da questo, deriva ansia che porta a performance, spesso, inferiori alla media.