Col termine Prima rivoluzione industriale s’intende la vastità dei cambiamenti economici, sociali, scientifici e tecnologici che va da metà Settecento a inizio Ottocento. La Gloriosa rivoluzione fu rilevata inizialmente in Inghilterra, per poi protrarsi in Scozia e successivamente nell’Europa continentale e nelle Americhe.
Il periodo preso in considerazione è un particolare segmento storico in cui ragione e metodo scientifico fungevano da imperativo categorico per la vita dell’uomo. Il metodo di Gallileo venne applicato nel settore tecnologico e agricolo. Furono perciò sperimentate nuove culture, inventati nuovi macchinari e vennero stabiliti nuovi sistemi per ciò che concerne la rotazione del terreno. L’Inghilterra riuscì, in tal modo, a incrementare in modo esponenziale la produttività agricola, nonostante la ridotta forza lavoro impiegata nei campi e nel settore alimentare rispetto al resto dei paesi europei.
Per quanto riguarda la terra, fu importante anche la trasformazione istituzionale dell’agricoltura, o meglio, il cambiamento nella concezione dell’uso del terreno. Infatti, i campi iniziarono a non essere considerati più solamente un mezzo di sussistenza, ma anche uno strumento di scambio economico, anche a causa del fatto che i piccoli contadini non avevano soldi per le recinzioni, rese obbligatorie dagli Enclosures acts. Di conseguenza, ai feudali subentrarono i borghesi, i quali erano soliti investire sulla terra le proprie rendite per aumentarne la produttività.
Grazie all’aumento della produzione dell’agricoltura anche la qualità della vita ne beneficiò, portando ad un incremento demografico. Il motivo è riscontrabile nella diminuzione del tasso di mortalità e nel miglioramento dell’aspettativa di vita.
Tra il 1670 e il 1760, cioè prima che il tasso inerente all’aumento demografico superasse quello riguardante la crescita della produttività agricola, vi fu un periodo d’oro per le esportazioni inglesi, soprattutto verso le colonie, grazie al sovrappiù dell’economia nazionale. Ciò ebbe un’importanza cruciale a livello sociale, infatti crebbe ulteriormente il ceto mercantile.
In più, l’incremento della popolazione favorì la domanda interna di beni, il che aiutò ulteriormente il commercio a svilupparsi.
I mercanti erano favoriti da un sempre più efficiente e tecnologico sistema di trasporti, creato grazie alle linee fluviali interne della Gran Bretagna e ai porti naturali dell’isola. Tra il 1750 e il 1820 vennero aggiunte più di 3000 linee navigabili alle 1000 già esistenti. Furono, in tal modo, messi in comunicazione i centri di produzione e i porti più importanti.
All’interno del settore tessile iniziò ad essere gradualmente più frequente il lavoro a domicilio. I mercanti manifatturieri si servivano di lavoratori porta a porta, fornendo loro il materiale e acquistando dagli stessi il prodotto una volta finito. La produzione domestica di tessuti era lenta, in quanto erano necessari 5 filatori per un solo telaio.
Tuttavia, nel 1733 John Kay inventò la spoletta volante, James Hargreaves brevettò la giannetta nel 1765 e Richard Arkwright il filatoio idraulico due anni dopo. La velocità di filatura aumentò notevolmente rendendo inefficiente il telaio a mano. Nel 1783 venne creato il telaio meccanico da Edmund Cartwright, mosso inizialmente da cavalli e successivamente dalla macchina a vapore.
Ci furono innovazione anche nell’industria siderurgica, infatti il procedimento di fusione di metallo ferroso e carbon coke liberò il settore della dipendenza col carbone di legna. Senza questa rivoluzione l’intero siderurgico avrebbe incontrato i limiti dati dal disboscamento. La domanda di combustibile fossile aumentò e di conseguenza anche il lavoro di estrazione mineraria.
Per alimentare le nuove tecnologie fu necessaria una quantità elevata di energia, così venne rielaborata la macchina a vapore, la quale sostituì fonti di alimentazione naturali come mulini a vento ed acqua.
James Watt modificò e migliorò la macchina di Newcomen, utilizzata per evacuare l’acqua dalle miniere, costruendo il primo modello di pompa a vapore nel 1765.
L’invenzione di Watt fu applicata alla filatura, favorendo la diffusione di stabilimenti produttivi vicino a zone in cui veniva estratto carbon fossile. La conseguenza fu un imponente aumento della produttività e un’importante diminuzione dei costi di produzione.
Alla scadenza del brevetto di Watt (nel 1800), iniziarono gli studi per la progettazione della locomotiva, usando come base la macchina a vapore. Essa venne costruita da George Stephenson, nel 1813. Nel 1830 venne inaugurata la prima linea ferroviaria, la Liverpool-Manchester.
Attraverso la Prima rivoluzione avvenne la nascita del capitalismo industriale. Ciò fu supportato da vari intellettuali, tra cui Adam Smith. Quest’ultimo nell’opera <<Ricchezza delle nazioni>>, la quale appare come un manifesto alla libertà economica e al mercantilismo, descrisse in che modo grazie alla nascita dell’industria si sia sviluppata la concorrenza, e come essa, senza vincoli governativi, possa portare al massimo grado di ricchezza delle nazioni.
Venne idealizzato quindi il concetto di laissez–faire, in contrasto con il monopolio statale e nobiliare, in quanto l’aristocrazia si trovava in un periodo storico nel quale stava venendo lentamente surclassata dalla borghesia capitalistica.
La chiusura di botteghe artigianali, le quali non resistevano alla concorrenza delle nuove grandi imprese, e la vendita alla borghesia delle terre dei piccoli proprietari determinò il fenomeno dell’inurbamento, per il quale masse di abitanti delle campagne si spostò nelle città attratte dalla prospettiva di salari più alti: nacque il proletariato urbano.