Rischio default per il Vaticano: un pericolo reale minaccia la Santa Sede?
Da alcuni giorni è stata resa pubblica la notizia secondo cui le finanze del Vaticano siano sull’orlo del default. Un pericolo estremamente reale sembra quindi minacciare la solidità della Chiesa Cattolica, ma l’ombra di un montaggio giornalistico mina la veridicità dell’accusa. Che sia solo un fuoco di paglia in vista dell’approdo del libro “Giudizio Universale” di Gianluigi Nuzzi o, invece, una reale conseguenza della gestione poco “ortodossa” del management Vaticano? Cerchiamo di capire meglio la situazione.
I conti in rosso preoccupano Papa Francesco
La situazione poco rosea della gestione economica da parte dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) non è una notizia recente. Infatti, già prima del Sinodo avvenuto ieri 26 Ottobre, Papa Francesco aveva indetto una task force che controllasse i conti economici dalla Santa Sede. I risultati hanno sottolineato la presenza di diversi potenziali problemi di natura economica, di cui però non si hanno informazioni sulle reali dimensioni. In primis è stato registrato un calo delle donazioni che rappresentano, fin dagli albori della Chiesa Cattolica come istituzione, la maggior fonte di entrate per le casse vaticane. Inoltre, una inefficiente gestione del patrimonio immobiliare ha sicuramente rappresentato un fattore negativo per l’economia del clero romano. Dai dati dell’APSA, circa il 40% degli immobili non producono reddito e la loro vendita non è così semplice. Ne è un caso Santa Maria di Galeria, una proprietà di 420 ettari non venduta in quanto, secondo Papa Bergoglio, avrebbe rappresentato un danno all’immagine della Chiesa vendere beni del proprio patrimonio storico e culturale per gonfiare i bilanci.
Una visione eccessivamente apocalittica
Per quanto la situazione non sia semplice, per Monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’APSA, la situazione non è affatto apocalittica come descritta nel libro di Nuzzi, negando il rischio di qualsia default.
In un’intervista il prelato ha spiegato come si è resa necessaria svolgere una spending review, ossia un “censimento” delle spese vaticane, operazione già messa in atto. Lo stesso Galantino ha garantito l’efficacia dei sistemi di controlli introdotti durante il pontificato di Papa Benedetto XVI e migliorate dall’attuale pontefice. Inoltre, il presidente dell’APSA spiega che, al contrario delle accuse di registrare un conto in rosso, il bilancio del 2018 si è concluso con un utile di 22 milioni di euro, e che la cifra negativa registrata nel 2019 è conseguenza delle spese per il recupero di un ospedale cattolico. Va inoltre segnalato come i dati relativi ai conti economici della Chiesa vengano spesso confusi. Infatti l’APSA gestisce due conti separati: un conto consolidato relativo alla Santa Sede, che racchiude tutte le attività differenti che la compongono, ed un secondo relativo alla Città del Vaticano. Per avere chiara una idea della differenza tra i due conti, analizzando i bilanci del 2015 si evidenzia come il conto consolidato della Santa Sede abbia registrato un passivo di 12 milioni di euro, mentre il bilancio dello Stato Vaticano ha registrato un attivo di circa 60 milioni. Un esempio di come non si dovrebbe confondere il vino con l’acqua.