L’ArcelorMittal abbandona Taranto
Premessa
L’ArcelorMittal Italia è il nome di quella che fu Italsider prima e ILVA poi. Assume questo nome dopo che sul finire del 2018, diventa parte del colosso ArcelorMittal. Questa è a sua volta la fusione dei gruppi Arcelor e Mittal Steel e ha acquisito il gruppo italiano attraverso un consorzio di cui Intesa Sanpaolo detiene il 5,6%. Leader nel settore dell’acciaio, ha stabilimenti in tutta Italia con quello di Taranto che costituisce il più grande stabilimento europeo del settore.
La mossa dell’ArcelorMittal
Dopo aver preso in affitto gli stabilimenti di Taranto sul finire del 2018, ha comunicato ai Commissari straordinari di Ilva S.p.A. la sua intenzione di recedere dal contratto o di ottenerne la risoluzione. Questo bloccherebbe l’affitto e il successivo acquisto previsto e riporterebbe agli stessi Commissari le responsabilità per le operazione e i dipendenti. Le motivazioni sono da ricercarsi nel cambiamenti dell’assetto normativo che ha eliminare le tutele legali necessarie alla Società per attuare il suo piano ambientale.
L’immunità penale
Lo scudo a tutela dell’azienda serviva a garantire alla stessa che non sarebbe chiamata a rispondere dei danni causati dalla precedente gestione. Questa impunità blocca l’azione giudiziaria solo per quanto riguarda l’attuazione del piano ambientale. Rimanevano le sanzioni in casi di mancanze nella sicurezza dei lavoratori, emissioni di fumi o dispersioni di polveri. L’immunità aveva valore per tutto il periodo previsto per la riconversione e nel contratto stipulato tra società e Governo era prevista la possibilità di recedere nel caso di nuovi provvedimenti legislativi che impedissero l’implementazione del piano aziendale. Il 3 novembre, approvando una nuova legge, il Parlamento ha cancellato questo scudo e secondo la Arcelor, attivato la possibilità che l’azienda esca dall’accordo.
I lavoratori a rischio
L’ArcelorMittal ha assunto 10700 lavoratori dal suo arrivo in Italia: di questi, 8200 sono impiegati a Taranto. Da fine settembre quasi 1300 sono in cassa integrazione per tredici settimane. Circa 2600 persone erano ancora alle dipendenze dell’Ilva al momento dell’accordo. Una parte di questi ha accettato l’esodo agevolato previsto nel contratto sindacale.
I target di produzione
Nel 2019 l’ArcelorMittal aveva previsto una produzione di sei milioni di tonnellate di acciaio. Questo è il tetto massimo che l’azienda deve rispetto fino al 2023, come autorizzato dall’AIA. Tuttavia, davanti a una crisi aziendale la società ha abbassato le aspettative a cinque milioni. Queste difficoltà sono dovuto allo stato non performante degli impianti e alla necessaria manutenzione. Per l’affitto di questi impianti, l’ArcelorMittal paga un canone in rate trimestrali di 45 milioni l’una. Il contratto prevede 6 pagamenti nell’arco di un anno e mezzo.