Tassi d’interesse negativi: futura soluzione anti-crisi?
La disoccupazione è a livelli minimi, l’inflazione si mantiene pressappoco intorno agli standard predefiniti e i tassi d’interesse sono significativamente bassi: di che misure potrebbe disporre la Federal Reserve per contrastare la prossima crisi? Di quali politiche economiche potrebbe avvalersi?
L’opinione di Bernanke
Secondo Ben Bernanke, ex presidente della Fed dal 2006 al 2014, l’economia globale presto potrebbe trovarsi ad affrontare una nuova crisi. La Banca Centrale degli Stati Uniti dovrebbe ripetere i provvedimenti presi in risposta alla recessione del 2007-09. Specialmente, in accordo con le dichiarazioni dell’economista, la strategia migliore sarebbe quella di continuare con il Quantitative Easing, anche a scopo preventivo. Tuttavia, l’allentamento quantitativo dovrebbe essere combinato con una politica di forward guidance, una campagna comunicativa indetta dalla banca centrale di una zona monetaria finalizzata alla manipolazione delle aspettative dei mercati tramite dichiarazioni sui futuri livelli riguardo il costo del denaro. Secondo i calcoli dell’ex Chairman, la combinazione tra strategia mediatica e politica monetaria non convenzionale porterebbe nell’economia gli effetti di un taglio dei saggi d’interesse del 3%.
La Federal Reserve dovrebbe quindi mantenere una certa “ambiguità costruttiva” per quanto riguarda le notizie inerenti ai Funds Rate, provvedendo ai tagli solo in caso di necessità. Difatti, i tassi d’interesse sono già a livelli minimi, tra i 150 e i 175 punti base: secondo Alan Greenspan, predecessore di Bernanke alla presidenza della Banca Centrale, è solo “una questione di tempo” prima che raggiungano il livello zero. Ma ciò potrebbe non essere un problema, invero, Mr. Bernanke suggerisce che la Fed potrebbe anche utilizzare i ratei negativi come arma contro la prossima recessione.
“La Federal Reserve dovrebbe considerare i tassi di interesse negativi come una potenziale arma a disposizione per combattere le future recessioni economiche” – Ben Bernanke, American Economic Association annual meeting a San Diego
L’esperienza in Svezia
I saggi negativi sono pressoché un tabù. Non si hanno molti dati empirici per esaminare quale potrebbe essere la risposta del sistema economico-finanziario all’adozione di una politica monetaria così poco convenzionale. D’altra parte, per farsi un’idea si potrebbe guardare all’esperimento svedese.
La più antica banca centrale del mondo, la Sveriges Riskbank, a fine dicembre ha concluso il quinto anno di tassi d’interesse sotto zero, riportandoli, durante l’ultimo mese dell’anno, da -0.25% al valore nullo. La Riskbank aveva tagliato i ratei sui depositi a inizio 2015, in risposta alla crisi dell’Eurozona. I tassi sono stati riportati alla neutralità specialmente perché l’inflazione è tornata ai livelli target del 2%, nonostante sia scesa leggermente, durante il 2019, a 1.7%, valore considerato comunque sufficiente. In più, l’esperimento ha avuto altri risultati positivi: l’economia è cresciuta a livelli più che costanti e il tasso di disoccupazione è diminuito.
La preoccupazione riguarda gli effetti a lungo termine. Durante il periodo di prova si è riscontrato un aumento dei prestiti, il quale ha lasciato i privati più che indebitati, specialmente se si confronta il livello delle passività domestiche svedesi con quello degli altri Paesi. In seguito a un livello maggiore di prestiti, i prezzi delle case sono incrementati e questo, in accordo con il governatore della Banca Centrale svedese, “rappresenta un grande e permanente rischio per l’economia svedese”.