“Con l’introduzione dell’euro i prezzi dei beni e servizi al consumo sono raddoppiati”! Questo sentire comune contiene un filo di verità, ovvero i prezzi sono leggermente aumentati nel corso degli anni di alcuni punti percentuali (in media del 2,5%, dati ISTAT) ma non raddoppiati come si vuol far credere. Molti commentatori, inoltre, puntano il dito su chi ha negoziato il nostro ingresso e ci ha fatto entrare ad un tasso di cambio (lira/euro) completamente sbagliato. Ma è davvero così? Cerchiamo di scoprirlo insieme!
L’Italia entrò nell’euro con un cambio di circa 2000 lire per euro (1936,27 per essere precisi). Il che vuol dire che un lavoratore X, che percepiva uno stipendio di 2 milioni di lire al mese, avrebbe poi ottenuto uno stipendio di 1033 euro al mese.
Alcuni commentatori potrebbero controbattere dicendo che se il cambio fosse stato di un euro per mille lire, il lavoratore X avrebbe percepito uno stipendio di 2000 euro al mese, il doppio di quello che ha avuto effettivamente, conseguentemente, avrebbe speso di più e quindi l’economia sarebbe cresciuta maggiormente. Ma la realtà è ben diversa e molto più complessa.
Davvero Ciampi (ex ministro del tesoro) e Prodi (ex presidente del Consiglio), nel 1999 hanno fatto male i loro conti?
Innanzitutto occorre fare un assunto: “il tasso di cambio “2000 lire per euro” era coerente con i tassi di cambio prevalenti sui mercati finanziari prima dell’entrata dell’euro. Cerchiamo di fare chiarezza con un esempio. Prima dell’ingresso dell’euro occorrevano circa 1000 lire per comprare un marco tedesco. La Germania entrò a un cambio di circa due marchi per euro.Per mantenere il tasso di cambio invariato rispetto alla Germania, in definitiva, se un euro valeva due marchi, allora un euro doveva valere più o meno 2000 lire, visto che prima dell’euro con 2000 lire si compravano 2 marchi.
Supponiamo empiricamente si fosse stabilito un tasso di cambio di “1000 lire per euro” saremmo stati tutti meglio?! No, al contrario avremmo messo in crisi tutto il settore delle nostre esportazioni con un incremento dei costi di produzione!
Per quale ragione? Prendiamo in considerazioni due imprese (una italiana e una tedesca) entrambe produttrici di biciclette e supponiamo che la bicicletta costi sul mercato 2000 marchi (ovvero un milione delle vecchie lire con il rapporto di cambio 1000 lire/1 euro), e che,quindi, convertita in euro sia pari a 1000 euro. Inoltre, l’unico dipendente assunto dall’impresa percepisce 2000 euro (ovvero 2 milioni delle vecchie lire).
In conclusione per ogni bicicletta venduta, il costo del lavoro (con il cambio 1000 lire/1 euro) raddoppia il prezzo di vendita della bicicletta. Se, per semplificazione, supponiamo che in un mese, viene venduta 1 bicicletta, l’impresa Italiana (a differenza di quella concorrente) subirebbe una perdita di 1000 euro.
Se i prezzi dei beni e servizi di consumo fossero realmente raddoppiati a salari costanti, l’effetto sarebbe stato devastante: ci sarebbe stato un azzeramento dei risparmi e un calo drastico dei consumi e del tenore di vita. I dati ISTAT certificano che i consumi delle famiglie Italiane, nel 2002, aumentarono dell’1,5% e i prezzi dei prodotti di consumo aumentarono solo del 2,5% e non del 100%.
La premessa è che alcuni prodotti effettivamente, se non raddoppiati, sono aumentati molto rapidamente, specie quelli di consumo giornaliero come, ad esempio, la tazzina di caffè. Tuttavia, all’eccessiva percezione, può aver contribuito l’arrotondamento del tasso di cambio a 2000 e non a 1936,7. Non sembra una grande differenza, tuttavia, contribuisce ad aggiungere al prezzo percepito un 3,3% in più d’inflazione. Inoltre, un secondo fattore può essere l’ampia dispersione nella variazione dei prezzi, con tanti aumenti e tante riduzioni, dove i consumatori possono esser stati più colpiti dagli aumenti che dalle riduzioni.
Attualmente esistono degli strumenti che, utilizzando i dati ISTAT, ti consentono di calcolare il “valore nominale convertito“, tenendo conto quindi del livello di inflazione in un determinato anno.