Una strana estate italiana
Che non sarà un’estate come le altre ormai è ben chiaro a tutti. Lo è in modo particolare agli imprenditori che forniscono beni e servizi ai turisti in arrivo da tutta Europa (e non solo) per visitare il Bel Paese. Come è successo nel Dopoguerra, le varie regioni italiane risponderanno in modo non omogeneo al drastico calo del turismo. In questo articolo faremo un viaggio virtuale in Italia, da Nord a Sud, per comprendere le difficoltà economiche di un settore che vale il 13% del PIL, con un volume di affari quantificato in 230 miliardi di euro.
Turismo montano: la situazione
L’epidemia è giunta nel pieno della stagione sciistica, che quest’anno si è chiusa un mese prima. Sulle alpi, come dichiara a La Stampa Massimo Bonetti, “Già 15 giorni prima del “blocco” si era riscontrato un calo delle presenze di circa il 30% Questa riduzione è drasticamente aumentata di giorno in giorno per arrivare a una settimana prima del blocco con le prenotazioni alberghiere crollate del 90%. Peccato, perché negli ultimi 35-40 giorni della stagione da anni si registrava un’ottima presenza di turisti fino a Pasquetta”. Marina Lalli (la vice presidente di Federturismo Confindustria), sempre su La Stampa, spiega invece quali sono state le conseguenze economiche della chiusura anticipata : ”Il blocco dei flussi turistici ha comportato rilevanti riduzioni di fatturato e le caratteristiche strutturali del mercato non consentiranno di recuperare tali perdite nel breve termine. I tempi di rientro alla normalità saranno lunghi, in particolare per la clientela internazionale, che costituisce la metà del nostro mercato”. Per avere un’idea più precisa e quantificare la grave entità del problema, si possono analizzare i dati dell’associazione degli albergatori della Valle d’Aosta, i quali parlano di 180 mila prenotazioni perse e un danno economico pari al 40% del fatturato. Nei pressi delle Dolomiti invece, la situazione è addirittura peggiore, con oltre 1 milione di presenze in meno (-60% rispetto allo scorso anno), con conseguenze economiche quantificabili in 140 milioni di euro.
Le sfide degli stabilimenti balneari
I numeri per le località balneari non sono più incoraggianti: “Il turismo estero da noi rappresenta circa il 50 per cento, e verosimilmente quest’anno sarà quasi completamente assente” così Bruno Murzi, sindaco di Forte dei Marmi. Il distanziamento sociale sarà la sfida cruciale che dovranno affrontare gli amministratori di località balneari, soprattutto di quelle molto affollate. Il plexiglass, che “trasformerebbe le spiagge in forni”, rappresenta il nemico numero uno: è necessario dunque ingegnarsi e trovare soluzioni alternative, anche a costo di qualche sacrificio, per mantenere alta la qualità del servizio. Sempre Murzi, in un’intervista al Foglio: “La nostra fortuna è di avere a disposizione spiagge molto ampie, che permettono il distanziamento di un ombrellone dall’altro fino a un massimo di 8-9 metri. Certo il numero si ridurrebbe di un 10-20 per cento, e il discorso sarebbe più difficile per albergatori e ristoranti. Per questo stiamo lavorando a stretto contatto con un team di infettivologi per predisporre una forma di accreditamento nei confronti del turista che riguardi la sanificazione degli ambienti e il rispetto delle distanze tra i tavoli”. In altre località, come Jesolo, si pensa a soluzioni più sistematiche: “Sui nostri 15 chilometri di spiagge- dice il sindaco Valerio Zoggia -abbiamo oltre 40 mila ombrelloni, a seconda delle disposizioni che arriveranno da governo e regioni prevediamo di metterne a disposizione la metà, così da guadagnare spazio. L’accesso sarà consentito solo tramite un sistema di prenotazioni giornaliere gestito da una app. All’ingresso degli stabilimenti verrà presa la temperatura alle persone”. In altre località orograficamente più complicate, si guarda alla diversificazione del turismo come possibile ancora di salvataggio: l’Italia ha il 70 % del patrimonio artistico mondiale, non è solo spiagge e movida. Così il sindaco di Gabicci Mare, Domenico Pascuzzi, sempre al Foglio “L’anno scorso abbiamo fatto circa 800 mila presenze, quest’anno ci aspettiamo un dimezzamento, ma vogliamo diversificare l’offerta sulle attrazioni culturali dell’entroterra, come Pesaro e Urbino, o il parco Naturale del San Bartolo”.
Un barlume di speranza
Secondo un’indagine di Demoskopica, una possibile boccata d’ossigeno potrebbe provenire dal ‘turismo autoctono’, che potrebbe sopperire, almeno in parte, alle perdite dovute alla mancanza di turisti stranieri. Si sono calcolati infatti benefici per oltre 20 miliardi di euro. Questa importante eventualità, deve essere comunque supportata da adeguati interventi da parte della politica, come afferma Raffaele Rio, presidente di Demoskopica: “Si tratta di attivare un pacchetto di interventi che non si limiti esclusivamente all’adeguamento dei prodotti tradizionali ma che valorizzi anche il turismo a “chilometro zero”, i luoghi minori, la montagna, i parchi, e i meravigliosi borghi presenti nei nostri territori”. Proprio in questa prospettiva il premier Conte ha lanciato la campagna ‘Viaggio in Italia’.
Le idee della politica
Dopo aver varato il dl Cura Italia, con i vari bonus e sussidi che puntano a tamponare l’emergenza di liquidità dei titolari delle attività, l’azione del governo si concentra sul futuro, con l’obiettivo di sorreggere il settore turistico nell’attesa di questa strana, surreale, stagione estiva. Come riporta Il Sole 24 Ore, il ministro per i Beni e le Attività culturali, Dario Franceschini, ha proposto un bonus vacanze per chi ha figli a carico. Si tratterebbe di un voucher di circa 500 € per ogni famiglia, da spendere in alberghi e stabilimenti balneari italiani. Inoltre, sempre il titolare del MiBACT, afferma che una parte del famoso Recovery Fund sarà destinata al sostegno del turismo.
Un’altra via potrebbe essere quella della ‘tax credit’, vale a dire la creazione di un meccanismo basato sulla detrazione fiscale delle spese del 2020 per soggiorni di almeno tre notti presso strutture ricettive italiane, fino a un massimo di 325 euro. Franceschini ha inoltre proposto di inserire una norma nel decreto Aprile per fugare ogni dubbio applicativo sulla proroga delle concessioni balneari, già disposta fino al 2033.