Cosa prevede il nuovo dl Semplificazioni? Il provvedimento è stato approvato in cdm con la formula “salvo intese” (secondo il premier Conte non per degli accordi mancati ma per dei tecnicismi), dovrebbe arrivare in GU entro la prossima settimana. Riuscirà a semplificare un paese che appare costantemente ingessato o è solo uno strumento di propaganda? Cercheremo di scoprirlo spulciando un articolo de Il Sole 24 Ore.
La nuova figura, tra le più polemizzate all’interno della maggioranza, è quella di un super commissario per le opere pubbliche. Questa nuova figura deve essere proposta dal titolare del ministero delle infrastrutture e dei trasporti e formalizzata con un Dpcm. Si tratta di una via di mezzo tra il vecchio commissario e la figura istituita per il cosiddetto “modello Genova”. Avrà dunque poteri molto ampi, che non vengono specificati nell’articolo ma saranno probabilmente molto simili a quelli del già citato commissario per la ricostruzione del Ponte Morandi. Questa nuova figura sarà dotata di un budget proprio, che può arrivare ad ammontare a circa il 7% del costo dell’intera opera. Un pò troppo?
Le condizioni per far scendere in campo questo supereroe sono tuttavia molto restrittive; come si legge sull’aricolo infatti, potrà farlo solo per
interventi caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità di procedure tecnico-amministrative
Proprio per le condizioni sopra elencate, le opere che saranno interessate dall’intervento di questa personalità sono circa 36.
Il decreto legge contiene anche delle importanti norme che potrebbero lasciare il segno sull’odierno codice degli appalti.
Come accennato dal premier Conte, presto sarà annunciato un ambizioso piano per la Banda Ultra Larga. Il nodo, sempre come scrive il Sole 24 Ore, sta nel mettere d’accordo gli attori in gioco, in questo caso Tim e Open Fiber. A quest’ultima è stato affidato il piano “aree bianche“, ancora troppo numerose all’interno della penisola; la società, di cui il 50% è detenuto da Cassa depositi e prestiti e Enel, dovrebbe beneficiare della semplificazione delle autorizzazioni richieste per facilitare l’iter della messa in opera dell’infrastruttura, per accelerare proprio nelle zone in cui la connettività a disposizione dei cittadini non è ritenuta sufficiente. Bisogna far in fretta in quanto in alcune regioni c’è il rischio che il piano BUL slitti al 2023, con il conseguente disimpegno di fondi europei destinati all’importante infrastruttura.
Non solo fibra, ma anche e soprattutto 5G, la banda ultra larga mobile. Nel dl Semplificazioni si possono trovare delle norme per “combattere” gli interventi anti-antenne dei comuni. Gli enti locali potranno
intervenire esclusivamente sulla regolamentazione del posizionamento delle antenne solo per siti sensibili e individuati in modo specifico, senza avere poteri limitativi nelle “aree generalizzate” in materia di elettromagnetismo
Sembrerebbe un emendamento inutile in quanto questa infrastruttura è considerata un pilastro del futuro rilancio dell’economia. Eppure non sono pochi i comuni anti 5G; in particolar modo il comune di Reggio Calabria, che con un ordinanza ha “sospeso l’installazione delle antenne”. Questo è la prova che il legislatore deve impegnarsi in un’incessante opera di informazione libera, a qualsiasi livello istituzionale.
Eliminare le scartoffie. Questo l’auspicio del premier alla presentazione del dl Semplificazione. Questo ambizioso obiettivo, che mira ad oliare la pesante macchina burocratica ed amministrativa delle Pubbliche Amministrazioni, si basa su due componenti fondamentali. Il primo: le PA dovranno rendere disponibili sul cellulare degli utenti “autocertificazioni, istanza, richieste e dichiarazioni”, tramite l’utilizzo dell’app IO. Il secondo componente sul quale si basa questa riforma (o riformina?) è il principio dell’once only. Quest’ultimo afferma che le PA non devono richiedere ai cittadini i dati di cui sono già in possesso all’interno delle proprie banche dati.
Questi due provvedimenti, con la conseguente revisione della legge 241/90, dovrebbe garantire la sconfitta delle file allo sportello. La riuscita del provvedimento è legata in modo inscindibile all’attuazione del piano BUL e dell’infrastruttura 5G, in modo tale da consentire, non solo alle PA, ma anche e soprattutto ai cittadini, un accesso davvero semplificato e funzionale alle pratiche burocratiche.
Con il dl Semplificazioni mettono il turbo anche le ricapitalizzazioni. Come si legge nell’articolo
viene disattivato il quorum deliberativo rafforzato che richiede il voto favorevole dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea, adottando quindi il quorum della maggioranza assoluta del capitale rappresentato in assemblea, a condizione tuttavia che sia rappresentata almeno la metà del capitale sociale
Questa norma ha un limite temporale sino al 31 Dicembre 2020: si suppone dunque che si assisterà ad un rimpolpamento del capitale sociale delle tante piccole e medie imprese che hanno subito grossi danni finanziari a causa del Covid.
Per quanto riguarda gli investimenti, vengono apportate delle modifiche importanti anche alla Nuova Sabatini.
Per l’acquisto o il leasing di beni strumentali infatti,
i contributi statali potranno essere erogati in un’unica soluzione in caso di finanaziamenti fino a 200 mila euro
Grande attenzione anche per la Sabatini Sud con finanziamenti maggiorati del 100%.
Nonostante il potenziale impatto economico del nuovo decreto, non sono poche le critiche degli esperti. Il nuovo provvedimento è una continuazione naturale del dl Sblocca Cantieri, per il quale Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, aveva manifestato forti dubbi. Il presidente dell’anti corruzione in quel frangente affermò
A me non risulta che ci siano mai stati blocchi per gli appalti sotto i 200 mila euro. Il vero problema del Paese sono i grandissimi appalti, per i quali spesso viene fatta una progettazione non corretta o gare fatte male. La norma fino ai 200 mila euro non so che effetti avrà, ma non sono quelli gli appalti che rappresentano i problemi del Paese
Il rischio con lo sblocca cantieri era quello di ritrovarsi delle infiltrazioni mafiose e al posto delle gare d’appalto delle gare di tangenti. Il rischio del dl Semplificazioni è ancora più alto visto che allenta ulteriormente gli scaglioni entro i quali il progetto viene dato subito in affidamento. A tal proposito, il premier Conte ha assicurato che verranno rafforzati i presidi per garantire la legalità. Questo non rischia di burocratizzare e quindi rallentare nuovamente i lavori?
Come se non bastasse, quello che sembra la base per il New Deal del XI secolo, annulla completamente una sana e corretta concorrenza tra imprese per le opere fino a 5 milioni, con il rischio che si trasformi il tutto in un modello clientelare e non meritocratico. Tra l’altro la grafica successiva evidenzia il fatto che i ritardi della consegna delle opere non sono certamente imputabili alle gare d’appalto:
Il decreto parte dal presupposto che la lentezza nel realizzare opere pubbliche vada ricondotta alla fase dell’affidamento. […] Non c’è modo di dirlo senza essere un po’ tranchant: la premessa del decreto è, semplicemente, totalmente, indelebilmente, largamente, sbagliata.
Evidenzia dunque quanto poca incida il processo di gara e di ricorso su un’opera pubblica, sottolineando che il tempo sul quale bisogna lavorare è quello della fase di progettazione.
Ma allora, se le critiche sono così facili e multilaterali, perchè questo decreto? Come scrive sempre il Sole 24 Ore, i provvedimenti del dl diventano significativi se si guardano le 106 opere che potrebbero partire addirittura entro l’anno. Si tratta di infrastrutture sparse in tutto il Paese e che “possono fare Pil subito“. L’intenzione del Governo è quella di presentare, nelle prossime riunioni del Consiglio Europeo, “un’Italia che corre” come ha affermato Conte stesso. Si tratta di una strategia per convincere i colleghi europei della bontà delle intenzioni dell’esecutivo, una prova che saprà gestire correttamente i denari del Recovery Fund. Un esame di maturità per un’Italietta che, dopo l’emergenza sanitaria, si riscopre debole, senza infrastrutture moderne e adatte alle nuove esigenze del mondo del lavoro.