Si è sempre data grande importanza all’interno del dibattito italiano al settore del turismo, considerandolo dal punto di vista economico “il petrolio” del nostro PIL. È davvero così? Facciamo un’analisi sulla vera incidenza del turismo nel PIL italiano.
Quando si parla di settore turismo vengono spesso tralasciate le “difficoltà” di calcolo del peso economico, come forse è comprensibile nei grandi media che ricercano l’immediatezza della notizia. Le difficoltà riguardano l’approssimazione sulle attività connesse: ristorazione, trasporto di passeggeri e commercio al dettaglio, ad esempio, vendono non solo ai turisti: non sempre è facile distinguere.
Come si vede nella tabella, presa da “Banca d’Italia – Questioni di economia e finanza – Turismo in Italia: numeri e potenziale di sviluppo”, al di fuori di servizi alloggio, trasporto aereo e agenzie di viaggio (come è logico pensare), gli altri hanno un’incidenza media pari a circa 18% escludendo le attività nominate prima. Numeri ovviamente da considerare con le approssimazioni elencate prima.
Prima di dire a quanto ammonta l’incidenza sul PIL è doveroso fare alcune premesse.
I dati del turismo sono stimati dal World Trade and Tourism Council (WTTC) utilizzando la metodologia del Conto Satellite del Turismo. Senza scendere nei dettagli, precisando che è molto difficile (per i problemi sopra elencati) dare numeri corretti, il CST viene costruito partendo dalla distinzione dei flussi turistici in:
e si ottengono poi turismo interno (turismo inbound + turismo domestico) e turismo nazionale (turismo domestico + turismo outbound).
Questi dati si ottengono con delle percentuali sulle attività dirette e connesse con il turismo stimate territorialmente per ogni regione.
Il risultato è quindi la distinzione tra:
(dal documento di Banca d’Italia)
L’impatto diretto del turismo così calcolato in Italia è pari a, circa, il 5.5% del PIL e il 6,5% dell’occupazione. È solo grazie a contributo indiretto e all’indotto che si arriva ad avere come incidenza del turismo nel PIL il 13%. (Statistiche del 2018 della ricerca di Banca d’Italia sopra citata)
Senza rapportare l’Italia ad altri Paesi, però, è difficile capire se davvero l’Italia fa parte dei Paesi che “vivono di turismo” o meno.
Nel 1982 l’Italia assorbiva l’8% della spesa internazionale in turismo, seconda agli USA. Nel 2017 la quota era del 3,4%: la riduzione è dovuta principalmente all’affermazione di nuove mete turistiche: Cina e Turchia, anche se la quota di quest’ultima ha risentito della situazione geopolitica, sviando i turisti principalmente verso Cipro, Malta e Croazia (fonte: Centro Studi TCI (2016), Unicredit – Centro Studi TCI (2017) e UNWTO (2017). Alfonso-Rodriguez e Santana-Gallego (2017)
Nella “classifica” di tasso di contribuzione al Prodotto Interno Lordo del settore turistico (aggiornata al 2018) si trovano nelle prime posizioni Macau (72%), Seychelles (67%), Maldive (66%), questi sono i Paesi che davvero vivono grazie al turismo, mentre l’Italia è al 53° posto con il suo 13%.
I 2 grafici che seguono sono molto interessanti: il primo mette a confronto il dato appena riportato, dove c’è maggiore incidenza del turismo nel PIL; il secondo confronta la spesa totale fatta dai turisti a prezzi correnti in Italia e in un paese simile e vicino al nostro, la Francia. Dovrebbero gettare le basi per la differenza tra la percezione del turismo e il reale contributo all’economia del Paese.
Un’altra frase che si sente spesso dire è che l’Italia possiede metà del patrimonio artistico del mondo, alcuni arrivano addirittura a dire tre quarti. In realtà sono numeri campati in aria: non esiste una misura del “patrimonio artistico mondiale”, in quanto sarebbe complicata e fuorviante come è logico pensare.
Chi si avvicina a misurarlo è l’UNESCO, e il rapporto di World Heritage Convention (http://whc.unesco.org/en/statesparties/stat/#sp1) classifica tutti i patrimoni UNESCO per Paese di appartenenza.
Il grafico in basso (preso da pagellapolitica.it che rielabora i dati del rapporto citato sopra) mostra bene che l’Italia è certamente il primo Paese per numero di siti UNESCO (49) seguito da Cina con 45 e Spagna con 44. Il totale dei siti è pero 1021, quindi in Italia non vi è né la metà né i tre quarti: “solo” il 4,9% , che sicuramente non è poco ma molto distante da quanto viene, spesso, dichiarato.