Una grande operazione finanziaria: l’OPA di Intesa su Ubi
Dopo cinque mesi di trattative e lavori, sembra che la quadra sia stata finalmente raggiunta. L’offerta pubblica di acquisto della banca Intesa San Paolo nei confronti di Ubi banca è andata a buon fine. Quali sono le condizioni dell’offerta? Quali sono state le tappe fondamentali che hanno portato al perfezionamento di questa grande operazione finanziaria?
Condizioni dell’OPS
L’offerta di Intesa, può essere facilmente visionata sul sito della banca. Le parti fondamentali che costituiscono l’OPA sono:
- Gli azionisti che decideranno di aderire all’offerta, riceveranno 17 azioni di Intesa ogni 10 azioni di Ubi possedute. Il valore delle azioni a cui si fa riferimento è quello della chiusura del 14 Febbraio, il giorno prima che l’OPA partisse.
- 625 milioni di euro in totale da dividere tra gli azionisti Ubi
- Premio del 44,7% agli azionisti dei Ubi
- 310 milioni in contanti per supportare imprese e famiglie
- 80 milioni per le fondazioni. Intesa è famosa per aver supportato numerose attività solidali e artistiche.
Le tappe dell’OPS
Non è stato facile per l’ad di Intesa, Carlo Messina, raggiungere questo storico risultato. Dal 17 Gennaio, giorno in cui, a sorpresa è partita l’offerta pubblica di acquisto, ne sono successe di tutti i colori, in quella potrebbe sembrare la trama di un film: diversi personaggi ed enti, infatti, interferiscono con la storia principale, spalleggiando una banca o l’altra.
I barricaderi: il Patto Car
Tre giorni dopo l’inizio dell’OPA, il 20 Febbraio, gli azionisti facenti parte del Patto Car entrano in partita, schierandosi con decisione dalla parte dell’ad di Ubi, Viktor Massiah. Il patto Car raccoglie i più grandi imprenditori bergamaschi e rappresenta oltre il 18% di Ubi.
L’offerta di Intesa-Unipol è ostile, non concordata, non coerente coi valori impliciti di Ubi e dunque inaccettabile
Così tuonano dalle barricate i vari Bosatelli, Bombassei, Pilenga, Radici, Andreoletti e Beretta.
La risposta di Intesa: noi siamo i buoni!
Gli azionisti bresciani e bergamaschi, o una larga parte di loro, sono molto sensibili al supporto del territorio. Considerando la cornice del COVID in cui si è sviluppata l’OPA, in un tragico clima di morte che ha aleggiato sulle città lombarde, questa sensibilità si è acutizzata. Intesa coglie la palla al balzo. Rilancia l’offerta proponendo l’apertura di nuove filiali strategiche, dotate di larga autonomia e risorse. Si tratta delle città di Brescia, Bergamo, Cuneo e Bari, ad ognuna delle quali è stato promessa una rete di 300-400 filiali.
Le scartoffie e la concorrenza
Nei mesi di Marzo e Aprile, in piena emergenza sanitaria, si sono susseguite numerose operazioni burocratiche e amministrative. Messina deposita ufficialmente il prospetto informativo dell’OPA alla Consob (6 Marzo); Bper ha deliberato l’aumento di capitale per l’acquisto delle filiali Ubi (22 Aprile). Lo stesso ha fatto il cda di Intesa il 27 Aprile. Informata la Consob, si aspetta il responso dell’Antitrust per evitare di violare la concorrenza, di Ivass per il mercato assicurativo e della BCE per il mercato bancario in generale.
Via libera
Se la BCE, la Consob e Ivass hanno risposto positivamente e benedetto l’operazione, lo stesso non vale per l’Antitrust: l’offerta pubblica di acquisto a queste condizioni rappresenta un pericolo per la concorrenza, che potrebbe essere violata. Intesa è così costretta a cambiare le condizioni, aggiungendo che:
aumenta le dimensioni del portafoglio di filiali di Ubi Banca che cederà a Bper. L’accordo rinegoziato prevede che alla banca emiliana passino 532 sportelli di Ubi (rispetto ai 400/500 inizialmente previsti), con 29 miliardi di depositi, 31 miliardi di raccolta indiretta e 26 miliardi di crediti netti.
(fonte: sito GDB). Ricevuto il via libera dall’Antitrust, l’operazione prosegue.
Nel vivo dello scontro
Intesa trova l’accordo con Borsa Italiana: l’offerta durerà 3 settimane e terminerà il 28 Luglio. Intanto il cda di Ubi boccia completamente l’offerta. In un comunicato si legge:
l’Ops non è «congrua» come prezzo; è una minaccia per il territorio e l’occupazione; ed è volta a rafforzare Intesa attraverso l’eliminazione di un potenziale concorrente aggregante.
In sostanza: “Dovete rilanciare”. Tuttavia, il primo colpo di cavalleria inflitta da Intesa raccoglie i primi frutti. Il primo giorno dell’offerta, si raccoglie lo 0,17% di capitale di Ubi e il 14 Luglio avviene l’incrinatura del Patto Car: Cattolica decide di partecipare all’offerta. Intanto l’Antitrust concede il via libera a patto che, per mantenere la concorrenza, Intesa ceda circa 500 sportelli ad un altra banca: la designata da Messina è Bper.
Il nuovo affondo di Intesa
Nel momento in cui i principali gruppi di azionisti Ubi sembravano più uniti che mai nel contrastare l’offerta, arriva un nuovo fendente di Intesa:
La banca rilancia e mette sul piatto dell’operazione altri 652 milioni di euro in contanti. Oltre allo scambio di azioni si aggiunge un corrispettivo cash di 57 centesimi con un premio che sale al 44,7% rispetto al prezzo dell’azione Ubi registrato il 14 febbraio 2020.
“E qui la situazione cambia” direbbe con ironia il comico Zalone. Probabilmente è con un pensiero così semplice che una grande parte degli azionisti di Ubi hanno cambiato idea. In pochi giorni il fronte di Ubi perde pezzi importanti. Cambiano idea le Fondazioni di Cassa e risparmio di Brescia e di Banco del Monte di Lombardia. Dopo aver valutato il rilancio e ascoltato il parere di azionisti che avevano già lasciato Ubi per salire sul carro del vincitore, si pronuncia anche il Patto dei Mille. Pur scegliendo di non imporre l’adesione all’offerta, lasciando liberi gli azionisti di scegliere, traccia un chiaro parere: l’offerta è buona.
Il Codacons e il fondo Silchester
La Consob aumenta di due giorni il periodo dell’offerta, portando il termine al 30 Luglio. Intanto il valore nelle mani di Intesa è del 43%, ancora lontano dal 66%, obiettivo minimo per poter avere il controllo dell’assemblea straordinaria. Il 27 Luglio giunge in aiuto il fondo Silchester, che fa convogliare tutto il suo 8% in Intesa. La vittoria per Messina è ad un passo, la quota nelle sue mani sale al 52%. Intanto Messiah è impegnato in beghe con il Codacons: alcuni azionisti retail hanno denunciato la poca chiarezza delle informazioni che hanno avuto a riguardo dell’offerta.
La zampata finale: il Car si arrende
Le adesioni volano: raggiunto il 71%, anche il patto Car si arrende e dopo aver avuto le necessarie assicurazioni, si schiera con Intesa. Con la quota giunta al 75,68%, Messiah si prepara alla dimissioni. Intesa vince il conflitto. Dopo cinque mesi, nonostante la difesa, a tratti decisa, a tratti velleitaria, degli azionisti di Ubi, l’acquisizione è cosa fatta.
Le fasi successive
In un articolo del Sole 24 Ore, vengono esposti i possibili scenari che si potranno verificare al termine dell’offerta. Se le adesioni saranno entro il 90%, Intesa farà riunire l’assemblea di Ubi per nominare il nuovo cda. Se le adesioni saranno superiori al 90% ma sotto il 95%, secondo il Testo Unico della Finanza, Intesa dovrà acquistare le restanti azioni rimaste in mano agli azionisti Ubi. A quel punto,
non essendo necessaria alcuna assemblea straordinaria, si procederà al delisting di Ubi e alla successiva fusione per incorporazione di Ubi, fusione che sarà attuata senza far sorgere il diritto di recesso e sulla base di un rapporto di cambio che non incorporerà alcun premio per gli azionisti di minoranza dell’emittente.
Se l’offerta si chiuderà con una percentuale superiore al 95%, Intesa dovrà acquistare cash il capitale ancora in mano agli azionisti in minoranza di Ubi, i quali anche in questo caso non potranno esercitare il diritto di recesso.
La quarta banca europea
Grazie alla sua politica aggressiva, Intesa sta fungendo da polo di aggregazione per istituti bancari di medie dimensioni. Con una capitalizzazione di mercato di 29,8 miliardi di euro, Intesa è la quinta banca europea. Aggiungendo ai suoi asset anche il patrimonio di Ubi e i suoi utili, il gruppo diventerebbe il quarto in europa.