Il 20 e 21 Settembre è ormai noto che saremo chiamati ad esprimerci sul Referendum Costituzionale proposto dal M5s. La finalità è quella di ridurre il numero dei parlamentari. La proposta riduce il numero dei deputati da 630 a 400 e il numero dei senatori da 315 a 200. L’articolo pone l’attenzione sul risparmio e sul confronto rappresentativo Europeo mediate una raccolta di dati.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, qualche settimana fa, ha lanciato un tweet annunciando che il taglio garantirà un risparmio di oltre 400 milioni di euro a Legislatura, correggendo le stime rispetto ai 500 milioni annunciati precedentemente. Sono davvero corrette queste stime?
L’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani guidato dall’economista Carlo Cottarelli non la pensa allo stesso modo. Dopo un’analisi accurata l’OCPI parla di un risparmio molto più contenuto, rapportando il peso dello stesso al totale della spesa pubblica. Su cosa si basano queste considerazioni?
L’OCPI nella suddetta analisi prende in considerazione lo “stipendio” di un Parlamentare, il quale è dato dalla somma di due componenti: l’indennità parlamentare e una serie di rimborsi spese esentasse. Al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali l’indennità parlamentare si aggira intorno ai 5 mila euro al mese. La somma dei rimborsi spese per l’esercizio del mandato (diaria, collaboratori, consulenze, convegni, spese accessorie di viaggio e telefoniche ecc.) è invece pari a circa 8-9 mila euro al mese.
Assodato che il risparmio si calcola sul salario netto del singolo parlamentare (in quanto le ritenute fungono da semplice partita di giro per le casse dell’Erario), il risparmio netto annuo che si otterrebbe ammonta a 37 milioni per la Camera e 20 milioni per il Senato, quindi per un totale di 57 milioni di euro all’anno.
Il grafico mostra come la spesa primaria (al netto della spesa per interessi che oscilla intorno al 4% del Pil) sia in termini reali che in termini nominali è, nel corso degli anni, in continua crescita. Prendendo in considerazione i dati a consuntivo del 2017, la spesa pubblica è stata pari a 828 miliardi (48% del Pil), di cui 66 miliardi che costituiscono spesa per interessi sul Debito Pubblico. Nei due anni successivi, la spesa primaria è cresciuta considerando gli effetti dell’introduzione di Quota 100 e del Reddito di Cittadinanza. Stessa dinamica per gli interessi dato il costante aumento dello stock di Debito pubblico.
Insomma considerando il dato stimato dall’OCPI (57 milioni di euro) e rapportandolo al peso complessivo della Spesa pubblica si giunge ad un cifra significativamente bassa pari appena allo 0,007% all’anno.
Nella classifica attuale dei Paesi per numero complessivo di Parlamentari su scala Europea l’Italia si presenta al secondo posto dopo il Regno Unito. Quest’ultimo detiene il primato con 1442 rappresentanti. Seguono Francia e Germania che ne presentano corrispettivamente 925 e 778. Sempre in termini assoluti, nel caso di approvazione del Referendum, l’Italia si posizionerebbe al quinto posto subito dopo la Spagna.
Tuttavia, rapportando il numero di rappresentanti sul totale degli abitanti distinguendo le due camere, l’Italia è posizionata nella bassa classifica. Attualmente al 24esimo posto per la camera (1 deputato ogni 100.000 abitanti) e al nono posto per il Senato. Con il SI alla riforma il nostro Paese scivolerebbe in ultima posizione con 0,7 deputati ogni 100.000 abitanti e al Penultimo posto per rappresentanza al Senato (su 14 Stati che hanno una “camera alta”) con 0,3 senatori ogni 100 000 abitanti.