Dopo la bozza del 27 Agosto, Mps ha incassato la final decision della Banca Centrale europea sulla scissione. Si tratta dello scorporo di ben 8,1 miliardi di crediti deteriorati. Euforia in borsa: a Milano il titolo MPS guadagna oltre il 3%. Analizziamo la vicenda.
Monte dei Paschi possiede in pancia una serie di non performing loans, vale a dire di crediti deteriorati: denaro che la banca ha prestato e che non riceverà indietro. Portarsi dietro questo pesante fardello, ha impedito alla banca di crescere e di uscire dal pantano di scandali e operazioni folli che la coinvolgono dal 2007 .
Come si può notare nella tabella di Yahoo Finance, la banca ha serie difficoltà ha generare utili per se e per gli azionisti. I dati sono espressi in migliaia di Euro.
La BCE consente ad Mps lo scorporo di 8,1 miliardi di crediti deteriorati, permettendo il loro affidamento ad AMCO, una società che opera per recuperare questo tipo di risorse. La final decision è ossigeno fresco per una banca che ha serie difficoltà e che non riesce ad essere tonica come le concorrenti (ad esempio Intesa San Paolo).
L’operazione di derisking dovrebbe generare un fabbisogno di capitale di ben 770 milioni, che Mps deve in qualche modo reperire sul mercato. La BCE ha allegato alla final decison ben due stringenti condizioni, che vengono riportate dal Sole 24 Ore.
La prima:
Mps emetta, prima dell’efficacia dell’operazione, bond per almeno 250 milioni, ammissibili per l’inclusione nel patrimonio di base di classe 2 (Tier2) per l’intero importo nominale o a fornire alla Bce una prova adeguata dell’impegno vincolante, da parte di uno o più investitori di adeguato standing (inclusi, se del caso, qualsiasi ente pubblico o entità affiliata), a sottoscrivere, entro il 31 dicembre 2020, il Tier2.
La seconda:
la vigenza di un decreto legge o un decreto legislativo ovvero una legge ordinaria alla data di efficacia della scissione, che accantoni i fondi pubblici necessari per la sottoscrizione di strumenti di capitale emessi a condizioni di mercato da qualsiasi società pubblica italiana e consentire al Mef di sottoscrivere, nei limiti dei fondi pubblici accantonati, fino al 70% dell’importo degli strumenti di capitale emessi per ripristinare il rispetto da parte di Banca Mps dei requisiti patrimoniali complessivi, fermo restando che almeno il 30% del relativo importo deve essere sottoscritto da investitori privati”.
Il Ministero di economia e finanza, presente momentaneamente al 68% all’interno di Mps, ha rinviato il piano di uscita dal cda. Già sul finire del 2019, il governo aveva iniziato le interlocuzioni con Bruxelles per iniziare ad uscire dalla banca toscana, iniziando un necessario processo di privatizzazione importante per tutto il sistema bancario nazionale. Tuttavia, a causa di un ricambio dei vertici dirigenziali dell’Unione, il tutto è slittato a Giugno 2020 e in seguito ulteriormente posticipato. Dalle fonti del governo, si apprende che lo Stato uscirà da Mps non appena verrà perfezionata la scissione e vengano create le condizioni per rendere la banca competitiva. Già l’anno scorso il piano di uscita era composto da tre ipotesi:
I mercati benedicono l’operazione. Dal grafico con time frame a 30 minuti si evince che nelle date chiave per il parere della BCE, 27 agosto e 3 Settembre, il prezzo delle azioni Mps ha registrato un deciso rialzo, formando dei gap in entrambi in casi. Dopo il ritracciamento avvenuto nella mattinata, il prezzo potrebbe chiudere la seduta al rialzo dopo essere rimbalzato sul supporto in area 1,420.