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Consolidamento sistema bancario: come Intesa è riuscita ad accaparrarsi UBI

Da molti anni, complice una situazione economica tutt’altro che florida, la Banca Centrale Europea ha lanciato un monito all’intero sistema bancario, al fine di attuare un consolidamento del sistema per reggere meglio l’onda d’urto delle sfide globali che il Vecchio Continente sarà costretto ad affrontare al cospetto dei colossi cinesi e americani.

Una raccomandazione ancor più di stringente attualità per il nostro sistema bancario, che negli ultimi anni sta accusando una sensibile flessione della propria redditività, causata, in primis, dai tassi negativi imposti dalla stessa BCE per sostenere la zoppicante economia europea. Un monito che nei mesi scorsi, prim’ancora che si palesasse il maledetto virus, è stato colto dalla più influente banca del nostro paese: Intesa.

La scalata di Intesa a UBI: com’è riuscito Messina ad impadronirsi della banca guidata da Massiah?

L’istituto guidato da Carlo Messina, infatti, lo scorso febbraio lanciò un’offerta pubblica di scambio (OPS) per rilevare Ubi Banca, la quarta banca più importante del paese, terza per indice di solidità alle spalle della stessa Intesa ed Unicredit. Una mossa che lasciò stupiti la maggior parte degli operatori finanziari: dopo anni di fusioni o accorpamenti concordati, l’istituto di Ca’ de Sass lanciava un’operazione non concordata ai danni di un altro istituto del Belpaese.

Un unicum nella storia del settore bancario nostrano, causato, secondo alcuni esperti, dall’immobilismo perpetuo di Victor Massiah, ex amministratore delegato UBI, che negli ultimi anni ha rifiutato, a più riprese, di fondere la banca dallo stesso guidata con altri istituti di credito, al fine di creare il cosiddetto “terzo polo bancario italiano”.

UBI, d’altro canto, aveva oltre il 70% del capitale flottante, che ben si prestava ad una eventuale scalata da parte di un operatore finanziario di dimensioni maggiori della banca bresciano-bergamasca. Ed Intesa, con una mossa da alcuni definita a protezione del sistema bancario nazionale (UBI poteva teoricamente essere scalata da un colosso straniero), decise che l’istituto lombardo, considerato una delle eccellenze bancarie nostrane, poteva diventare proprio.

Complice il covid, che ha inevitabilmente posticipato la proposizione dell’OPS agli azionisti UBI, l’offerta ha avuto luogo nel mese di luglio. E dopo quattro settimane, grazie anche al rilancio deciso da Messina (oltre a 17 azioni Intesa ogni 10 UBI, un conguaglio “cash” pari a 0,57€ ad azione), Intesa San Paolo ha portato a termine l’acquisizione di UBI Banca con oltre il 90% delle adesioni.

Intesa-UBI sarà solo la prima di una serie di fusioni bancarie: quali sono gli scenari futuri?

L’istituto di Ca’ de Sass, oggi, è diventata la più importante banca nazionale, un grande player a livello europeo: terza per capitalizzazione in borsa (alle spalle di Santander e BNP) e sesta per redditività. Risultati che premiano anche la politica attuata negli ultimi anni della stessa Intesa San Paolo, che è riuscita, meglio di altri, ad abbinare la tradizionale consulenza allo sportello con un forte aumento della proposizione commerciale tramite i canali digitali.

L’istituto presieduto da Gian Maria Gros-Pietro è stato, tra quelli nazionali, quello che ha colto per primo la sfida tecnologica, diventando protagonista anziché succube di questa trasformazione epocale, che non ha riguardato soltanto il mondo finanziario ma qualsiasi settore economico, basti pensare, ad esempio, al successo di alcuni siti dedicati al mondo dei giochi come casinoonlineaams.com.

L’acquisizione di UBI da parte di Intesa, però, sarà, con ogni probabilità, solo la prima di una serie di operazioni di acquisizione o fusione nel mondo bancario nostrano. Le mosse di quattro grandi istituti nazionali tengono col fiato sospeso i mercati finanziari: Unicredit, Banco BPM, Monte Paschi e BPER.

Quest’ultima, che rileverà 532 sportelli UBI da Intesa come imposto dall’antitrust, dovrebbe svolgere un ruolo attivo in questa fase, soprattutto se i rumors di una fusione Unicredit- Banco BPM trovassero riscontro nella realtà. Grande attenzione, poi, viene posta alla situazione del Monte dei Paschi: il MEF, attuale azionista di maggioranza, deve liberarsi della sua quota entro la fine del 2021.