Nuove definizioni sul default per le banche: alcuni chiarimenti
Entra definitivamente in vigore, dal primo gennaio del nuovo anno, l’applicazione della nuova definizione di default, riguardante l’aggiornamento delle misure predisposte dall’articolo 178 del Reg. UE n. 575/2013, che corre quindi in soccorso ad istituti di credito e imprese d’investimento; il tutto ai fini di una più accurata valutazione delle sofferenze dei clienti e ad un maggiore controllo e vigilanza dei crediti concessi.
Il primo di gennaio è quindi la data prestabilita per l’adeguamento dell’intero sistema bancario&Co europeo alla normativa, nel corso dei cui ultimi anni è stata integrata sia dalle linee guida EBA del luglio 2016 che dal Regolamento Delegato n° 171 del 2018; legislazione sicuramente più stringente in seno ai consumatori finali, sulla quale si dovrà dare un riscontro pratico in termini di ricezione della normativa stessa.
La discrezionalità sull’informativa della nuova definizione è in mano alle singole filiali, che provvederanno a regolare il rapporto di clientela per permettere ai correntisti una più trasparente introduzione al nuovo modus operandi. Ci si dovrà quindi adeguare ad una migliore gestione dei conti, cercando di assecondare un comportamento rispondente ai diktat, evitando di lasciare il conto per troppo tempo in rosso. Molto spesso infatti, banca permettendo, non è quasi mai un problema sforare addirittura il fido contrattuale, incorrendo in linea di massima ad interessi moratori. Ciò non toglie che il grado di tolleranza delle banche permetta uno sforamento superiore alle nuove soglie introdotte, imputabili caso per caso.
Chiarimenti su questione default e prerequisiti normativi
Secondo l’articolo 178 del regolamento, che disciplina gli strumenti prudenziali in mano al comparto bancario, i requisiti per classificare un debitore come insolvente sono:
- debitore in arretrato di 90 giorni dal termine ultimo per saldare l’obbligazione assunta
- l’intermediario bancario o impresa d’investimento giudica improbabile la soddisfazione del credito in toto, senza un intervento coatto pronunciato dallo stesso ente creditizio.
Analizzando il primo punto, la modifica sostanziale si manifesterebbe nel momento in cui l’ammontare dovuto dal debitore superasse due soglie, definite relativa e assoluta. La soglia relativa è equivalente all’1% dell’esposizione debitoria verso il creditore, mentre la soglia assoluta è pari a 100 euro se si parla di esposizione al dettaglio; si arriva a 500 euro per esposizioni diverse da quelle al dettaglio. Superate le due soglie, ecco che scattano i 90 giorni entro i quali deve essere chiarita la posizione debitoria, pena lo status di “default“. Termine che differisce da quello di “sofferenza” del cliente, dimensione di grave situazione economica non permanente, manifestatasi in seguito all’impossibilità di ripagare un debito; in questi casi, sarà necessaria la segnalazione della banca alla Centrale dei Rischi.
Ciò non implica – sottolinea Banca d’Italia nella sezione Q&A del sito dedicato – che ogni sforamento superiore ai 100 euro sia motivo di default, raggiungendo questa condizione solo ed esclusivamente se si sfora la suddetta soglia di rilevanza ( soglia relativa + assoluta ) e che si superino i 90/180 giorni previsti per sanare la posizione; la nuova definizione chiarisce il necessario utilizzo della nuova normativa per sottendere una migliore valutazione delle classificazioni da adottare ai fini prettamente prudenziali.
Come detto in precedenza, le integrazioni e modifiche sostanziali all’articolo 178 del Regolamento europeo che accompagneranno la manovra a partire da quest’anno sono:
EBA/GL/2016/07
E’ l’orientamento che precisa, in seguito al recepimento della normativa prudenziale internazionale contenuta negli Accordi sul Capitale del 2006 – il famoso Basilea 2 – l’utilizzo dei metodi interni di rating IRB ( Internal Rating-Based ) per il calcolo dei requisiti patrimoniali ai fini della valutazioni d’insolvenza delimitate dalle soglie di rilevanza. Metodologie suddivise in metodo di base e metodo avanzato, utilizzati a seconda del tipo di credito e dei parametri di valutazione utilizzati dalle diverse banche. I metodi IRB permettono di raccogliere ed elaborare insiemi di dati ed informazioni ai fini della formulazione di valutazioni relative a:
- garanzia e sicurezza del credito presunto, attribuendo al consumatore un grado di merito e quindi un rating
- rischiosità delle operazioni creditizie
REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2018/171 DELLA COMMISSIONE del 19 ottobre 2017
Parte integrante della nuova normativa che, oltre a definire in miglior modo i criteri con cui stabilire le “soglie di rilevanza” precedentemente illustrate, fornisce un’utile notazione sulla fase operativa delle varie fattispecie. Il documento chiarisce che:
l’autorità competente ritiene che la soglia di rilevanza corrisponda a un livello ragionevole di rischio, secondo i criteri di cui all’articolo 178, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (UE) n. 575/2013, quando la soglia non determina il riconoscimento di un numero eccessivo di default imputabili a circostanze diverse dalle difficoltà finanziaria del debitore né ritardi significativi nel riconoscimento dello stato di default dovuto alle difficoltà finanziarie del debitore.
Cosa potrà comportare nel lungo periodo?
Maggiori implementazioni al sistema di vigilanza prudenziale potranno sicuramente rendere più efficienti gli stessi sistemi di controllo bancari, garantendo una maggiore gestione dei dati; applicare un rating agli assets rischiosi permette in primis una maggiore copertura dei comparti meno gestibili e in secondo luogo analisi di mercato più precise. Se si mette in conto che lo stesso comportamento dei consumatori potrebbe essere plasmato positivamente sulla gestione di portfolio, il gioco è fatto.