Fissando ad 8 euro all’ora il salario minimo, l’intervento riguarderebbe circa 1,8 milioni di lavoratori. Se invece, la soglia fosse fissata a 9 euro, ne beneficerebbero in 2 milioni, pari al 14,8% del totale. Così facendo, il costo del lavoro per le imprese salirebbe di 6,176 miliardi tenendo conto sia delle retribuzioni lorde che dei contributi sociali.
Lo afferma il presidente dell’INPS, Tridico, che aggiunge: “Il maggiore gettito [derivante dall’introduzione del salario minimo] potrebbe finanziare sgravi per imprese nella fase di transizione, ad esempio la defiscalizzazione di parte o tutta la Naspi. Altri risparmi verrebbero dalla riduzione della spesa per gli assegni familiari e per il Reddito di cittadinanza. Il salario minimo avrebbe poi effetti distributivi, con la riduzione del working poor e potrebbe ridurre il gender gap dal momento che alle soglie più basse del salario sono maggiormente interessate le donne”
Il salario minimo definisce in maniera uguale e certa la retribuzione per tutti i tipi di lavoro subordinato. Questo consentirebbe di evitare che si verifichino situazioni in cui i salari verrebbero ridotti come conseguenza di una riduzione della domanda di lavoro.
Da anni nel nostro Paese si discute circa l’introduzione di un salario minimo. Diversi sono stati i disegni legge presentati ma nessuno di essi è giunto a conclusione dell’iter parlamentare. Pertanto, non essendo previsto ex lege un salario minimo, la paga minima oraria è quella stabilita per ogni livello di inquadramento dal CCNL applicabile al caso concreto.
Secondo l’Eurostat, a luglio 2020, il salario minimo è previsto in 21 Paese dell’UE dove le eccezioni sono rappresentate da: Italia, Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia. L’Eurostat divide poi, i paesi che adottano il salario minimo in 3 gruppi in base all’importo dello stesso:
La differenza nei livelli delle retribuzioni minime è dovuto al costo della vita nei diversi Stati comparando il salario minimo con il potere d’acquisto.
Il salario minimo deve essere correlato con il livello di produttività del lavoro e con il reddito medio da ora lavorata del Paese. In Italia, il PIL pro-capite è pari a 38.750 €. In un Paese come la Germania che ha fissato il suo salario minimo a 9,50 € a partire dal 01.01.2021, il PIL pro-capite è pari a 50.004,7 €. Appare fin da subito chiaro come introdurre un salario minimo che si attesti attorno ai livelli della nazione tedesca senza che la produttività aumenti potrebbe causare la scomparsa delle imprese più piccole che non riuscirebbero a corrispondere ai propri lavoratori, delle retribuzioni commisurate al livello effettivo di produttività.
Si consideri inoltre, che uno dei maggiori problemi tristemente noti dell’Italia è il lavoro irregolare. Secondo l’Istat, nel 2017 si è rilevato un aumento del lavoro irregolare dello 0,7% rispetto al 2016. Stando al rapporto:
Istituendo il salario minimo ad un livello troppo elevato rispetto alla produttività, si sortirebbe l’effetto contrario: pur di evitare la chiusura, le piccole e medie imprese, potrebbero essere portate ad offrire lavoro in nero.
Un altro dei grandi problemi del bel Paese è la produttività, ossia la capacità, per le aziende, di produrre di più attraverso la combinazione dei fattori produttivi (tra cui il lavoro). L’Ocse segnala che tra il 2010 e il 2016 la produttività italiana, intesa come PIL per ora lavorata è aumentata dello 0,14%. Dato peggiore in Europa dopo quello della Grecia che ha registrato un -1,9%. E non che i livelli ante crisi 2008 fossero migliori, tutt’altro! Tra il 2001 e 2007 l’Italia è stata l’ultimo paese per livello di produttività con una flessione dello 0,01% annuo.
Prima dell’introduzione di un salario minimo, sarebbe auspicabile quanto prima, attuare delle riforme volte a creare un ambiente maggiormente favorevole alle imprese, in modo che ne venga aumentata la produttività. Anche attraverso la riorganizzazione del comporto pubblico che a sua volta dovrà impegnarsi nel migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi offerti. La pubblica amministrazione è parte fondamentale ed imprescindibile per il benessere delle attività produttive. Una riduzione degli oneri e della burocrazia difatti, consentirebbe maggiori investimenti da parte dei privati. Ciò potrebbe avere effetti benefici anche sul fronte dell’evasione fiscale. Non potranno mancare inoltre degli investimenti cospicui in R&S accompagnati da quelli destinati all’istruzione che consentiranno di incrementare il livello di conoscenza e di competenza della forza lavoro. Forza lavoro che a sua volta darà un contributo fondamentale alla produttività delle imprese!