Probabilmente avrete già sentito parlare della vicenda GameStop ma per agevolare la comprensione in questo articolo spiegherò nuovamente la vicenda e le tecniche finanziarie che ci stanno dietro per poi spiegare come mai una lettura semplicistica della vicenda sia da escludere.
GameStop è una catena di negozi fisici che vende videogiochi, nuovi e usati. Un’attività che con l’aumento degli acquisti negli store digitali e con l’avvento dei giochi in streaming sta andando lentamente a morire. A conferma di questa lettura c’è una perdita netta di circa 400 milioni di dollari nel 2019. Per via di questi risultati e della difficoltà del settore in cui si trova il valore delle sue azioni era constantemente sotto ai 10 dollari e per un grosso periodo attorno ai 4 dollari.
Ovviamente un business morto non può che avere una pessima valutazione con un valore delle proprie azioni che potrà solo tendere a 0. Proprio a fronte di questa valutazione il titolo era stato preso di mira dagli investitori noti col nome di ribassisti (o shortisti). Questo genere di investitore non compra un’azione sperando che il valore aumenti in futuro ma scommette sulla diminuzione di quel valore.
I ribassisti scommettono sulla discesa del valore dell’azione usando una tecnica chiamata “vendita allo scoperto”. La vendita allo scoperto prevede che un investitore, chiamato short seller, prenda a prestito delle azioni (da banche o broker) a fronte del pagamento di un tasso di interesse più la restituzione della stessa azione. Dopo aver ottenuto l’azione lo short seller venderà sul mercato l’azione presa a prestito e, dopo che il titolo avrà perso valore, potrà ricomprarlo restituendo l’azione presa a prestito originariamente più gli interessi. Ovviamente se il valore dell’azione scendesse a sufficienza lo short seller avrebbe vinto la scommessa e la differenza tra il valore di vendita dell’azione e il valore di riacquisto più l’interesse pagato sarebbe il suo guadagno. Nel caso in cui il valore azionario subisse un’aumento lo short seller avrebbe una perdita.
La domanda che in tanti potrebbero farsi a questo punto è semplice ma non banale: perché i broker prestano le azioni se il titolo sta andando male? Ebbene il broker fa questo prestito principalmente per una ragione ossia il guadagno. Queste operazioni tipicamente hanno un tasso di interesse molto più alto del tasso medio di mercato per questo i broker sono felici di prestare le azioni pur sapendo che potrebbero vedersi restituire un’azione che vale meno ed è sempre per questa ragione che le operazioni hanno una durata molto breve (solitamente una o due settimane).
La vicenda inizia a farsi interessante quando in un gruppo presente sul social Reddit chiamato r/wallstreetbets è iniziata a circolare l’idea di rovinare i piani agli short sellers. Come hanno deciso di farlo? Acquistando derivati chiamati opzioni call che danno la possibilità ma non l’obbligo di acquistare un titolo ad un determinato prezzo. Solitamente si esercita questa opzione quando il valore dell’azione sul mercato è più alto del prezzo a cui si ha la possibilità di acquistare il titolo con l’opzione call. In questo caso basta usare l’opzione per acquistare un’azione a un prezzo x per poi rivenderla imediatamente ad un prezzo più alto tenendo per se la differenza (ovviamente pagando il costo dell’opzione). Nel gruppo di reddit i piccoli investitori retail hanno comprato in massa opzioni call dalla scadenza breve con un diritto di acquisto a valori molto superiori rispetto a quelle attuali. Queste opzioni costano pochissimo perché la scommessa è quasi impossibile ma c’è un ma.
Se qualcuno compra opzioni vuol dire che c’è qualcuno gliele vende. Questo qualcuno può coprirsi dal rischio comprando l’azione sottostante l’opzione. In fondo alla catena di transazioni avviata con l’acquisto della opzione call, c’è un compratore del cosiddetto “sottostante”, cioè dell’azione. Quando in tantissimi comprano queste opzioni in tantissimi dovranno comprare il sottostante. Questo porta invevitabilmente il prezzo delle azioni a salire. Quando ciò avviene su un titolo che è fortemente venduto allo scoperto si arriva tipicamente ad una valanga di nuovi acquisti per potersi coprire. In sostanza gli short seller preoccupati di dover acquistare i titoli a prezzi molto più alti di quelli attuali, subendo enormi perdite, cercano di ridurre il danno acquistando prima il titolo. Questo si chiama in gergo short squeeze.
Il risultato è ben descritto dal grafico: il titolo GameStop si è gonfiato. Ora per dare un’idea della situazione basti pensare che per gli investitori istituzionali e per i principali analisti il valore di un’azione di GameStop, in base ai suoi fondamentali, dovrebbe essere pari a 12 dollari.
Adesso arriviamo al succo dell’articolo. Perché è sbagliato parlato di Davide contro Golia?
Molto banalmente la ricostruzione dei piccoli di reddit che salvano GameStop dai grandi giganti cattivi di wall street è una visione troppo semplicistica. Gli short sellers non sono mostri cattivi ma fanno il loro lavoro cercando un guadagno e rischiando di perdere anche molti soldi. Il guadagno che ottengono poi lo gireranno ai propri sottoscrittori che in molti casi sono anche clienti retail. Essi sono parte fondamentale nella formazione dei prezzi sul mercato e pertanto svolgono un ruolo fondamentale nell’allocazione efficiente delle risorse.
Ora chiariamoci nella società c’è sicuramente un sentimento di odio per nulla nascosto verso i giganti della finanza e che in alcuni casi ha anche ragione di esistere. Nel gruppo di reddit e non solo c’è il senso di una sorta di rivincita contro i giganti o di rabbia contro la macchina (rage against the machine) ma non stiamo parlando di eroi. Dopo il boom di questa vicenda la piattaforma utilizzata dai membri di quel gruppo chiamata Robinhood ha bloccato la possibilità di fare trading sul titolo GameStop (e su AMC, Nokia, BlackBerry) e questo è stato visto come conservatorismo. In realtà la piattaforma ha fatto valere i suoi termini di servizio in cui è specificato che ci sia la possibilità di bloccare il trading e lo ha fatto per poter rifinanziare la cassa di compensazione e garanzia. Questa operazione in un certo senso li ha tutelati.
Dico che la piattaforma in un certo senso ha tutelato i piccoli investitori perché quando un titolo si gonfia è molto facile che tante persone poco esperte decidano di buttarsi nella mischia. Questo porta in un primo momento ad un ulteriore boom del titolo, con conseguenti guadagni, ma infine porta al crollo e ad enormi perdite. Lo schema della bolla è sostanzialmente uno schema Ponzi dove il valore di un bene in realtà non c’è (totalmente o in parte come nel caso di cui stiamo parlando). Prima o poi inizieranno le vendite e in tantissimi perderanno soldi. Il blocco al trading in un momento di euforia può limitare i guadagni di qualcuno ma verosimilmente ridurrà le perdite di parecchi.
Fenomeni di questo tipo con lo scoppio di grandi bolle potrebbero essere sempre più frequenti anche a causa dell’enorme liquidità che è in circolazione e ai costi sempre più bassi dei prestiti. L’enorme liquidità che è stata generata a seguito dei vari interventi di Quantitative Easing nel giro per il mondo sta rendendo sempre più conveniente e con pochi costi investire anche grandi quantità prese a prestito. I nodi stanno venendo al pettine.