Economia

Demografia e crescita economica: quali prospettive?

Demografia e crescita economica sono inevitabilmente legate fra loro. Partendo dall’Unità d’Italia ed arrivando ai nostri giorni, in Italia il numero della popolazione è più che raddoppiato, passando da 26 milioni di unità a circa 60,3 milioni del 2019. Una crescita che si è arrestata a partire dagli anni ’80 circa e che negli ultimi decenni ha registrato lievi segnali di ripresa grazie alla popolazione immigrata.

Demografia: un trend in diminuzione

Come riportato dall’Istat, in riferimento ai dati dell’anno 2019, le tendenze demografiche risultano in linea con quelle degli anni precedenti. Ancora una volta viene confermato il basso tasso di fecondità, un aumento della speranza di vita ed un fenomeno migratorio costante. Rispetto all’anno 2018, si è registrata una diminuzione di 116mila unità, facendo attestare così la popolazione residente a 60 milioni 317mila unità. Tale diminuzione è dovuta al bilancio negativo di nascite-decessi, solo in parte mitigata dal saldo migratorio con l’estero positivo.

Il ricambio naturale e il numero medio di figli per donna

Così come segnalato dall’Istat, per il 2019 si registra un saldo naturale pari a -212 unità dovuto dalla differenza tra le nuove nascite (435mila) e i decessi (647mila). Si tratta del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918. Ciò significa che il ricambio per ogni 100 residenti che lasciano per morte sia oggi assicurato da appena 67 neonati, mentre dieci anni fa risultava pari a 96. Inoltre, la fecondità rimane costante a 1,29 figli per donna. “I tassi specifici di fecondità per età della madre continuano a mostrare un sostanziale declino nelle età giovanili (fino a circa 30 anni) e un progressivo rialzo in quelle più anziane (dopo i 30).”

Inoltre, per l’anno 2019 si allunga di un mese la speranza di vita, attestandosi ad 81 anni per gli uomini e a 85,3 anni per le donne.

Fonte: Il contributo della demografia alla crescita economica: duecento anni di “storia” italiana, Banca d’Italia
Fonte: Il contributo della demografia alla crescita economica: duecento anni di “storia” italiana, Banca d’Italia

L’emorragia del Mezzogiorno

L’Istat segnala che nel corso del 2019 circa 418mila individui abbiano abbandonato il proprio Comune di residenza del Mezzogiorno per trasferirsi in un altro Comune italiano, mentre circa 341mila sono gli individui che hanno eletto un Comune del Mezzogiorno quale luogo di dimora abituale.

“Tale dinamica sfavorevole ha generato, quindi, un saldo negativo pari a -77mila unità per il complesso della ripartizione, risultando peraltro accresciuto rispetto al -73mila occorso nel 2018.”

Le cause di questo fenomeno

Cercare di dare una motivazione univoca e valida per tutti a tale fenomeno è pressoché impossibile. La ragione dell’invecchiamento costante della popolazione e del calo demografico deve essere ricercata in una pluralità di situazioni che hanno sicuramente influito sull’aggravarsi del fenomeno.

Per quanto riguarda i giovani, appare chiaro che la dissuasione nell’avere figli possa essere dovuta a contingenze sociali e psicologiche e alla somma di entrambi. Primo freno fra tutti è indubbiamente l’instabilità economica e lavorativa che caratterizza le nuove generazioni.

Di riflesso, la notevole carenza di politiche di welfare destinate a sostenere la costruzione di una famiglia con uno o più figli di certo non aiuta le giovani generazioni tantomeno e specialmente le donne. Difatti, i Paesi che hanno adottato politiche di conciliazione tra maternità e lavoro sono riusciti ad ottenere una ripresa del tasso di fecondità tale da riavvicinarlo alla soglia di sostituzione. Per esempio la Svezia, da un tasso di 1,50 nel 1999 ha recuperato sino a 1,98 nel 2010; la Danimarca, da 1,38 a 1,89 tra il 1983 e il 2008. “Pertanto i Paesi con alti tassi di occupazione femminile e che hanno adottato politiche che rendono possibile e conveniente la conciliazione tra famiglia e lavoro assistono ad una ripresa della fecondità.”

Fonte: Natalità, economia, giovani e lavoro, Equipe

La correlazione con la crescita economica

Una crescita della popolazione anziana senza un aumento di quella giovane, comporta un aumento della spesa pubblica e privata sanitaria, una scarsa allocazione delle politiche del welfare, ed un indebolimento della produttività. Ma non solo: l’aumento del numero di anziani per lavoratore comporterebbe un ulteriore aumento della spesa pensionistica già di per sé elevata. Una popolazione lavorativa “vecchia” inoltre, potrebbe avere difficoltà di mobilità e adattamento ai cambiamenti sempre più repentini nel mondo del lavoro.

Demografia e Covid-19

La crisi procurata dalla pandemia in atto non fa che peggiorare una situazione già compromessa. Stante la crisi sanitario-economica che imperversa in quest’ultimo anno, appare ancora più evidente la difficoltà per i giovani e per le donne di pensare alla famiglia.

Quali vie d’uscita?

Un’inversione di rotta richiede indubbiamente dei forti investimenti per favorire l’autonomia dei giovani, per sviluppare dei servizi di conciliazione famiglia-lavoro. E’ necessario sostenere la natalità attraverso interventi che vadano oltre l’erogazione di bonus o aiuti sporadici che non producano effetti nel medio-lungo termine. Interventi strutturali che consentano di porre le basi per una futura inversione di questo trend negativo che ci portiamo dietro da anni. Un aumento della giovane popolazione, che inevitabilmente porterà ad un aumento strutturale dei consumi. Più consumi, più produzione, più investimenti.

Published by
Marta Contu