Negli ultimi giorni, uno dei principali siti internet dedicati alla compravendita di Bitcoin e altre criptovalute è entrato nel “mondo dei grandi” debuttando nella borsa di New York negli Stati Uniti raggiungendo un valore di circa 85 miliardi di dollari.
La quotazione in borsa della società, negli ultimi tempi ha destato scalpore poiché per la prima volta le criptovalute iniziano a farsi spazio a Wall Street. Vediamo allora che è successo alla società che detiene questa piattaforma e quali possono essere le conseguenze economiche e politiche.
Brian Armstrong, ex ingegnere e dipendente di AirBnB ha creato questa piattaforma nel 2012 a San Francisco. Il giovane Armstrong si iscrisse al programma di incubatori startup Y Combinator attirando su di sé molte attenzioni. Il suo progetto ricevette un finanziamento pari a 150 000 dollari. Successivamente, l’ex trader di Goldman Sachs Fred Ehrsam si aggiunse come co-fondatore .
Il nome Coinbase deriva da una particolare tipologia di transazioni che introducono la criptovaluta in circolazione in criptovalute proof of work. In poche parole, si tratta di un algoritmo utilizzato per raggiungere un accordo decentralizzato tra diverse problematiche legate all’aggiunta di un blocco specifico alla blockchain. La criptovaluta obbliga quindi a risolvere dei problemi matematici estremamente complessi e computazionalmente difficili. Queste funzioni Proof of Work producono alcuni tipi di dati utilizzati per garantire l’esecuzione di una certa mole importante di lavoro.
Ma tornando alle origini di Coinbase, il punto di svolta è arrivato nel 2013 quando la compagnia ha ricevuto finanziamenti per circa 5 milioni di dollari dalla società di venture capital Union Square Ventures capitanata da Fred Wilson. A dicembre dello stesso anno, altre società di Venture Capital hanno investito nel progetto per una cifra pari a 25 milioni di dollari.
Coinbase oggi conta circa 56 milioni di utenti privati e circa 7 mila utenti istituzionali. Nel primo trimestre del 2021 si è distinta come una delle App più scaricate assieme a Telegram, Whatsapp e altri social come Facebook e Tik Tok.
Il Bilancio della società nel 2020 ha registrato un utile di 322 milioni di dollari mentre nel 2019 aveva un passivo di 30 milioni. Il fatturato è pari a 1,14 miliardi di dollari solo nell’anno passato e i volumi di scambi si aggirano attorno ai 200 miliardi di dollari.
Mercoledì 14 aprile, Coinbase sfonda le porte di Wall Street con circa 114,9 milioni di azioni ad un prezzo pari che si aggira intorno ai 380 dollari. La società ha scelto di presentarsi sul mercato con una DPO, Direct Public Offer, organizzando da sola la vendita delle proprie azioni. Per chi è meno avvezzo all’argomento si tratta di una IPO con una quotazione avvenuta tramite direct listing ma che non prevede la vendita di azioni prima degli scambi e che non vede l’intercessione di banche d’affari o altre tipologie di intermediari.
La quotazione potrebbe portare Coinbase ad una valutazione pari a 100 miliardi di dollari.
Jerome Powell non si fida delle criptovalute poiché rappresenterebbero dei veicoli per la speculazione che non vengono utilizzati attivamente come pagamenti. Lo stesso presidente della FED ha addirittura paragonato questi strumenti all’oro affermando come segue: “Per migliaia di anni, gli esseri umani hanno dato all’oro un valore speciale che non ha come metallo industriale”. Anche Janet Yellen, predecessore di Powell alla FED ed ora Segretario al Tesoro ha confermato le parole del suo successore affermando che i Bitcoin non sono altro che una risorsa altamente speculativa, non utilizzata come modalità di trasmissione della politica monetaria e con cui è difficile portare a termine transazioni.
Ma nonostante la volatilità e i rischi, oltre a rappresentare una semplice alternativa per sfuggire alla recessione sembra destinata a diventare una rivale delle monete tradizionali.
Ricordiamo che il Bitcoin, nel 2013, valeva appena 15 dollari, a dicembre 2017 il suo prezzo era di 20 mila fino a giungere quota 63 mila qualche giorno fa.
Così per le monete “classiche” possiamo affermare che ne esiste un numero limitato. Ad esempio per quanto riguarda i Bitcoin, non possono esserne prodotti più di 21 milioni. Questo è dovuto dal dispendio di energia elettrica e l’utilizzo di hardware che necessitano sempre più di corrente.
Nonostante il fattore ambientale, però, la moneta digitale sta prendendo piede anche nelle banche centrali. Di fatti, la Cina si è fatta pioniere dello studio e la sperimentazione di monete digitali dando vita allo e-yuan, monete digitale realizzata dalla Banca Centrale.
L’obiettivo di Pechino è quello di posizionare questa moneta sfidando a viso aperto l’economia degli Stati Uniti. Questo permetterebbe di rafforzare il potere della Banca Centrale controllando maggiormente le nuove politiche monetarie, portando questa nuova moneta a rappresentare un nuovo standard di pagamento internazionale. Così facendo si potrebbe aggirare il sistema di credito globale basato sulle banche, organizzando quindi pagamenti diretti e contrastando la possibilità che gli USA possano fare pressioni attraverso sanzioni.
Sia la BCE che la FED comunque, nonostante le remore precedentemente descritte, si dicono entusiasta all’idea di creare una moneta unica digitale per le corrispettive banche centrali. In particolare, Janet Yellen ha affermato che queste tecnologie porterebbero diversi vantaggi come ad esempio pagamenti elettronici rapidi, sicuri e a basso costo. Un beneficio in termini di inclusione ma che per essere efficace deve essere soggetto sulle regolamentazioni. Ma, come detto precedentemente, al momento rappresento occasioni per gli speculatori.
Lo stesso Armstrong, CEO di Coinbase, ha affermato che “ Questa sfida non riguarda solo noi ma tutte le società incredibili che stanno nascendo e che stanno permettendo alla cripto economia di creare una nuova economia”.
Insomma, la sfida tecnologica non passa solo dalla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione ma pare possa avere delle grosse implementazioni anche nelle politiche economiche e nella Geopolitica. Se sia la scelta giusta o sbagliata può dirlo solo il tempo ma il consiglio che vivamente cerchiamo di dare agli investitori è quello di stare sempre sul pezzo. Le occasioni arrivano da un momento all’altro e come afferma un vecchio detto “chi dorme non piglia pesci”. Ed in questi casi i pesci che si possono prendere sono molto grandi!