Lo scorso venerdì 24 settembre la valuta digitale Bitcoin ha subito un crollo del 10,30% su base giornaliera. Si tratta della più grande perdita percentuale dal 7 settembre. Partendo da un valore di $45.000 e andando a ritoccare il livello di $40.700, ha raggiunto una soglia che non si vedeva dai primi di agosto. In questo modo il Bitcoin ha subito un calo di capitalizzazione da $1.184,9B a $800,9B. Il tutto è accaduto in seguito all’annuncio da parte della Cina: il bitcoin “è illegale”. Si legge, infatti, sul sito della Banca Centrale Cinese (PBOC) che le monete digitali, tra cui anche Bitcoin, sono valute “non legali e non possono essere circolate sul mercato“.
Il calo del Bitcoin è stato affiancato da quello di altre monete digitali: Ether, EOS, Litecoin e Dash sono scese di oltre il 10%. Si è verificato un duro colpo anche per i titoli legati alle criptovalute: Marathon Digital Holdings Inc. in calo del 6,6%, mentre MicroStrategy Inc. ha perso il 5,8%.
Da quanto emerso dalle dichiarazioni presenti sul sito Web della Banca Centrale Cinese, l’obiettivo è quello di sradicare il mining di criptovalute e reprimere la loro ascesa. Tutto questo mostrando il pugno duro contro rischi di frode, riciclaggio di denaro e consumo eccessivo di energia. A luglio, non a caso, la Cina ha promesso di attuare una forte pressione normativa sul commercio e sulla speculazione di criptovalute. Non a caso, molti miner, costretti a interrompere le loro operazioni sul territorio cinese, si stanno trasferendo all’estero. Si trasferiscono verso Paesi come il Nebraska, la Georgia, il Texas o il Canada. Probabilmente le criptovalute, in futuro, raggiungeranno le frontiere della Russia, del Kazakistan, degli Stati Uniti.
David Tawil, il presidente e co-fondatore di ProChain Capital, un fondo di criptovalute a New York, ha cercato d’interpretare la repressione contro le monete virtuali attuata dalla PBOC. Ha affermato che “la Cina sta affrontando alcune sfide sistematiche fiscali in questo momento, tra cui criptovalute, Evergrande, alloggi, rallentamento economico“.
Negli ultimi anni, le truffe finanziarie, che coinvolgono la raccolta di fondi illegali mediante scambio di criptovalute, si sono particolarmente diffuse in Cina. Si tratta delle ICO, uno degli strumenti più usati per le frodi fiscali e gli schemi piramidali. L’abbreviazione ICO sta per Initial coin oiffering (offerta di valuta iniziale), usate dalle start-up per evitare le regolamentazioni di raccolta fondi e sfruttare il sistema di blockchain. Le autorità finanziare, anche in Cina, hanno perso il controllo delle ICO. Dall’inizio del 2017 sono stati raccolti oltre 1,8 miliardi di dollari in 135 ICO. Per questo, la Banca Centrale Cinese ha provveduto a definirle “una forma di finanziamento pubblico illegale non approvato“.
Molti analisti stanno accostando la decisione presa dalla Banca Centrale Cinese al default della società Evergrande Group. Evergrande Group è per vendite la seconda azienda di sviluppo immobiliare in Cina. Dopo esseri espansa rapidamente, durante il boom dell’economia cinese, ora è inondata da un grave debito di $ 300 miliardi. Impegnandosi, in qualche modo, a pagare i suoi fornitori, ha avvertito tutti gli investitori di non riuscire a essere in regola con i pagamenti.
Le azioni quotate a Hong Kong di Evergrande sono crollate di quasi il 90% da luglio 2020. Il rischio di un potenziale fallimento potrebbe causare danni oltre che all’economia cinese anche negli altri mercati. La situazione inizia a preoccupare banche, investitori, fornitori, oltre che acquirenti di case. Motivo per cui, temendo una grave fuga di capitali e un default economico, il governo cinese ha agito inasprendo la repressione, già avviata, contro le criptovalute. Di fronte alle criticità del mercato cinese il resto del mondo non è rimasto a guardare, la Banca Centrale Europea sta monitorando la situazione. Tuttavia, la presidente Christine Lagarde ha dichiarato che “l’esposizione diretta dell’eurozona verso Evergrande sarebbe limitata“.