CoP26: La politica “green” che fa bene al mondo
Il 2021 può essere considerato l’anno della lotta al cambiamento climatico. Vari sono stati gli eventi che hanno visto come protagonista una tavola rotonda con attorno i leader di quasi tutte le potenze mondiali, uniti per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015. Ultimo evento in ordine di tempo è la CoP26 in occasione della quale, Joe Biden e Xi Jinping si incontreranno da remoto la settimana prossima. La Cina, infatti, ha dimostrato di voler collaborare alla lotta al cambiamento climatico con gli altri Paesi, in particolar modo con gli USA. Volontà del tutto inaspettata se si considerano le ripetute rappresaglie durante l’amministrazione Trump ma anche indispensabile per dare una svolta positiva al problema dell’inquinamento ambientale.
Cosa è la CoP26
Prevista per il 2020, la CoP26 ossia la Conferenze delle Parti, era stata annullata causa pandemia da Covid-19. Ma se da una parte il coronavirus ha chiuso il mondo in una bolla di solitudine e di cantate dal balcone, dall’altra ha ridotto temporaneamente i livelli di inquinamento.
È per questo motivo che l’ONU ha deciso di riorganizzare la CoP26 nel 2021, riunendo quasi tutti i Paesi della terra a Glasgow. I leader attesi in Scozia sono quasi 200 ai quali si uniranno i negoziatori, le imprese, i cittadini ed i rappresentanti di governo. La CoP26 non sarà una passeggiata come non lo fu la CoP21 che si tenne a Parigi nel 2015.
Durante la CoP21 tutti i Paesi decisero di collaborare per ridurre l’aumento di temperatura e di adottare le fonti utili per raggiungere tale obiettivo. La deadline era stata messa a cinque anni e, alla scadenza del quinto, i Paesi avrebbero dovuto unirsi per presentare un piano aggiornato.
CoP26: obiettivi ed impatto sull’economia mondiale
E’ scontato sottolineare che gli effetti dell’inquinamento hanno impatto non soltanto sul clima ma anche sull’economia.
Partiamo da questo presupposto: si stima che il PIL potrebbe subire una riduzione pari al 4% annuo entro il 2050 e pari all’8% annuo entro il 2100; in Italia le perdite si stimano intorno al 2-4% entro il 2050 e tra il 3,8-5% entro il 2100. Come mai? I potenziali impatti climatici renderebbero il Bel Paese meta meno ambita; ad esempio, in inverno non essendoci più il manto nevoso tanto apprezzato, i nostri stabilimenti sciistici ne potrebbero risentire.
È anche per questo motivo che i leader mondiali hanno stilato una lista di obiettivi chiave per salvare il pianeta. Quello più importante e che da sempre desta preoccupazione è l’elevata emissione di gas serra. Ma come si può ridurre e poi azzerare l’emissione di questi gas? Beh, un primo grande passo potrebbe riguardare l’impiego diffuso delle energie rinnovabili. Oggigiorno quasi tutte le industrie per mettere in moto i macchinari bruciano combustibili fossili quali petrolio e carbone. Il corretto impiego di energie alternative, come l’energia solare, potrebbero apportare enormi benefici nel lungo periodo.
La riduzione della deforestazione è un altro obiettivo da raggiungere, per il quale sono stati stanziati circa 19,2 miliardi di dollari; considerando il ruolo assunto dalle foreste come naturali serbatoi di Co2, se ci privassimo di attenzionare questo punto chiave, a lungo andare, le scorte di ossigeno andrebbero a diminuire. Ricordate la fotosintesi clorofilliana studiata alle scuole elementari? Beh, proprio quella!
Economia globale ad impatto zero: quali i punti da cui partire?
Secondo Alok Sharma, presidente designato della CoP26, senza una finanza adeguata sarebbe impossibile attuare il cambiamento climatico sperato. Questo perché? L’economia è il motore del mondo e potrebbe essere considerata non solo la causa principale dell’inquinamento ma anche la principale macchina fautrice di un miglioramento.
Ma è davvero possibile creare un’economia ad impatto zero che realizzi gli obiettivi dell’Accordo di Parigi ripresi dalla CoP26? Tutto è possibile se e solo se si smobilizzano svariati milioni di dollari grazie soprattutto al ruolo che gli investitori potrebbero ricoprire in ambito finanziario. Un investitore che “presta” denaro ad una società ha un potere decisionale che può spingere la stessa società ad investire nelle energie rinnovabili.
Scope3: per salvaguardare il pianeta occhio agli indicatori
Il maggior contributo che il mondo finanziario potrebbe dare è costituito dallo Scope3. Ma cos’è? Lo Scope3 comprende tutte le emissioni connesse alla mobilità dei dipendenti, all’utilizzo dei beni prodotti e così via. È un indicatore che misura le emissioni indirette di gas serra ricollegate alla catena di approvvigionamento di una società e dei suoi clienti.
Ma non è così semplice utilizzarlo in quanto non è così banale rilevare quante emissioni a valle e a monte ci sono nella filiera produttiva. Facciamo dei piccoli esempi. Prendiamo Apple. Più della metà delle emissioni da Scope3 provengono dai prodotti che si trovano a valle della catena produttiva. In alternativa possiamo attenzionare la società Shell, tra i principali attori nel settore privato dei carburanti. Qui le emissioni provengono necessariamente dal consumatore finale.
Ecco perché le tecnologie verdi stanno prendendo sempre più piede; guidare il consumatore verso un consumo intelligente e sostenibile, tramite ad esempio impianti solari, aiuterebbe a generare bassissime emissioni da Scope3.
ISSB: Nuovo comitato per la definizione degli ESG
In vista della CoP26, gli IFRS (International Financial Reporting Standards) hanno annunciato che a partire dal 2022 ci sarà un nuovo comitato di definizione degli ESG, lo ISSB.
L’ISSB, International Sustainability Standards Boards, produrrà una linea completa di standard informativi ESG connessi con gli IFRS. In questo modo sul mercato finanziario ci saranno informazioni qualitativamente più elevate in ambito di sostenibilità. L’ESG, ossia enviromental, social e governance, ricomprende tutti i criteri di misurazione delle attività ambientali, sociali e di governance di una organizzazione. Non sono altro che un insieme di standard garantiti dalle società per il raggiungimento di risultati ambientali e al contempo economici.
Come diceva l’economista Schumpeter, è grazie al processo di distruzione creativa che si arriva all’utilizzo di modelli di business sostenibili e alla conservazione delle risorse. È un concetto semplice: utilizzando le energie rinnovabili come ad esempio il sole, allo stesso tempo lo “sfruttiamo” e lo salvaguardiamo. In questo modo evitiamo che venga ricoperto da fumi tossici che ne nascondano la maestosità. È così bello vivere in un mondo green, perché rovinarlo?