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Gas: la Russia chiude i rubinetti ed il prezzo decolla

Il gelo è arrivato. E non solo climaticamente. La società statale russa Gazprom ha deciso di chiudere i rubinetti del gasdotto Yamal. Tale gasdotto è considerato una tra le tre vie principali usate per far passare il gas dalla Russia all’Unione Europea, attraverso la Germania e la Polonia. Questa decisione ha fatto schizzare il prezzo del gas alle stelle ma non solo. Ha fomentato ancora di più le tensioni geopolitiche tra il Cremlino ed il nuovo governo tedesco. Tensioni già accentuate sia a causa del dislocamento delle truppe russe al confine dell’Ucraina sia a causa dell’espulsione di due diplomatici russi da parte di Berlino. Ma tornando alla questione “gas”, cosa è successo nello specifico?

Gas, lo stop della Russia

Tra gli anni ’70 e gli anni ’80, la Russia ha scoperto ingenti riserve di gas sia in Siberia che nella regione del Volga. Questa scoperta ha fatto sì che diventasse una tra le maggiori produttrici di gas al mondo. Gazprom è una tra le tre vie principali utilizzate dalla Russia per far passare il gas da un paese all’altro. Dalla fine del 2004 questa società è la sola fornitrice di gas della Bosnia, dell’Estonia, della Finlandia. Fornisce il 97% del gas presente in Bulgaria, l’89% in Ungheria, l’86% in Polonia nonché il 27% in Italia, il 36% in Germania e il 25% in Francia. L’Unione Europea ottiene circa il 25% di fornitura del gas da questa compagnia. Dopo che le consegne sono scese al 6% della capacità nel weekend trascorso, lo stop del flusso di gas da parte di Gazprom è stato certificato dall’operatore di rete tedesco Gascade.

L’impatto negativo sui prezzi

Nonostante Yamal sia il più piccolo tra i gasdotti che portano gas all’UE, il calo ha subito avuto un impatto immediato sui prezzi. E’ stato toccato il massimo storico. Questo perché il gasdotto di Yamal attraversa la Bielorussia e la Polonia per arrivare in Germania. Le spedizioni quotidiane dei gas sono scese da 27milioni di metri cubi di venerdì 17 dicembre a 4,7 milioni di metri cubi di domenica 19 dicembre.

Il benchmark olandese TTF ha subito un aumento del 25,6% a 185 Euro per Megawattora mentre quello inglese del 23,2% a 466 sterline per British Termal Unit. Ad oggi, in Europa, il prezzo più alto del gas lo ha raggiunto la Francia arrivando ad Euro 442,88 per MWh. Giornalmente è aumentato del 15%. Francia che viene subito seguita dall’Austria con Euro 434,34 per Mwh e la Polonia con Euro 344 euro per Mwh.

Gas, ma di chi sono le “colpe”?

Questo sicuramente è uno scenario che non migliorerà nel 2022. All’accozzaglia di tensioni già esistenti tra Russia e Germania, si è unita la tensione politica sul Nord Stream 2 e sul confine ucraino. Dal lato suo il Cremlino, nega qualsiasi connessione con la chiusura del passaggio del gas. Ma è da un po’ di tempo che Russia e Gazprom sono accusate di creare criticità sul mercato del gas diretto in Europa sia a causa delle politiche sull’Ucraina sia per i ritardi nell’ottenere la certificazione del gasdotto Nord Stream 2.

Progetto Nord-Stream 2

Con l’avvio del gasdotto Nord-Stream 2, la Russia mira al raddoppio del gasdotto Nord-Stream già presente dal 2012. Essendo entrambi gasdotti costruiti sul fondale marino (in termini tecnici “gasdotti offshore”) collegano il Paese teutonico con il Cremlino attraverso il Mar Baltico. Il Nord- Stream 2 è stato terminato a settembre 2021 ma non ha ancora ricevuto l’approvazione della “Bundesnetzagentur” che in Germania è l’agenzia federale che si occupa della rete elettrica e del gas. Questo perché in Europa le compagnie che producono e trasportano gas devono essere separate. Ciò però non avviene per il nuovo gasdotto che sbuca a pochi passi dal Nord-Stream. Inoltre, serve l’approvazione della Commissione Europea. Ma non ci sono blocchi solamente burocratici. Dal punto di vista politico, dare l’ok all’apertura di un nuovo gasdotto russo porterebbe l’Europa a dover dipendere eccessivamente dal paese degli zar.

Ecco perché la posizione del governo tedesco non è delle più facili. E’ in corso una crisi energetica che rende difficile lo staccarsi dalla Russia nonostante i problemi politici e burocratici per l’attivazione del nuovo gasdotto. Russia e Cina ovviamente non stanno lì a guardare. È in atto un nuovo progetto, denominato Power of Siberia 2. Questo progetto prevede la formazione di un mega gasdotto che attraverso la Mongolia potrebbe fornire alla Cina fino a 50 miliardi di metri cubi di metano russo all’anno. Ciò porterebbe entrambi i Paesi a proteggersi dalle tensioni con l’Occidente. Ma cosa potrebbe succedere se all’improvviso in Europa si bloccasse l’afflusso del gas? Fantascienza? Non proprio. Si creerebbero dei colli di bottiglia che congestionando la rete bloccherebbero l’approvvigionamento del gas per molte nazioni. L’Europa non può pensare ad un simile scenario e noi non possiamo permetterci un ritorno all’era Flintstones… o forse sì?

Published by
Maria Francesca Malinconico