Con ben 2 anni d’anticipo rispetto alle aspettative, la Grecia rimborserà l’ultima tranche del prestito che ha ottenuto nel 2010 dal Fondo Monetario Internazionale per far fronte alla crisi del debito pubblico che l’ha vista tra i protagonisti a partire dal 2009. Lo ha annunciato a Reuters il ministro delle finanze ellenico, Christos Staikouras:
La Grecia ha ufficialmente presentato la richiesta di rimborsare completamente il debito Fmi da ripagare. Si è seguita la corretta procedura e si prevede di completare l’operazione entro fine marzo.
Nonostante vi sia stato un aumento della spesa pubblica per contrastare la crisi sanitaria da Covid 19, la patria di Socrate potrebbe tornare ad avere nel 2023 anche un avanzo primario “realistico” grazie alle entrate sempre più in crescente aumento. Lo stesso Staikouras spiega che:
La Grecia segue una strategia prudente e responsabile nella gestione dei conti pubblici e delle emissioni in modo da limitare le conseguenze del fatto che, nonostante le promozioni di rating degli ultimi due anni, non è ancora tornata a livello ‘investment grade.
Attualmente ha ancora un debito aperto pari ad Euro 1,9 miliardi nei confronti del FMI ma è già dal 2018 che riesce a rimborsare le tranche in modo anticipato. Atene però continua ad essere il paese della zona euro più indebitato infatti sul 2022 si ha una stima debito/PIL pari al 189,6% ma la restituzione anticipata del prestito non solo potrebbe portare ad una riduzione dell’1% ma anche ad un risparmio della spesa per interessi pari a 50 milioni di euro. Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire come mai la Grecia è giunta a dover chiedere un prestito al Fondo Monetario Internazionale per sanare il suo debito pubblico.
Come ogni storia che si rispetti, anche quella del debito pubblico greco ha delle tappe e delle date ben precise. Cerchiamo quindi di analizzarle in modo coerente dal punto di vista cronologico.
Tutto ha inizio con l’insediamento al governo del primo ministro George Papandreou, esponente del movimento socialista panellenico. Il primo ministro, dopo attente analisi, rivela che i governi precedenti, pur di entrare nell’area euro, hanno falsificato i dati di bilancio dei conti pubblici. Infatti, nel 2009 in Grecia il debito pubblico è pari al 12,7% e cioè più del doppio di quanto dichiarato. L’economia greca è ufficialmente al collasso. Nonostante il governo greco cerchi in tutti i modi di correre ai ripari con piani di privatizzazione ed il congelamento degli stipendi statali, le previsioni del debito pubblico sfiorano il 15% e le agenzie di rating declassano il debito greco.
Passa un anno e la Grecia si ritrova a dover fronteggiare un debito pubblico pari ad Euro 350 miliardi circa. Dato che i titoli sono stati declassati, non può far altro che pensare di uscire dalla zona euro. È in questo momento che entrano in scena l’Europa ed il Fondo Monetario Internazionale con un prestito di Euro 110 miliardi in 3 anni per scongiurare l’insolvenza dei pagamenti. Ma questo prestito è subordinato ad un piano di austerità che porta a scioperi e ad episodi violenti nel capoluogo ellenico, prevedendo un aumento delle tasse ed un taglio delle pensioni e dei salari.
Nonostante ciò, la Grecia non accenna a riprendersi anzi la disoccupazione raggiunge quasi il 16%. È in questo contesto che inizia ad prendere piede il troika, un ente informale di controllo costituito dalla BCE, dal FMI e dall’UE, che da’ vita al fondo salva stati. E’ nel febbraio del 2012 che viene approvato il secondo pacchetto di aiuti, che dovrebbe esaurirsi nel 2014 ma che viene prorogato fino al 2015. E’ un pacchetto che prevede una manovra definita haircut in quanto riduce del 50% il valore nominale del titoli greci detenuti dai privati.
Dopo anni di recessione, verso la fine del 2014 l’economia greca sembra avere una lieve ripresa pari allo 0,7% sul PIL ma le condizioni di vita delle popolazioni continuano ad essere dure. E’ in questo contesto che vince le elezioni Alexis Tsipras, esponente della coalizione radicale di sinistra Syriza. Il 30 giugno 2015 la Grecia non rimborsa una rata da Euro 1,6 miliardi al FMI in quanto senza fondi e viene indotto un referendum con il quale si chiama la popolazione a rispondere se accettare o rifiutare le proposte di ristrutturazione del debito pubblico da parte dei creditori. Il 62% della popolazione ellenica risponde “no”. Nonostante ciò, tra il 12 ed il 13 luglio 2015 l’Eurozona da’ il via libero al terzo piano di aiuti alla Grecia con circa Euro 86 miliardi, per un totale pari ad Euro 326 miliardi.
In questi anni, dal punto di vista finanziario, la salute del paese ellenico sembra migliorare avendo messo in atto 95 delle 110 riforme prevista dalla Troika. Dal punto di vista sociale invece, è tutto un disastro. Il tasso di disoccupazione nel 2017 è pari al 21% infatti mezzo milione di persone è emigrato all’estero, mandando in fumo circa un terzo del PIL. Ma nella notte del 22 giugno 2018 la Grecia viene promossa e ciò comporta lo sblocco dell’ultima tranche di prestito, pari a 15 miliardi di euro, che porta il paese ellenico ad essere autosufficiente. La troika decide anche di posticipare la scadenza del rimborso dal 2022 al 2032. La data ufficiale della fine del commissariamento è fissata per il 20 agosto.
Secondo Moody’s nel 2022 si prevede una incoraggiante seppur modesta riduzione del debito grazie alla crescita economica ed al ritiro delle misure di sostegno legate alla pandemia. La Grecia vedrà il suo debito scendere del 10,1% superando leggermente il PIL del 2019. Secondo UBS la Grecia nei prossimi anni mostrerà una crescita maggiore rispetto agli altri paesi europei grazie ai fondi del Recovery Fund e ad un aumento dell’occupazione stimata intorno al 3%. Inoltre, le 4 maggiori banche greche, Alpha Bank, Eurobank, National Bank e Pireo sono attese da cartolarizzazioni e da cessioni dei prestiti cosiddetti “rossi”. Secondo JP Morgan lo spread greco potrebbe scendere dai 135 punti di oggi ai 105 previsti per la fine dell’anno ed anche la Commissione Europe da’ fiducia alla Grecia! Sarà, questo 2022, l’inizio del ritorno agli antichi splendori per la culla della civiltà odierna?