Il regime fiscale per un investimento ben ponderato
Sono molti gli aspetti da considerare quando si effettua un investimento finanziario: valutazione del rischio, rendimenti, durata della transazione e la tassazione. Quest’ultimo aspetto, in particolare, può avere un forte impatto sull’attrattiva di un investimento e deve quindi essere considerato con attenzione. Si può scegliere tra tre tipi di regime fiscale: amministrato, gestito e dichiarativo. Questi si applicano in determinati momenti e a determinate tipologie di reddito. Si noti che la scelta di uno di questi tre sistemi si applica alle persone residenti in Italia non in esercizio d’impresa.
Tipi di redditi
I redditi da capitale (interessi e dividendi) sono tassati con un’aliquota d’imposta sostitutiva del 26% con principio di cassa, al lordo delle spese, ad eccezione dei redditi derivanti da:
- Titoli di Stato, depositi postali e interessi sui project bond (12,5%);
- PIR (esente se detenuto da 5 anni);
- Società qualificata detenuta dal titolare del reddito d’impresa;
- Partecipazioni in Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio se la partecipazione supera il 5% (soggette a imposta Irpef).
I redditi diversi comprendono le plusvalenze e i proventi da strumenti derivati e sono tassati per cassa nel caso dei piani di risparmio gestito e della dichiarazione, mentre sono tassati per competenza nel caso dei piani di risparmio gestito: Sono tassati al 26% (12,5% per i titoli di Stato); le perdite in conto capitale possono essere dedotte per determinare la base imponibile.
Quando viene applicata la tassazione?
La tassazione per cassa (sui proventi della partecipazione a strumenti finanziari) è dovuta al momento dell’effettivo realizzo (liquidazione delle azioni o distribuzione dei proventi). La base imponibile è la differenza tra il valore realizzato e il costo di acquisizione.
La tassazione per competenza si riferisce alle plusvalenze maturate ma non ancora realizzate, tenendo conto dell’anno fiscale, ossia dell’incremento del patrimonio netto durante tale periodo. Se il risultato dell’attività è negativo, si genera una perdita di capitale che può essere dedotta nei quattro anni successivi.
Il regime fiscale dichiarativo
Ci sono molte differenze tra un regime di risparmio gestito, un regime amministrato e un regime fiscale dichiarativo: ad esempio, il metodo di calcolo della base imponibile. Ma anche le modalità e i tempi di tassazione. Tuttavia, il regime dichiarativo ha una caratteristica che lo distingue fondamentalmente dagli altri due regimi e lo rende il meno utilizzato dei tre. L’investitore che opta per il regime dichiarativo ha di fatto il pieno controllo sulla decisione di acquisto e deve anche adempiere a tutti gli obblighi fiscali dichiarando le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dall’investimento nella propria dichiarazione dei redditi. Questa soluzione richiede una certa esperienza da parte degli investitori e viene quindi spesso abbandonata a favore del risparmio gestito o amministrato.
Il regime fiscale del risparmio gestito
Nel sistema di risparmio gestito l’investitore delega la gestione del portafoglio e gli obblighi fiscali a un intermediario autorizzato. Con questo metodo, il cliente, sollevato da tutti i compiti di gestione e amministrazione degli investimenti, riceve alla fine dell’anno un risultato a cui sono già state aggiunte le imposte e i costi amministrativi.
L’aspetto positivo per chi si affida al risparmio gestito è la possibilità di compensare le componenti negative (perdite in conto capitale) con componenti positive, che possono essere non solo plusvalenze ma anche redditi da investimento o di altro tipo. Se il risultato dell’anno è negativo, è possibile riportare la perdita al quarto periodo d’imposta e ridurre così la base imponibile.
Il regime fiscale del risparmio amministrato
Gli investitori che scelgono il risparmio amministrato possono ottenere notevoli vantaggi fiscali, finanziari e burocratici. In questo modo, l’investitore è sollevato da compiti onerosi, garantendo la massima protezione della privacy e l’anonimato. Per quanto riguarda la tassazione, questa avverrà al momento della vendita degli strumenti detenuti separatamente. Inoltre, come nel caso del risparmio gestito, le perdite possono essere riportate al quarto periodo d’imposta e le minusvalenze possono essere compensate. Tuttavia, a differenza di quanto avviene nel caso del risparmio gestito, la compensazione può avvenire solo a fronte di redditi finanziari diversi e solo se la plusvalenza è successiva alla minusvalenza.
Risparmio gestito o amministrato?
Si sente spesso parlare di risparmio gestito e amministrato. Sebbene sempre più risparmiatori e famiglie investano in questo settore, le differenze tra questi due tipi di investimento non sono sempre chiare.
Il segmento del risparmio gestito, che comprende strumenti semplici e a basso rischio come i fondi comuni d’investimento del mercato monetario o strumenti più complessi come i prodotti assicurativi multisettoriali (che combinano le tradizionali assicurazioni sulla vita con le garanzie finanziarie delle imprese e le polizze unit-linked), consente alle famiglie di soddisfare diverse esigenze, come il risparmio per la pensione o l’acquisto di protezione dai rischi.
Nel caso del risparmio amministrato, invece, l’investitore affida il proprio denaro a un intermediario attraverso un contratto di custodia e gestione, ma non affida all’intermediario la gestione dei propri risparmi.
In questo caso, è ancora il risparmiatore a scegliere l’investimento, ma l’intermediario funge da esattore fiscale e si assume l’obbligo di pagare le tasse sui risparmi. In particolare, l’investitore delega all’intermediario l’adempimento di tutti gli obblighi fiscali; l’intermediario calcola l’imposta dovuta su ogni transazione e la versa alle autorità fiscali secondo l’aliquota applicabile, garantendo così il completo anonimato dell’investitore.
Gli intermediari ammessi al regime del “risparmio gestito” sono, ad esempio, le banche, gli intermediari mobiliari (SIM), le società di gestione del risparmio (AMC), le società fiduciarie o le stabili organizzazioni di banche e imprese di investimento non residenti situate nel territorio interessato.
In generale, sia il risparmio gestito che quello amministrato sollevano il contribuente dall’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi e dall’onere di pagare le imposte sui redditi “diversi” derivanti da strumenti di investimento finanziario dal punto di vista fiscale.
In sostanza, sia il gestito che l’amministrato consentono all’intermediario finanziario di rinviare gli obblighi relativi alla determinazione del reddito di natura finanziaria e di assolvere l’imposta sostitutiva dovuta dal contribuente. Infine, va chiarito che possono optare per il regime amministrato o gestito i soggetti Irpef non esercenti attività artistiche e professionali, d’impresa o di lavoro dipendente, i soggetti Ires non titolari di reddito d’impresa e i soggetti non residenti che conseguono redditi di capitale in Italia.
Risparmio amministrato o della dichiarazione?
Risparmio amministrato:
- Le singole plusvalenze realizzate al momento del realizzo sono tassate e pagate immediatamente dall’intermediario. Si riceve l’imposta detratta dal conto.
- Non bisogna preoccuparsi di calcolare le plusvalenze e le minusvalenze o di pagare le tasse.
- Non sempre è possibile compensare efficacemente le minusvalenze e le plusvalenze. Quindi si rischia di dover pagare anche in caso di perdita di capitale.
- Tutti i calcoli sono effettuati da un intermediario che agisce come agente di ritenuta.
- Il calcolo delle plusvalenze imponibili avviene con il metodo del costo medio ponderato.
- Le plusvalenze negative possono essere compensate con future plusvalenze per un periodo di quattro anni.
Regime della dichiarazione:
- La tassazione avviene annualmente, in dichiarazione dei redditi, nell’anno successivo a quello di realizzo.
- Si riceve l’intero ammontare dei proventi, incluse le eventuali imposte.
- Bisogna rivolgersi ad un dottore Commercialista per il calcolo di plus e minus e per tutti gli adempimenti fiscali (dichiarazione dei redditi).
- Si possono compensare durante l’anno minus e plusvalenze realizzate.
- Si pagano le imposte l’anno successivo.
- La gestione delle operazioni di calcolo è a carico del contribuente, spesso si rivela complessa, e richiede costi per trasformare le transazioni in dati utili per la dichiarazione dei redditi, oltre ai costi del professionista.
- Il calcolo delle plusvalenze da assoggettare a tassazione con il metodo LIFO (Last In First Out = Ultimo ad entrare, primo ad uscire).
- C’è la possibilità di compensazione delle plusvalenze con le minusvalenze e di riportare a nuovo le minusvalenze eccedenti, compensabili con plusvalenze successive entro 4 anni.
- C’è l’obbligo di monitoraggio fiscale in dichiarazione dei redditi e perdita dell’anonimato