Salario minimo, è arrivato l’ok dall’Europa
È da giorni che non si parla altro che di “salario minimo”. Ma cosa comporterà l’accordo preso tra i vertici europei e soprattutto che impatto avrà sul mondo del lavoro italiano?
Salario minimo, siamo giunti all’accordo
Dopo una notte di trattative tra il Consiglio Europeo, il Parlamento Europeo e la Commissione UE, finalmente l’Europa ha trovato una intesa sul salario minimo. Attenzione però. Questo non sancisce l’obbligo da parte dei Paesi dell’Unione Europea a garantire un minimo salariale oltre il quale non è possibile stipulare un eventuale accordo di lavoro. Con questo accordo semplicemente sono state introdotte delle procedure atte a far sì che il salario “minimo” sia adeguato al lavoro che un determinato lavoratore si accinge a svolgere. La direttiva dovrà essere recepita dagli stati membri entro due anni. Secondo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen:
Le nuove regole proteggeranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro sia pagato.
L’Unione Europea è completamente d’accordo sull’attuazione di norme che lo regolino.
Nessuno dovrebbe essere in povertà se lavora e questo è lo strumento giusto per fare in modo che nel lavoro la povertà dovrebbe essere qualcosa che appartiene al passato.
Sono le parole di Nicolas Schmit, commissario UE del lavoro.
Cosa prevede il documento redatto dalla Commissione Europea?
Sono tre i punti toccati. Primo fra tutti l’assicurarsi che i salari minimi siano adeguati in tutti i paesi europei. Ma come si fa a definire se un salario sia adeguato o meno? Per garantirne l’adeguatezza bisogna mettere su un sistema di governance atto ad aggiornare, periodicamente, il salario minimo. Nella conferenza stampa avutasi il 7 giugno, il Commissario europeo per il lavoro ha fatto riferimento al 60% del salario mediano, preso indicativamente come esempio.
Altro punto fondamentale toccato è l’aumento della copertura della contrattazione collettiva. Studi dimostrano che laddove c’è una copertura maggiore, il numero di lavoratori a basso reddito si riduce. Dunque, salario minimo e contrattazione collettiva dovrebbero essere due facce della stessa medaglia. Ovviamente non è stata inserita la clausola che debba essere applicato a tutti i lavoratori. C’è da dire che nei paesi del nord una fetta della popolazione lavoratrice è esclusa dalla contrattazione collettiva perché non fa parte di alcun sindacato.
Il salario minimo in Italia e negli altri Paesi europei
Con l’introduzione del salario minimo, in Italia si riaccende un dibattito di cui già si è ampiamente discusso ai tempi di Brunetta presidente. Partiamo dalle base. Il salario minimo è quella soglia minima di stipendio definita in base all’orario lavorativo e sotto la quale non è possibile scendere. I sindacati non possono modificarla e neanche il datore di lavoro a meno che non voglia incorrere in sanzioni. L’Italia negli ultimi anni ha visto una diminuzione dei salari vertiginosa nonostante i contratti collettivi nazionali firmati tra i rappresentanti dei lavoratori ed i datori siano quasi 1000, garantendo dunque una copertura dell’80% dei lavoratori.
Questi accordi però perdono acqua da tutte le parti e permettono l’applicazione dei contratti cosiddetti “pirata” stipulati per pagare di meno i lavoratori. Con l’introduzione del salario minimo, chiesta già in passato da personaggi quali Matteo Renzi e Nicola Zingaretti, la situazione potrebbe cambiare. Si garantirebbe una retribuzione giusta senza differenza tra settore e posizione, riducendo così la disuguaglianza. Ma ovviamente questa scelta non trova il favore dei datori di lavori e dei sindacati. I primi perché temono che l’aumento del prezzo sul mercato possa mettere le loro aziende fuori dal mercato estero ed i secondi perché hanno paura di non essere più coinvolti nelle contrattazioni tra lavoratori e datori. Uno degli effetti concreti dell’introduzione del salario minimo, è l’aumento della retribuzione per i lavoratori.
Oltre all’Italia sono cinque i paesi europei in cui non c’è il salario minimo ossia: Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia.
In Germania il salario minimo è stato introdotto nel 2015 durante il governo di Angela Merkel. Fissato ad euro 8,5 all’ora adesso ha raggiunto i 12 euro all’ora. In Francia invece il salario minimo esiste fin dagli anni Settanta regalato dello Smic, il salaire minimun interprofessionnel de croissance. La soglia non è fissa ma periodicamente viene calcolata attraverso un meccanismo automatico. Dal salario minimo in Francia sono esclusi solamente i lavoratori autonomi e quelli parasubordinati.