L’equity crowdfunding è una forma di investimento che consente agli investitori di finanziare start-up innovative e PMI (innovative o meno) attraverso portali online autorizzati, apportando contributi finanziari in cambio di azioni delle società. Nel 2021, l’UE ha adottato un regolamento che consente il crowdfunding transfrontaliero, ma ad oggi l’Italia non ha ancora designato un’autorità competente per definire i dettagli di attuazione.
L’equity crowdfunding è una forma di raccolta fondi relativamente nuova: in Italia è stato regolamentato nel 2013. Il nostro Paese è stato il primo in Europa (e in linea di massima in tutto il mondo, visto che esisteva già negli Stati Uniti, ma con forti restrizioni) a introdurre questo tipo di regolamentazione con una legge e un successivo regolamento. A prima vista, tuttavia, il crowdfunding non ha preso piede, soprattutto perché la normativa era considerata troppo restrittiva dal settore. Da allora, il regolamento è stato modificato più volte, favorendo gli investimenti. Oggi il mercato continua a crescere. Al 30 giugno 2018, l’equity crowdfunding ammontava a 33,3 milioni di euro, di cui 20,9 milioni di euro raccolti solo lo scorso anno, più del triplo rispetto all’anno precedente.
Investire in società attraverso l’equity crowdfunding significa scommettere su aziende che si ritiene abbiano il potenziale per crescere e affermarsi sul mercato. Si investe denaro e in cambio si riceve una quota del loro capitale, cioè si diventa azionisti. Se la società in cui investite ha successo, le azioni che possedete valgono più di quanto le avete pagate e potete venderle per ottenere un profitto o scegliere di ricevere i dividendi. D’altra parte, come per molte start-up, se l’azienda non ha successo, si rischia di perdere tutto o almeno parte dell’investimento. Tenete sempre presente che si tratta di un investimento ad alto rischio.
Dal gennaio dello scorso anno, un’importante innovazione nell’equity crowdfunding è stata l’apertura del mercato a tutte le PMI, non solo alle start-up e alle PMI innovative. La legge inizialmente prevedeva l’utilizzo di questa modalità di finanziamento solo per le start-up, ma nel corso degli anni è nata l’esigenza di estenderla prima alle PMI innovative (categoria di imprese contemplata dalla normativa del 2015) e poi a tutte le PMI. In Italia le PMI, cioè le imprese con meno di 250 dipendenti, sono circa 760.000 (il 76% del totale delle imprese, pari a 996.000) e crescono a un tasso medio del 5,6% annuo (dati MarketWatch PMI, Banc Ifis Impresa). Il gruppo target di investitori in crowdfunding è quindi potenzialmente molto ampio.
L’Italia è stato il primo Paese al mondo a organizzare la fornitura di capitale di rischio per le start-up innovative e successivamente ha esteso questa possibilità alle PMI non innovative. Questa possibilità è diventata realtà ed è finalmente entrata in vigore con il DL 50/2017. La normativa e il quadro giuridico italiano risalgono al 2013 e sono contenuti in un regolamento intitolato “Raccolta di capitali di rischio attraverso portali online da parte di imprese e start-up innovative”, che si compone di 25 articoli. Si tratta di un insieme di norme emanate dalla Commissione Nazionale per le Società e le Borse (Consob), una “filiale” del Decreto “Crescita”, DL 179/2012.
L’Unione Europea ha deciso di consentire alle piattaforme di crowdfunding rivolte alle imprese di ottenere un passaporto europeo, permettendo loro di raccogliere fondi pubblici e di finanziare le imprese in tutti gli Stati membri dell’UE.
Il 10 novembre 2021 è entrato in vigore il nuovo Regolamento UE 2020/1503 sui fornitori europei di crowdfunding per le imprese. Inoltre, sostiene gli investimenti e i finanziamenti transfrontalieri offrendo l’opportunità di armonizzare le diverse norme tra i Paesi.
Purtroppo, non è stata ancora designata un’autorità competente per lo sviluppo di standard tecnici per l’attuazione del Regolamento UE.