Space Economy: la nuova frontiera economica
La Space Economy rappresenta un comparto produttivo e finanziario di sviluppo dell’economia mondiale dei prossimi decenni. Oltre che orientato alla creazione e all’impiego di beni e di servizi nell’ambito dello spazio.
Un’economia dello spazio (o economia spaziale) esiste fin dall’alba dell’era spaziale, degli anni ‘60. L’origine della Space Economy, infatti, coincide con la cosiddetta era spaziale formalmente fatta coincidere con il lancio del satellite sovietico Sputnick 1, nel 1957. Oggi questa realtà si è evoluta. Per la prima volta nella storia, le iniziative pubbliche nello spazio condividono sempre più la scena con le priorità private e, soprattutto, con il capitale del settore privato.
I programmi spaziali gestiti dai governi si concentrano tendenzialmente sulle attività spazio-terra, come la sicurezza nazionale, la scienza di base e l’orgoglio nazionale. Questo poiché le spese pubbliche devono essere giustificate come a beneficio per i cittadini – (quasi) tutti sulla Terra. L’economia spazio-vs-terra comprende le infrastrutture di telecomunicazione e internet, le capacità di osservazione della terra, i satelliti per la sicurezza nazionale e altro ancora.
Nel 2019, il 95% dei 366 miliardi di dollari di entrate stimate del settore spaziale provenivano dall’economia spazio-vs-terra: cioè, beni o servizi prodotti nello spazio per essere utilizzati sulla Terra.
Matt Weinzierl e Mehak Sarang
La forte spinta privata nella Space Economy
Oltre agli investitori tradizionali come Governi, agenzie spaziali, strutture militari, aziende e contractor di settore, oggi anche il settore privato sta puntando alla Space Economy. Da sottolineare, per perseguire i propri interessi e non quelli dello Stato.
Imprenditori come Jeff Bezos ed Elon Musk, hanno spostato la propria attenzione all’industria spaziale con imprese come Blue Origin e SpaceX: nel 2021 hanno reso possibile la realizzazione di 64 viaggi spaziali commerciali, più del doppio rispetto agli anni precedenti.
A questi è seguita la generazione di astropreneurs orientati sempre di più a metodi di design e produzione manifatturiera di natura agile, con cicli di sviluppo rapidi e, soprattutto, hanno puntato a finanziamenti tramite il canale del venture capital. Ulteriore fattore positivo, il settore ha iniziato a registrare una riduzione costante dei costi, sia per quanto riguarda l’hardware spaziale che per quanto riguarda i costi di lancio.
Il primo aspetto ha portato al fenomeno dei micro e nanosatelliti. Strumenti che consentono a start-up, università ed enti di ricerca con relativamente pochi fondi di avviare esperimenti e testare nuove applicazioni. Il secondo aspetto della riduzione dei costi, riguarda ciò che sembrava solo fantascienza, il portare persone e cose in orbita. Oggi possibile grazie ai lanciatori riutilizzabili, come ad esempio il Falcon 9 di SpaceX.
[…]C’è motivo di pensare che potremmo finalmente raggiungere le prime fasi di una vera economia dello spazio per lo spazio. I recenti risultati di SpaceX (in collaborazione con la NASA), così come i prossimi sforzi di Boeing, Blue Origin e Virgin Galactic per portare le persone nello spazio in modo sostenibile e su larga scala, segnano l’apertura di un nuovo capitolo del volo spaziale guidato da aziende private. Queste aziende hanno sia l’intenzione che la capacità di portare i cittadini privati nello spazio come passeggeri, turisti e – eventualmente – coloni, aprendo la porta alle aziende per iniziare a soddisfare la domanda che queste persone creeranno nei prossimi decenni con una serie di beni e servizi spazio-per-spazio.
Matt Weinzierl e Mehak Sarang
Il volume di investimenti della Space Economy
Il mercato globale dell’economia spaziale ha raggiunto una nuova dimensione rilevante in termini di finanziamenti, grazie soprattutto alle aziende private. Queste, infatti, stanno rispondendo alla crescente domanda di veicoli spaziali cargo, di lanci di satelliti e infrastrutture dedicate all’esplorazione.
In particolare, assistiamo oggi a un’ondata di programmi di esplorazione spaziale molto ambiziosa. In questa direzione si muovono non solo gli Stati Uniti, ma anche i blocchi geo-economici rilevanti come Europa, Cina, India, Russia, Giappone e, sempre di più, anche le piccole nazioni come Israele ed Emirati Arabi Uniti.
Ad esempio, con l’iniziativa chiamata Artemis, Stati Uniti, Europa, Canada, Giappone, Australia, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti intendono riavviare il programma di esplorazione, con l’obiettivo di costruire una stazione spaziale in orbita lunare, chiamata Lunar Gateway, e portare (di nuovo) nei prossimi anni l’uomo sulla Luna.
Dopo aver registrato un calo nel 2020, a causa della pandemia, nel 2021 la space economy è arrivato a valere 370 miliardi di dollari. Secondo il rapporto Start-Up Space 2022 di Bryce Tech, il 2021 è stato l’anno dell’avvio di una nuova importante fase di crescita del settore. Gli investimenti nelle startup dell’economia spaziale, hanno raggiunto un nuovo record di 15 miliardi di dollari, battendo il precedente di 7,7 miliardi di dollari.
La corsa del settore sta proseguendo anche nel 2022, con 13,8 miliardi di dollari raccolti in 236 round da inizio anno ad oggi. Nel solo secondo trimestre del 2022, si sono realizzate sei exit da società spaziali che hanno garantito agli investitori quasi 4,3 miliardi di dollari di valore.
Parallelamente, i fondi di venture capital hanno investito 4,2 miliardi di dollari in 82 aziende spaziali. Il contributo dei fondi di venture capital non è solo di natura economica, ma cambia la logica d’azione delle imprese. Infatti, per loro natura, i fondi di capitale di rischio premiano l’accelerazione dei cicli di sviluppo, la costruzione di organizzazioni scalabili, l’investimento in capitale umano e la realizzazione di business model efficaci.
La Space Economy in Italia
L’Italia ha, nel corso del tempo, preservato alcune capacità industriali rilevanti in ambito spaziale: tra le prime nazioni al mondo a lanciare ed operare in orbita satelliti. Ha, inoltre, definito un “Piano Strategico Space Economy”, il quale prevede un investimento paese di circa 4,7 miliardi di euro.
Il comparto italiano può vantare di grandi attori operanti in questo settore economico. Un ruolo di primo piano è costituito dall’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), istituzione che con un miliardo di euro all’anno di budget contribuisce alla ricerca e all’esplorazione spaziale oltre che, in generale, all’abilitazione della space economy. In aggiunta, l’Italia è il terzo contributore rilevante per l’ESA (European Space Agency), il secondo in Europa come budget spaziale in proporzione al PIL e che, per via della sua storia economica, contribuisce allo sviluppo di alcune tecnologie fondamentali.
Altri grandi attori operanti sono Avio e Leonardo (nei suoi due rami legati alla space economy Thales Alenia Space e Telespazio); Numerose PMI, scale-up e start-up; Associazioni specializzate che promuovono lo sviluppo di questa industria ecc.
Con un emendamento al decreto del Pnrr2, la scorsa estate sono stati messi sul tavolo 90 milioni di euro a sostegno delle startup della space economy italiana. Tra gli attori più attivi del settore nel nostro Paese troviamo Primo Space Fund, fondo di venture capital focalizzato sull’economia dello spazio.
Primo Space
Primo Space è un fondo di venture capital italiano focalizzato sulla space economy e sulle tecnologie correlate all’industria spaziale. Lanciato nel 2020, con un primo closing a 58 milioni di euro e una dimensione target di 80 milioni, nel febbraio del 2022 ha completato un closing finale a circa 86 milioni di euro e ha già investito in due realtà.
La prima si chiama AIKO, specializzata nella creazione di software di intelligenza artificiale per il supporto alla navigazione satellitare e all’osservazione della Terra. La seconda si chiama Leaf Space, e si occupa di sviluppare l’infrastruttura delle cosiddette ground station (antenne e stazioni di telecomunicazione a terra) specializzata per la nuova generazione di micro e nanosatelliti.
Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini.
Jurij Gagarin