È la prima volta, dall’Unità d’Italia che, il numero dei nuovi nati è sceso sotto i 400mila fermandosi a 393mila. Sono questi i dati diffusi dall’Istituto nazionale di Statistica sulla natalità in Italia. Dati che dimostrano come nel nostro bel Paese il numero dei nuovi nati si sia ridotto e si stia riducendo in maniera sempre più marcata. Basti pensare che l’ultimo anno in cui si è registrato un incremento è stato il 2008. Ma come mai l’Italia sta diventando un paese di soli “vecchi”? E soprattutto, come mai le culle sono sempre più vuote?
Si potrebbe pensare che la motivazione principale sia la semplice rinuncia delle coppie ad avere figli. Ma dietro ad una rinuncia di un uomo e di una donna a diventare padre e madre, forse (ed il forse è retorico) ci sono motivazioni più profonde e radicate che esulano dalla semplice volontà di procreare. Mettere su famiglia in un mondo in cui la precarietà non solo del lavoro ma anche dei sentimenti è così accentuata non è una cosa da fare a cuor leggero. Stipendi fermi da ormai 30 anni, politiche a sostegno delle famiglie praticamente assenti. Il richiamo di El Dorado che porta i giovani a lasciare l’Italia spinti dalla fame di guadagnare di più e di far carriera lasciandosi alle spalle un paese che premia solo soubrette e politici con la terza elementare. Ma quanto sono allarmanti questi dati?
Secondo l’Istat, l’Italia ha raggiunto il gelo demografico con un trend negativo in discesa libera da ormai 15 anni. Al 1° gennaio 2023 il nostro Paese conta una popolazione di 58 milioni e 851mila unità, ben 179mila in meno rispetto al 2021. Aumentano però gli stranieri il cui numero, alla data sopra citata, si aggira intorno ai 5milioni e 50mila unità.
Altro record toccato è il numero degli ultracentenari che, in 20 anni, è triplicato. L’età media di vita è di 82,6 anni (80 anni e mezzo per gli uomini e 84,8 anni per le donne!). Ma quanto è rischioso tutto questo per un paese come il nostro?
Le culle sono vuote, i decessi aumentano e l’Italia diventa sempre più un paese vecchio… per vecchi. E se, con uno sguardo al passato, ci si proietta verso il futuro la situazione non sembra migliorare. In un Paese in cui non si fa nulla per aiutare le giovani coppie, in cui il lavoro è sempre più precario e gli stipendi sono fermi ai minimi storici dai tempi di Tutankhamon come si può pretendere che si metta su famiglia?
Per non parlare poi del progressivo invecchiamento della popolazione femminile per quanto riguarda l’età riproduttiva e del “piccolo” dislivello che c’è tra il nord ed il sud Italia soprattutto sulla concezione della donna che è donna solo se madre. Il nostro Paese avrebbe bisogno, prima di tutto, di politiche idonee a tutelare le coppie che vogliono crearsi una famiglia come d’altronde succede in Francia, Germania e Svezia. Ma non solo. La maternità, così come la paternità, dovrebbe essere un diritto ed uno dei momenti più belli di una coppia. Ma in Italia, politiche a supporto delle famiglie e delle donne ce ne sono davvero poche.
Secondo Eugenia Maria Roccella, attuale Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, per invertire questo trend bisogna intervenire nelle aziende con welfare aziendali e misure di accompagnamento alla maternità. Poi? E’ davvero utile solo questo? E’ sicuramente un plus non indifferente ma per risolvere un problema bisogna partire dalle origini e non prendiamoci in giro. Viviamo in un paese in cui, nella maggior parte dei casi, se sei una lavoratrice incinta non vieni vista di buon occhio. E di esempi di questo tipo ne è piena la cronaca. Bisognerebbe tutelare la carriera della donna quando è pronta a diventare mamma. Sono tante, troppe, le donne che pur di far carriera e sentirsi realizzate hanno sacrificato la voglia di essere mamme e questo perché se sei donna, nella maggior parte dei casi, devi scegliere: o sei madre o sei lavoratrice.
Ed ecco che si apre il vaso di Pandora che noi però vogliamo tenere ben chiuso. E quindi sì, diamo solo la colpa alla politica che tutela l’intutelabile ma non tutela chi invece dovrebbe essere tutelato. Ma la questione è sempre quella: culle vuote, decessi aumentati e il vecchio stivale che diventa inesorabilmente sempre più vecchio.