Da anni in Italia si discute animatamente su una possibile riforma della legislazione in tema di cannabis. Da una parte ci sono forze politiche fermamente contrarie a un passo del genere e favorevoli, invece, a una prosecuzione del proibizionismo che, per quanto lievemente ammorbidito in seguito alla legge 242/2016 (quella sulla cosiddetta ‘canapa light’), rimane ancora avversa al consumo di marijuana.
Dall’altra, però, c’è chi guarda con favore a una graduale liberalizzazione di questa sostanza, spingendo verso questa direzione anche attraverso proposte di legge particolarmente progressiste come il ddl sulla legalizzazione della cannabis approvato qualche anno fa dalla Commissione Giustizia del Parlamento.
Tra i motivi addotti da questi ultimi si cita spesso il vantaggio che potrebbe trarne l’economia nazionale. Ed è su questo punto che ci soffermeremo nel seguente articolo, analizzando lo stato del mercato in due dei Paesi nei quali la cannabis è stata legalizzata (ovvero Stati Uniti e Canada) e nelle due nazioni della UE più note per una legislazione piuttosto morbida nei confronti di questa sostanza, la Spagna e i Paesi Bassi.
In merito al panorama europeo, abbiamo deciso di non concentrarci sul mercato di Malta e del Lussemburgo, per quanto siano i primi Stati membri ad aver raggiunto l’obiettivo legalizzazione, in quanto la loro decisione è stata così recente che mancano ancora dati precisi al riguardo.
Il mercato della cannabis negli Stati Uniti è uno dei più grandi e dinamici al mondo. Negli ultimi anni, diversi Stati hanno legalizzato l’uso della pianta per scopi ricreativi e/o medici, creando opportunità di business e di occupazione per migliaia di imprese e lavoratori. Tuttavia, la cannabis rimane illegale a livello federale, il che comporta una serie di sfide e rischi per il settore.
Secondo i dati di Euromonitor, le vendite legali di cannabis negli Stati Uniti hanno raggiunto i 22 miliardi di dollari nel 2020, con una crescita del 30% rispetto all’anno precedente. Si prevede che quest’anno le vendite aumenteranno di un altro 20%, superando i 26 miliardi di dollari. Questo significa che il mercato americano della cannabis vale più di quello del vino, che nel 2020 ha registrato vendite per 17,5 miliardi di dollari.
Attualmente, 19 Stati, più il District of Columbia, hanno legalizzato l’uso ricreativo della cannabis, mentre altri 18 ne consentono solo l’uso medico. Inoltre, sono previsti una serie di referendum in sette altri Stati per decidere se legalizzare o meno la cannabis per uno o entrambi gli scopi. Se tutti i referendum avranno esito positivo, il mercato potenziale della cannabis negli Stati Uniti potrebbe raggiungere gli 80 miliardi di dollari entro il 2030.
Tuttavia, la legalizzazione a livello statale non è sufficiente a garantire la sicurezza e la stabilità del settore. Infatti, come accennato, la cannabis è ancora classificata come una sostanza controllata a livello federale, equiparata a droghe come l’eroina e l’LSD. Questo significa che le imprese che operano nel settore della cannabis sono esposte a possibili azioni legali da parte delle autorità federali, oltre a dover affrontare ostacoli fiscali e finanziari.
Uno dei principali problemi negli USA è l’accesso ai servizi bancari. Poiché la maggior parte delle banche teme di violare le leggi sul riciclaggio di denaro, esse si rifiutano di offrire conti correnti, prestiti e carte di credito alle imprese della cannabis. Di conseguenza, queste imprese devono gestire enormi quantità di contanti, con tutti i rischi e i costi che ne derivano. Per esempio, devono pagare le tasse in contanti, trasportare il denaro con furgoni blindati e guardie armate, trovare luoghi sicuri dove conservare il denaro e affrontare il pericolo di rapine e furti.
Un altro problema è la mancanza di uniformità normativa tra gli Stati. Ognuno di loro ha le proprie regole in materia di licenze, tassazione, etichettatura, test e tracciabilità dei prodotti a base di cannabis. Questo rende difficile per le imprese espandersi in altri mercati e creare economie di scala. Inoltre, crea confusione e incertezza per i consumatori, che devono adeguarsi alle diverse disposizioni vigenti nei diversi stati.
Per superare questi problemi, molti operatori del settore chiedono una riforma a livello federale che riconosca la legalità della cannabis e ne regolamenti il commercio interstatale. Alcune proposte legislative sono state presentate al Congresso americano in questo senso, ma finora nessuna ha ottenuto l’approvazione necessaria. Il presidente Joe Biden, in proposito, ha espresso la sua intenzione di depenalizzare il possesso di piccole quantità di cannabis e rivedere la posizione del governo americano nei confronti della pianta.
In Canada, la cannabis è legale per uso ricreativo dal 17 ottobre 2018, quando è entrata in vigore il Cannabis Act. Questa legge stabilisce le regole per la produzione, la distribuzione, la vendita e il possesso di marijuana in tutto il paese. Il Cannabis Act ha anche lo scopo di impedire ai minori di accedere alla cannabis, di proteggere la salute pubblica e di ridurre il mercato nero.
Secondo le statistiche ufficiali, il mercato della marijuana in Canada ha registrato una crescita significativa negli ultimi anni. Nel 2020, il valore delle vendite legali di cannabis è stato di circa 2,6 miliardi di dollari canadesi, con un aumento del 120% rispetto al 2019. Il numero dei consumatori di cannabis, inoltre, è aumentato, passando da 4,9 milioni nel 2018 a 5,4 milioni nel 2020. La maggior parte dei consumatori sono adulti tra i 25 e i 44 anni.
Il mercato canadese è suddiviso in due segmenti principali: quello medico e quello ricreativo.
Il primo si riferisce alla cannabis prescritta da un medico per trattare alcune condizioni patologiche, come il dolore cronico, la nausea o l’epilessia. È nato a partire dal 2001, quando il governo federale ha introdotto il programma Access to Cannabis for Medical Purposes Regulations (ACMPR). Questo programma permette ai pazienti autorizzati di acquistare cannabis da produttori autorizzati o di coltivarla da soli.
Nel 2020, il mercato della marijuana terapeutica ha rappresentato circa il 15% del mercato totale della cannabis in Canada, con un valore di circa 400 milioni di dollari canadesi.
Passiamo ora al secondo. Il mercato della cannabis a uso ricreativo ha preso il via nel 2018 con la legalizzazione della pianta per uso personale. È regolato dal governo federale e dalle province e dai territori, che hanno la responsabilità di stabilire le norme per la vendita al dettaglio e la tassazione del prodotto, e nel 2020 ha rappresentato circa l’85% del mercato totale della cannabis, con un valore di circa 2,2 miliardi di dollari canadesi.
In sostanza, possiamo affermare che la produzione di marijuana in Canada presenta diverse opportunità per i produttori, i distributori, i venditori e i consumatori, tra le quali la creazione di posti di lavoro, la generazione di entrate fiscali, la promozione della ricerca e dell’innovazione e la riduzione del crimine organizzato.
I Paesi Bassi hanno adottato una politica di depenalizzazione del consumo e della vendita di cannabis nei cosiddetti coffee shop dal 1976. Questa si basa sul principio della separazione dei mercati, ovvero sul tentativo di evitare che i consumatori di cannabis entrino in contatto con droghe più pesanti e pericolose.
I coffee shop sono autorizzati a vendere fino a 5 grammi di marijuana per persona e a tenere una scorta massima di 500 grammi. La coltivazione e il commercio all’ingrosso di cannabis, invece, rimangono illegali e perseguiti penalmente.
Secondo i dati dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA), nei Paesi Bassi sono presenti circa 570 coffee shop distribuiti in 103 dei 380 comuni del Paese. Il loro numero, però, è diminuito negli ultimi anni a causa di restrizioni imposte dalle autorità locali, come il divieto di aprire vicino alle scuole o il requisito di essere residenti nei Paesi Bassi per poter acquistare cannabis. Il fatturato stimato dei coffee shop è di circa 1 miliardo di euro all’anno, con una tassazione del 21% sulle vendite.
Il consumo di cannabis nei Paesi Bassi è inferiore alla media europea, nonostante la sua disponibilità legale. Secondo l’EMCDDA, il 7,7% degli adulti tra i 15 e i 64 anni ha consumato marijuana nell’ultimo anno nel 2019, contro il 9,3% della media europea. Il consumo è più diffuso tra i giovani tra i 15 e i 34 anni (15,8%), ma anche in questo caso inferiore alla media europea (18,8%).
La qualità e il prezzo della cannabis nei Paesi Bassi sono monitorati dall’EMCDDA attraverso un sistema di campionamento e analisi dei prodotti venduti nei coffee shop. Secondo i dati più recenti, il prezzo medio al grammo di erba (cannabis essiccata) era di 10,68 euro nel 2019, mentre quello di hashish (resina di cannabis) era di 9,35 euro. La potenza media dell’erba, invece, si attesta sul 16,5% di THC (tetraidrocannabinolo), il principio psicoattivo della pianta, mentre quella dell’hashish si aggira intorno al 29%. Questi valori sono superiori alla media europea e indicano una tendenza verso prodotti più forti e costosi.
La produzione di cannabis nei Paesi Bassi è stimata in circa 1.000 tonnellate all’anno, secondo uno studio del 2012 commissionato dal governo olandese. La maggior parte di essa avviene in coltivazioni indoor clandestine, spesso gestite da organizzazioni criminali che sfruttano manodopera illegale e aggirano le norme fiscali ed energetiche. Si stima che circa l’80% della cannabis prodotta nei Paesi Bassi sia destinata all’esportazione verso altri paesi europei, soprattutto Germania, Belgio e Francia.
Secondo i promotori di una legislazione ancora più permissiva nei confronti del consumo di marijuana, un’apertura in questo senso permetterebbe al Paese di ridurre gli introiti derivanti dallo spaccio che alimentano le organizzazioni criminali e di generare un giro di investimenti proficuo per le aziende nazionali e per le stesse autorità che vedrebbero aumentare le entrate di natura fiscale.
Secondo il rapporto 2020 dell’Osservatorio Spagnolo sulle Droghe e le Dipendenze (OED), il 9,2% della popolazione tra i 15 e i 64 anni ha fatto uso di cannabis nell’ultimo anno, e il 2,6% ne fa un uso quotidiano o quasi quotidiano. Questi dati collocano la Spagna al secondo posto nell’Unione Europea per consumo di marijuana, dopo la Francia.
Tuttavia, la legislazione locale in materia è ambigua e contraddittoria. Da un lato, il Codice Penale punisce con la reclusione da uno a tre anni e una multa chi coltiva, elabora o traffica cannabis o ne promuove o facilita il consumo. Dall’altro lato, la Legge Organica sulla Protezione della Sicurezza dei Cittadini (LOPSC) stabilisce che il consumo o la detenzione di cannabis in luoghi pubblici è punito con una sanzione amministrativa che comporta una multa da 601 a 30.000 euro, ma non prevede alcuna sanzione per il consumo o la detenzione in luoghi privati.
Questa situazione ha dato origine a una serie di pratiche sociali che cercano di aggirare la proibizione legale della cannabis, come le associazioni per la cannabis, i social club o i grow shop.
Le associazioni per la cannabis sono entità senza scopo di lucro che si occupano della coltivazione e della distribuzione di cannabis tra i loro soci, con l’obiettivo di garantire la qualità e la sicurezza del prodotto e di evitare il mercato nero. I social club sono spazi dove i soci possono consumare marijuana in modo responsabile e informarsi sui suoi effetti e rischi. I grow shop, invece, sono negozi specializzati nella vendita di prodotti e attrezzature per la coltivazione domestica di cannabis.
Secondo il rapporto 2019 dell’Osservatorio Spagnolo delle Associazioni per la Cannabis (OECM), in Spagna ci sono circa 1.100 associazioni per la cannabis registrate, con oltre 200.000 soci. La maggior parte di queste si trova in Catalogna (420), seguita dai Paesi Baschi (200) e dalle Isole Canarie (120). Queste associazioni producono circa 100 tonnellate di cannabis all’anno, con un valore stimato di 500 milioni di euro.
I grow shop sono invece più diffusi e consolidati nel panorama spagnolo. Si stima che ce ne siano circa 3.000 in tutto il Paese, che generino un fatturato annuo di circa 300 milioni di euro e che diano lavoro a circa 15.000 persone. Questi negozi vendono semi di cannabis, fertilizzanti, substrati, lampade, sistemi di ventilazione, camere di coltivazione e altri prodotti necessari per coltivare la pianta in casa. Inoltre, offrono consulenza e informazione ai clienti sulle tecniche di coltivazione e sui rischi legali e sanitari del consumo di cannabis.
Per il momento, non possiamo fare per l’Italia un discorso simile a quello fatto per gli Stati precedenti, in quanto nel nostro Paese, come noto, la compravendita e il consumo della marijuana è ancora vietato in qualsiasi casi (salvo che per motivi terapeutici in determinate condizioni dettate con minuzia dalla legge).
Tuttavia, possiamo farci un’idea di quello che potrebbe essere il giro d’affari nazionale nel caso questa pianta dovesse essere legalizzata analizzando brevemente i numeri del mercato illegale e di quello legale della sua variante light.
Secondo l’Istat, nel 2018 il numero di utilizzatori di cannabis in Italia era pari a circa 6.000.000 di individui, il 13,2% della popolazione tra i 15 e i 64 anni. Il consumo è più diffuso tra i giovani (30,6% tra i 15 e i 24 anni) e tra gli uomini (18,1% contro il 8,4% delle donne).
Il mercato nazionale delle sostanze stupefacenti è caratterizzato da un giro di denaro di circa 16 miliardi di euro. Di questi, si stima che più di un terzo sia legato al consumo di cannabis, una cifra che, in caso di legalizzazione della marijuana, si pensa possa aumentare notevolmente.
La cosiddetta cannabis light è legale in Italia dal 2016. Si tratta di una varietà di canapa industriale caratterizzata da un elevato contenuto di CBD (un cannabinoide che non possiede effetti psicotropi) e che, secondo dati recenti, genera un fatturato annuo di 150 milioni di euro e ha impiegato 10mila persone.
La legalizzazione della cannabis ricreativa è ancora un tema dibattuto in Italia. Alcuni studi sostengono che potrebbe portare benefici economici e sociali, come maggiori entrate fiscali, minori spese per la repressione e la prevenzione del consumo problematico. Altri invece evidenziano i rischi per la salute pubblica e l’ordine pubblico.
Questi sono solo alcuni dei numeri del mercato della cannabis in Italia, un settore complesso e in continua evoluzione che, nel caso il nostro Paese debba seguire la linea anti-proibizionista percorsa da sempre più nazioni in tutto il mondo, potrebbe rappresentare un’interessante risorsa economica per l’Italia stessa.
In questo articolo abbiamo fatto una panoramica di sintesi sullo stato del mercato della cannabis in due Paesi esempi di raggiunta legalizzazione della pianta (gli Stati Uniti e il Canada) e nei due Stati membri UE più noti per un alto grado di tolleranza nei confronti del consumo di questa sostanza.
Come abbiamo visto, laddove la cannabis è stata resa legale, o è, comunque, consumabile a determinate condizioni per uso personale, è nato un mercato interno fiorente, vantaggioso per i cittadini (per la creazione di posti di lavoro) che per le finanze statali (per l’aumento del gettito fiscale derivante da tali attività).
Questa, naturalmente, è una considerazione al netto di qualsiasi possibile discorso di natura etica o medica, ambiti nei quali ancora si discute vivacemente in materia di cannabis. Ad ogni modo, mantenendo un focus sull’ambito finanziario, sembra estremamente probabile che, in caso la legalizzazione diventasse una realtà, l’economia italiana, e tutte le aziende già inserite nel settore della cannabis, come Justbob, noto e-commerce di canapa light, ne trarrebbero grande giovamento.