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Chiusura del traforo del Monte Bianco: si temono conseguenze economiche ingenti

Sono invecchiati male gli appelli di tanti politici del mese scorso che annunciavano uno slittamento dei lavori a data da destinarsi. Lo stesso ministro dei trasporti, Matteo Salvini, in una nota congiunta con il suo omologo francese, Clément Beaune, chiarì che per scongiurare un blocco completo della circolazione transalpina, il traforo del Monte Bianco non andava chiuso. Le parole del MIT seguirono poco dopo la feroce frana del Frejus, che a sua volta, condizionò pesantemente la viabilità franco-italiana. I lavori di manutenzione non potevano più attendere e lo scenario che nessuno si augurava è ora realtà: si temono ripercussioni gravi dal punto di vista economico tra i due paesi.

Il trasporto su gomma: una risorsa strategica

“Non doveva chiudere, tra i proclami di tanti politici, e invece da oggi il Tunnel del Monte Bianco chiude. Chiude davvero. Con una serie di conseguenze gravissime che ci preoccupano. Conseguenze immediate, su viabilità secondaria verso San Bernardo e Frejus”; le parole di sdegno del presidente Marco Bussone di Uncem (Unione nazionale Comuni, comunità ed enti montani) fanno eco ad una prospettiva di perdita economica per il tessuto sociale delle zone frontaliere e non solo.

In Italia, il trasporto merci avviene ancora prevalentemente su gomma, anzi, le tendenze indicano un aumento di questa categoria di trasporto. Un’elaborazione dell’Osservatorio sulla Mobilità Sostenibile di Airp (Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici) sulla base di dati Eurostat, segnala che dal 2015 al 2020 il trasporto su gomma è aumentato del 14,1 %. Basti pensare che nel 2020 sono state movimentate nella penisola 133.265 milioni di tonnellate di merci per chilometro. Nello specifico attraverso il traforo del Monte Bianco, lo scorso anno, sono transitate 10 milioni di tonnellate di merci.

Le vie alternative al traforo del Monte Bianco

I lavori di ammodernamento e manutenzione del traforo dureranno per due mesi ed includono: rifacimento della soletta in cemento sotto il livello dell’asfalto, vie di fuga, sistema di ventilazione ed installazione della segnaletica luminosa in LED. In questo arco di tempo l’ingente flusso di scambio economico tra l’Italia e la Francia non può essere arrestato.

Infatti, gli automobilisti e i tir trasporto merci saranno costretti a percorrere altri passi frontalieri per arrivare a destinazione. La via alternativa sarà il tunnel del Frejus. In questo modo 500 mila automobilisti, che percorrevano il tunnel del Monte Bianco in entrambi i sensi di marcia, si riverseranno sulla tangenziale di Torino e sulla A32 Torino-Bardonecchia influenzando la viabilità di Torino e della regione Piemonte.

I danni economici in vista dovuti alla chiusura del traforo del Monte Bianco

Le ricadute economiche non interesseranno solo gli imprenditori del Nord-Ovest, bensì tutte le aziende nazionali esportatrici verso l’Europa. Confindustria ha già stimato delle ricadute negative sul PIL che si aggireranno intorno al 9,8 per cento e con circa 1500 posti di lavoro a rischio.

Il presidente dell’unione degli industriali della regione Valle d’Aosta, Francesco Turcato, si dice preoccupato e tuona: “Più di 100 aziende saranno sul punto di saltare; si tratta di un tema nazionale.” A temere una flessione economica è anche il settore del turismo delle zone frontaliere. Infatti, il traforo del Monte Bianco è il principale punto di attraversamento dei turisti francesi e svizzeri per località montane italiane come Courmayeur. Alberghi e strutture ricettive della stagione turistica invernale dovranno fare a meno di un importante fetta di clienti transalpini.

“Il problema non è tanto la chiusura temporanea della galleria, ma la mancanza totale di prospettiva” sottolinea, preoccupato, il presidente di Federalberghi Valle d’Aosta Luigi Fosson. Saranno due lunghi mesi per le comunità frontaliere e l’Italia stessa. Si avranno ingenti perdite economiche a causa di una mancata lungimiranza nelle politiche di manutenzione delle infrastrutture del paese.

A cura di Davide Zerenga

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