Standard & Poor’s conferma rating stabile per l’Italia: BBB
Il bel paese può tirare un sospiro di sollievo finanziario; il preannunciato declassamento non è avvenuto e la prima agenzia rating d’oltre oceano conferma le previsioni dell’anno precedente. La solvibilità del debito italiano è stabile per Standard & Poor’s, dunque, non si temono evidenti sussulti per gli investitori.
Standard & Poor’s: le note di accompagnamento del report
Il giudizio, che per molti analisi rappresentava una chiosa alla manovra finanziaria, non ha profondamente affossato l’economia del paese ma ha lasciato il campo quasi invariato. Ciononostante dal rapporto dell’agenzia si delineano alcuni segnali d’allarme per le scelte finanziarie del governo. Infatti, il colosso di rating in questione enuncia anche ulteriori analisi sui conti pubblici italiani, una fra tutte la crescita economica del paese. Nel medesimo rapporto si legge una decelerazione della crescita del Pil tra il 2023 ed il 2024. Nella nota di accompagnamento al rating, S&P prevede una crescita dello 0,9 per quest’anno, dato leggermente superiore alle previsioni del governo che lo attestava allo 0,8. Per il 2024 un attestazione di crescita allo 0,7 e successivamente il Pil ritornerà superiore al 1% solo nel 2025.
Standard & Poor’s: le riflessioni sul deficit italiano
Nella temuta nota di accompagnamento non mancano delle preoccupazioni in merito al deficit della penisola. Da quanto emerge dalle tabelle pubblicate sul sito dell’agenzia: “L’outlook stabile bilancia la nostra visione di un consolidamento di bilancio più lento di quanto precedentemente previsto, anche a causa dell’aumento dei pagamenti di interessi sul debito pubblico, con il significativo stimolo economico che i fondi Ue dovrebbero fornire” ed inoltre “Il debito del governo e la sua sensibilità alle condizioni del mercato resteranno elevati. – delineano da S&P – dati gli elevati livelli di debito pubblico, l’Italia resta particolarmente sensibile a un deterioramento delle condizioni di finanziamento”. Questa analisi adduce dunque ad un consolidamento del bilancio più lento del previsto dopo al revisione degli obiettivi del deficit del governo. S&P prevede un deficit al 5,5% del pil nel 2023 e ciò è maggiormente dovuto alle spese relative al superbonus.
La credibilità sul rapporto deficit/Pil
A tuonare sulle rivelazioni, in parte positive, di S&P ci hanno pensato un pool di illustri economisti. Attraverso un paper sui conti pubblici italiani appena pubblicato dall’Institute for European policymaking (Iep) dell’università Bocconi firmato da Carlo Bastasin, Lorenzo Bini Smaghi, Sergio De Nardis, Marcello Messori e Stefano Micossi, viene esaminata la credibilità deficit/Pil italiana presentata nella NADEF. Numeri alla mano, lo studio parte dalla NADEF e dalla legge di bilancio per giungere alla conclusione che “i documenti, presentati dal governo italiano, si basano su previsioni ottimistiche per quel che riguarda la crescita attesa del Pil, la dinamica degli oneri finanziari sul debito pubblico, le entrate connesse a privatizzazioni e, pertanto, la discesa nel rapporto tra debito pubblico e Pil”. Dal team di economisti della bocconi viene dunque messo in luce come il sentiero di riduzione del rapporto tra debito pubblico e Pil così come tracciato nella NADEF è poco credibile.
Le reazioni del governo al rating
Non si sono fatte attendere le reazioni del governo ai nuovi rating finanziari; lo stesso ministro Giancarlo Giorgetti interpellato sui risultati Standard & Poor’s afferma:
Abbiamo e ho scritto una legge di bilancio che è impostata correttamente e che, a mio giudizio, troverà anche la valutazione onesta e obiettiva delle agenzie di rating, che l’hanno letta e, magari, non si sono affidati a gossip o titoli scandalistici
Il ministro dunque si fa portavoce delle scelte finanziarie del governo ed esprime un certo ottimismo in merito anche per i futuri rating delle altre agenzie d’oltre oceano. Una visione diametralmente opposta a quella esposta nel paper dei professori della Bocconi. Il team di economisti si dice infatti preoccupato della crescente incertezza sui mercati internazionali riguardo alla capacità di collocare sul mercato, a condizioni adeguate, le emissioni di titoli pubblici italiani. Un sistema di vendita del debito che potrebbe diventare rischioso a causa del volume ingente di debito posseduto dal bel paese. Evidentemente il governo giudica queste tesi pessimiste e non degna di alcuna riflessione quest’ultima. Una scelta temeraria che potrebbe determinare conseguenze economiche negative per il paese.