Finanza

La Germania in crisi: un problema europeo per i prossimi anni

Gli scenari geopolitici mondiali, da 4 anni a questa parte, sono mutati a velocità inimmaginabili ed a raccogliere gli effetti più negativi sono stati i fattori macroeconomici. Prima una pandemia, poi l’apertura di fronti di guerra hanno messo in ginocchio l’economia di vari paesi, uno fra tutti la Germania. Queste componenti esogene hanno colto di sorpresa l’economia più solida del vecchio continente trascinando il paese in recessione.

L’economia tedesca

La Germania è da decenni considerata la locomotrice economica dell’Europa; non è un caso che un parametro di solidità finanziaria come lo spread viene valutato come il rendimento di un titolo di Stato italiano, un BTP che scade tra 10 anni, e il rendimento di un titolo tedesco, un Bund, con la stessa scadenza. Il paese tedesco si è garantito questa egemonia finanziaria in Europa, e non solo, grazie ad un forte settore manifatturiero. Basti pensare che il settore in questione costituisce il 20% del Pil tedesco. Lo sviluppo di questa forte componente produttiva ha generato eccellenze nel settore automobilistico, nella meccanica di precisione e persino siderurgia. A nutrire la foga produttiva tedesca, negli anni precedenti, sono state risorse energetiche a basso costo che hanno sospinto l’export del settore. Berlino, dunque, attraverso un attenta diversificazione delle fonti energetiche, sia interne che esterne, è riuscita a ottimizzare i costi di produzione. Questo paradigma è venuto meno con lo scoppio della guerra in Ucraina.

Le ragioni della crisi in Germania

Nello scenario europeo non c’è capitale europea più inflessibile, nella retorica contro Mosca, di Berlino. Questa forte presa di posizione ha costretto l’amministrazione tedesca, sulla linea NATO, ad abbandonare quasi totalmente l’approvvigioni di risorse energetiche dalla Russia. Le conseguenze di questa scelta, dettata da alleanze geopolitiche, sono state deleterie per il paese tedesco che si è trovato con i serbatoi vuoti di risorse energetiche. La sempre più crescente domanda ed un’esigua offerta, ha generato il collasso del settore produttivo, facendo esplodere i prezzi e rallentando la produzione. Come se non bastasse il cancellierato tedesco ha dovuto chiudere un occhio su un evento di una gravità inaudita: il sabotaggio del gasdotto Nord Stream, un’infrastruttura strategica di vitale importanza. Quello che secondo molte indagini è un sabotaggio ucraino, non ha smosso minimamente le posizioni di sostegno, della Germania, alla nazione di Zelensky.

Mix letale: carenza manodopera e costi energetici

La crisi in Germania sembra abbia proprio le sembianze della tempesta perfetta, infatti a gravare sui conti tedeschi sono più fattori, potenzialmente molto gravi. In primo luogo da un paio di anni, a causa l’invecchiamento della popolazione e l’ostilità di parte importante dell’opinione pubblica per la forza lavoro straniera, le fabbriche tedesche si stanno ritrovando senza operai. Meno manodopera implica rallentamenti nella produzione e proprio per tale motivo aziende come Volkswagen e Siemens minacciano, in caso di mancati aiuti da parte dello Stato, di cercare terreni più fertili in Nord America e Asia. In seconda istanza sulla politica economica tedesca pesa molto la transizione verde, la cosiddetta Energiewende. Nonostante quasi un quarto di secolo di sovvenzionamento all’espansione delle energie rinnovabili, la Germania non dispone ancora di abbastanza pale eoliche e pannelli solari per soddisfare la domanda. Ed a pagare l’abbandono del gas russo e lo spegnimento dei reattori nucleari saranno i contribuenti tedeschi con bollette energetiche sempre più alte.

Germania in crisi: il malcontento popolare in politica

L’attuale recessione tedesca, non è solo “tecnica”, come spera la politica, ma piuttosto il presagio di un terremoto che minaccia di scuotere il Vecchio continente, iniettando ancora più agitazione in un paesaggio politico già polarizzato. Molte formazioni politiche stanno cavalcando il malcontento popolare ad esempio: Alternativa per la Germania (Afd), un partito di destra radicale con un seguito composto sia da elettori populisti filorussi che liberisti di stampo neonazista. Con una politica aggressiva che tratta di temi rimasti indicibili a lungo è arrivato al secondo posto nei sondaggi, a livello nazionale, superando il 20%. Per arginare l’ascesa di questa forza politica, i partiti tradizionali hanno costituito la cosiddetta “barriera antincendio”, una regola non scritta nella politica tedesca che impedisce di formare coalizioni con Afd. Ma questo baluardo difensivo potrebbe vacillare nel caso in cui la nuova formazione di destra radicale trovasse ancora più consensi.

La situazione tedesca, dunque, è molto complessa e in continuo divenire. Il paese che guidava l’Europa con una possente economia interna, ora è un sorvegliato speciale soprattutto in vista delle elezioni europee del 2024. Il timore che assale i 27 paesi dell’Unione e che vi si crei un effetto a catena all’interno del vecchio continente. Non resta che attendere l’evoluzioni della recessione tedesca e sperare che vengano attuate politiche più stringenti per la salvaguardia della crescita economica.

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Davide Zerenga