Stellantis affronta una fase critica. Cosa sta causando questo “profondo rosso”?
La situazione di Stellantis in Italia ha subito un duro colpo nel terzo trimestre del 2024, con una drastica riduzione della produzione. Dopo tre anni di crescita continua, il gruppo ha registrato un calo dei volumi del 31,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo crollo ha colpito in modo uniforme tutti gli stabilimenti del Paese, spingendo l’intero settore automobilistico italiano in una fase di “profondo rosso”. La crisi non si limita ai numeri della produzione, ma riflette un più ampio problema legato a vari fattori globali, tra cui la transizione verso i veicoli elettrici e un calo significativo della domanda nei mercati europei.
Le previsioni sono allarmanti. Se la tendenza dovesse continuare, la produzione complessiva del 2024 potrebbe scendere sotto le 500 mila unità, lontanissima dall’obiettivo di 1 milione di veicoli fissato dal governo per il 2030. Questo drastico calo ha suscitato una forte preoccupazione tra i lavoratori, i sindacati e gli analisti del settore. Per richiamare l’attenzione delle istituzioni e dell’azienda, è stato programmato uno sciopero nazionale di 8 ore il 18 ottobre 2024, con una manifestazione a Roma per sollecitare interventi urgenti e decisioni coraggiose.
Nel terzo trimestre del 2024, i numeri della produzione di Stellantis hanno subito un colpo drammatico. Le autovetture hanno registrato un calo del 40,7%, mentre i veicoli commerciali hanno visto una riduzione del 10,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. Persino gli stabilimenti che avevano mostrato una certa resilienza, come Pomigliano d’Arco e Atessa, hanno dovuto fare i conti con cali significativi, rispettivamente del 5,5% e del 10,2%. Tuttavia, queste riduzioni appaiono meno gravi se confrontate con altri stabilimenti, come quelli di Torino e Cassino, dove i cali hanno raggiunto picchi del 68,4% e oltre il 47%.
Questi dati mostrano un crollo generalizzato, non solo in Italia, ma in tutta Europa, dove Stellantis sta affrontando difficoltà simili in altri Paesi. Se la situazione attuale dovesse persistere, la produzione di autovetture potrebbe scendere sotto le 300 mila unità entro la fine dell’anno, compromettendo gravemente la capacità produttiva complessiva del gruppo. A titolo di confronto, nel 2023 Stellantis ha prodotto circa 751 mila veicoli, un dato che rende evidente quanto profonda sia questa crisi. La sfida è quindi di ripensare le strategie produttive, considerando non solo l’immediato futuro, ma anche il lungo termine.
Oltre al calo dei volumi produttivi, il contraccolpo più immediato si è abbattuto sui lavoratori. Gli stabilimenti italiani di Stellantis hanno visto un massiccio utilizzo di ammortizzatori sociali, come la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) e il Contratto di Solidarietà (CdS), con lunghe fermate produttive in tutti i principali impianti. A Torino, ad esempio, la produzione della Fiat 500 Bev è stata drasticamente ridotta, mentre le linee Maserati hanno subito un calo significativo, obbligando lo stabilimento a fermarsi per tutto il mese di agosto e lavorare solo per nove giorni a settembre. Questa situazione riflette una crisi produttiva su scala nazionale, con ripercussioni pesanti anche negli impianti di Melfi, Cassino e Modena.
Per fronteggiare questa crisi, i sindacati, guidati dalla Fim-Cisl, insieme a Fiom e Uilm, hanno proclamato uno sciopero di 8 ore che coinvolgerà l’intero settore automotive. L’obiettivo è quello di richiamare l’attenzione delle istituzioni e sollecitare Stellantis a elaborare piani concreti per salvaguardare i posti di lavoro e rilanciare la produzione. Tra le richieste avanzate dai sindacati ci sono politiche industriali mirate, incentivi per aumentare la competitività degli stabilimenti italiani e maggiori investimenti nella transizione verso i veicoli elettrici, un settore cruciale per il futuro dell’automobile.
Uno dei principali fattori che stanno mettendo sotto pressione Stellantis è la transizione verso l’elettrico, una trasformazione necessaria ma complessa. La graduale eliminazione dei motori a combustione e il passaggio ai veicoli elettrici rappresentano una sfida immensa per il gruppo, che sta faticando a mantenere i volumi produttivi e l’occupazione agli stessi livelli di quando dominavano i motori termici. Stabilimenti come Cassino e Melfi stanno già affrontando pesanti riduzioni della produzione, con l’attesa dei nuovi modelli elettrici programmati solo per il 2025 e oltre. Questo ritardo nel lancio di nuovi modelli sta alimentando preoccupazioni non solo tra i lavoratori, ma anche tra gli investitori e gli analisti, che vedono rallentare la transizione del gruppo verso un mercato in forte evoluzione, dove la concorrenza globale si fa sempre più agguerrita.
Le difficoltà della transizione non si limitano alla produzione di nuovi modelli. Il gruppo Stellantis deve affrontare la concorrenza di altre case automobilistiche che sono già avanti nella produzione di veicoli elettrici. La capacità del gruppo di raddoppiare la produzione entro il 2030, come previsto dal piano industriale governativo, appare oggi una sfida titanica. Per raggiungere questo obiettivo, sarà necessaria non solo una riorganizzazione interna, ma anche un forte sostegno da parte delle istituzioni nazionali ed europee.
La crisi di Stellantis non è un caso isolato. Il settore automobilistico europeo sta affrontando una fase di profonda trasformazione, spinta dalle regolamentazioni ambientali e dall’esigenza di adottare tecnologie più sostenibili. In questo contesto, la sfida per Stellantis non riguarda solo la produzione, ma anche la capacità di adattarsi alle nuove dinamiche del mercato globale. Gli stabilimenti italiani, pur giocando un ruolo centrale nella strategia del gruppo, devono affrontare una competizione sempre più serrata con altre realtà europee e globali, soprattutto da parte di costruttori asiatici che stanno rapidamente guadagnando terreno nel segmento elettrico.
Nel lungo termine, il successo di Stellantis dipenderà dalla sua capacità di innovare e diversificare l’offerta, puntando su tecnologie sostenibili e modelli che rispondano alle esigenze di un mercato in evoluzione. I sindacati stanno cercando di garantire un futuro ai lavoratori, ma senza un impegno concreto da parte dell’azienda e del governo, le difficoltà potrebbero peggiorare. Con l’avanzare della transizione elettrica, sarà fondamentale trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e tutela del lavoro.