Pensioni più povere nel 2025: rivalutazione al ribasso e nuovi coefficienti di trasformazione
Scopri come la rivalutazione al ribasso e i nuovi coefficienti di trasformazione incideranno sulle pensioni nel 2025.
Chi andrà in pensione nel 2025 si troverà con assegni leggermente più bassi rispetto a chi ha scelto di ritirarsi nel 2024. Il motivo è legato alla riduzione della rivalutazione annuale, fissata dall’ISTAT all’1,6%, un valore significativamente inferiore rispetto al 5,4% dello scorso anno.
Questo cambiamento è una conseguenza diretta dell’andamento dell’inflazione, che nel 2023 è stata più contenuta rispetto al picco registrato negli anni precedenti. Per capire l’impatto della rivalutazione ridotta, vediamo un esempio. Un lavoratore di 67 anni con un montante contributivo di 400.000 euro:
- Se andrà in pensione entro il 2024, riceverà un assegno annuo di 22.892 euro.
- Se si ritirerà nel 2025, invece, l’assegno sarà di 22.432 euro.
Il taglio è di 460 euro all’anno, pari a circa 35 euro al mese. Questo calo potrebbe sembrare limitato, ma sommato nel tempo rappresenta una riduzione significativa per molti pensionati.
La rivalutazione delle pensioni, o perequazione automatica, è un meccanismo che adegua gli assegni pensionistici al costo della vita, basandosi sugli indici ISTAT e sull’inflazione. In teoria, questo sistema serve a mantenere stabile il potere d’acquisto dei pensionati. Tuttavia, non tutte le pensioni vengono rivalutate allo stesso modo:
- Gli assegni più bassi ricevono la rivalutazione completa.
- Gli assegni più alti subiscono una rivalutazione ridotta, con percentuali decrescenti per fasce di reddito superiori.
Pensioni più povere nel 2025, come è andata nel 2024 e cosa cambia nel 2025
Nel 2024, con una rivalutazione record del 5,4%, la perequazione ha funzionato così:
- Fino a 2.100 euro lordi al mese (4 volte il minimo INPS): rivalutazione completa.
- Tra 2.100 e 2.600 euro (4-5 volte il minimo): rivalutazione al 90%.
- Tra 2.600 e 3.100 euro (5-6 volte il minimo): rivalutazione al 75%.
- Oltre 3.100 euro (più di 6 volte il minimo): rivalutazione al 50%.
Questo schema sarà replicato anche nel 2025, ma con l’aliquota di rivalutazione ridotta all’1,6%.
Vediamo come funzionerà la rivalutazione nel 2025:
- Fino a 2.100 euro lordi (4 volte il minimo INPS): rivalutazione completa all’1,6%. Una pensione di 1.000 euro riceverà un aumento di circa 16 euro al mese.
- Tra 2.100 e 2.600 euro (4-5 volte il minimo): rivalutazione al 90% dell’1,6%, pari all’1,44%.
- Tra 2.600 e 3.100 euro (5-6 volte il minimo): rivalutazione al 75% dell’1,6%, pari all’1,2%.
- Oltre 3.100 euro (più di 6 volte il minimo): rivalutazione ridotta al 50%, pari allo 0,8%.
Anche le pensioni minime riceveranno un piccolo adeguamento, passando dagli attuali 614,77 euro a 625,83 euro al mese. Tuttavia, non è ancora chiaro se il governo introdurrà ulteriori interventi per alzare questa soglia a 650 euro.
Pensioni più povere nel 2025, un impatto pesante per il sud
La riduzione degli assegni pensionistici ha un impatto particolarmente grave nelle regioni meridionali, dove il numero di pensionati supera spesso quello dei lavoratori attivi. Inoltre, nei prossimi anni, il sistema previdenziale sarà messo sotto pressione dall’aumento degli italiani in età pensionabile: entro il 2028, quasi 3 milioni di persone raggiungeranno questa fascia d’età.
Quindi possiamo sostenere che il 2025 non sarà un anno facile per chi deciderà di ritirarsi dal lavoro, con pensioni più basse a causa della rivalutazione ridotta e dei coefficienti di trasformazione aggiornati. Tuttavia, restano possibili interventi correttivi da parte del governo, soprattutto per sostenere i percettori di assegni minimi.