Le sanzioni bloccano il petrolio russo: export in stallo verso Cina e India
L’export di petrolio russo rallenta sotto il peso delle sanzioni: le devastanti conseguenze del conflitto danneggiano il mercato.
Le sanzioni internazionali sono uno strumento potente: possono mettere in difficoltà un Paese colpendo i suoi settori chiave, come il commercio di petrolio. Quando le restrizioni colpiscono un grande esportatore come la Russia, gli effetti si fanno sentire ben oltre i suoi confini, coinvolgendo anche gli acquirenti. Ecco perché Cina e India, i due maggiori clienti del greggio russo, stanno vivendo un momento complicato.
Negli ultimi due anni, Mosca ha trovato in Pechino e Nuova Delhi due alleati fondamentali per il suo export petrolifero, dopo che l’Europa ha ridotto drasticamente gli acquisti. Le due potenze asiatiche hanno approfittato degli sconti sul petrolio russo per rafforzare le loro scorte, garantendosi forniture stabili a prezzi vantaggiosi. Ma l’ultimo giro di vite sulle sanzioni sta cambiando le regole del gioco.
Le nuove misure adottate dagli Stati Uniti hanno reso molto più costoso trasportare il petrolio russo. La ragione? Molte delle petroliere che lo trasportavano sono finite nella lista nera e gli armatori che ancora possono operare chiedono tariffe molto più alte. Il risultato è un’impennata dei costi di spedizione e una crescente incertezza per gli acquirenti.
Di conseguenza, la compravendita di greggio russo sta rallentando. Se prima gli scambi tra venditori e acquirenti erano rapidi e costanti, ora tutto è più complicato: le trattative sono bloccate e l’export è quasi fermo.
Il prezzo del greggio russo schizza alle stelle
A farne le spese sono soprattutto i carichi di marzo destinati all’Asia. Secondo Marketscreener, in Cina l’enorme divario di prezzo tra acquirenti e venditori ha praticamente paralizzato il mercato. Il problema principale è che il costo del trasporto è aumentato a livelli insostenibili.
Il greggio ESPO Blend, che parte dal porto di Kozmino, ha visto i suoi prezzi salire di 3-5 dollari al barile rispetto all’ICE Brent. La causa? Il noleggio delle petroliere Aframax, le uniche che possono operare senza rischi di sanzioni, è diventato carissimo. Anche l’India sta subendo il contraccolpo: Bharat Petroleum ha dichiarato di non aver ricevuto offerte per marzo, segno che il numero di carichi in arrivo si sta riducendo sensibilmente.
Ritardi nei porti e crisi nelle raffinerie
Il blocco dell’export sta creando problemi anche nei porti asiatici, dove molte petroliere sono ferme in attesa di poter scaricare il loro carico. In Cina, alcune navi sanzionate hanno dovuto aspettare settimane prima di ottenere l’autorizzazione allo sbarco. La Huihai Pacific è ancora bloccata a Tianjin, mentre la Viktor Titov sta cercando di raggiungere Qingdao.
Intanto, le raffinerie della provincia cinese di Shandong stanno già riducendo la produzione, perché il petrolio alternativo costa di più. Gli analisti stimano che nel breve termine queste raffinerie perderanno fino a 1 milione di barili al giorno di fornitura. Anche l’India sta correndo ai ripari, cercando nuove fonti di approvvigionamento in Medio Oriente e negli Stati Uniti per evitare carenze nei prossimi mesi.