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Mani Pulite, era il 17 febbraio 1992 quando un arresto fece crollare un sistema

Antonio Di Pietro

Antonio Di Pietro (Wikipedia FOTO)- www.financecue.it

Il 17 febbraio 1992 iniziava Mani Pulite: l’arresto di Mario Chiesa segnò il crollo di un intero sistema di corruzione politica.

Per anni, la politica italiana è stata un mondo a sé, immutabile e impenetrabile. Gli stessi partiti al comando, gli stessi giochi di potere, gli stessi volti che si alternavano senza mai davvero cambiare. Il sistema delle tangenti non era un segreto: lo sapevano tutti, ma lo si accettava con un’alzata di spalle. “Così funziona”, si diceva.

Milano, cuore pulsante dell’economia italiana, era anche il centro di questo sottobosco di favori e mazzette. Appalti pubblici, finanziamenti ai partiti, imprenditori che ingrassavano grazie ai soldi che giravano sottobanco. Era un meccanismo ben oliato, tanto da sembrare indistruttibile. E invece, bastò un uomo, colto sul fatto con una bustarella in mano, per far crollare tutto come un castello di carte.

Certo, non che la gente fosse contenta di vivere in un Paese dove la corruzione era la normalità. Il malcontento c’era, eccome. La crisi economica mordeva, la fiducia nelle istituzioni era ai minimi storici e la classe politica sembrava sempre più distante dalla realtà. Solo che nessuno si aspettava che il primo a cadere sarebbe stato un pesce piccolo.

Il 17 febbraio 1992, Mario Chiesa, esponente del Partito Socialista Italiano e presidente del Pio Albergo Trivulzio, viene arrestato in flagranza di reato mentre intasca una tangente. Nel panico, prova persino a sbarazzarsi dei soldi buttandoli nel water, ma è troppo tardi: i magistrati l’hanno preso con le mani nel sacco.

Mani Puliti, un “mariuolo isolato” che fece tremare l’Italia

All’inizio sembrava una faccenda da poco. Bettino Craxi, allora leader del PSI, liquidò la cosa con una frase sprezzante: “È solo un mariuolo isolato”. Un caso sporadico, niente di più. Peccato che Chiesa, una volta finito in carcere, decise di vuotare il sacco. E quello che rivelò fece tremare l’intero sistema.Non era solo lui a prendere tangenti. Era un’abitudine, un modo di fare politica, un sistema consolidato che coinvolgeva partiti, imprenditori, dirigenti pubblici. La rete era enorme, e il suo arresto fece scattare l’indagine che sarebbe passata alla storia con il nome di Mani Pulite.

Quello che accadde nei mesi successivi fu un terremoto. Ogni giorno, un politico o un imprenditore finiva sui giornali con un avviso di garanzia in mano. L’aria era cambiata: chi fino a poco prima sembrava intoccabile, ora veniva convocato dai magistrati come un comune cittadino. Il pool di giudici di Milano, guidato da Antonio Di Pietro, diventò una sorta di squadra di eroi, mentre l’opinione pubblica assisteva incredula al crollo della vecchia politica.

Lancio delle monetine a Bettino Craxi
Lancio delle monetine a Bettino Craxi (Wikipedia FOTO) – www.financecue.it

Mani Pulite, fine della Prima Repubblica ma inizio di cosa?

Tangentopoli spazzò via intere classi dirigenti. Il Partito Socialista e la Democrazia Cristiana, pilastri della politica italiana per decenni, si sfaldarono sotto il peso degli scandali. I loro leader, un tempo sicuri del proprio potere, ora apparivano spaventati e vulnerabili. Il momento più simbolico? Forse il lancio di monetine a Bettino Craxi davanti all’Hotel Raphael, con la folla inferocita che gli gridava “ladro!”. Una scena impensabile solo pochi anni prima. Milano, che era stata il cuore del sistema di tangenti, si trasformò anche nel simbolo della rivoluzione. Quando il Parlamento tentò di limitare l’azione dei magistrati, i cittadini scesero in piazza, circondando il tribunale per difendere le inchieste. Era il segnale che qualcosa era davvero cambiato.

Dopo il crollo della Prima Repubblica, sono arrivate le riforme: nuova legge elettorale, nuovi partiti, un vento di cambiamento. Eppure, col passare degli anni, la domanda è rimasta la stessa: è cambiato davvero qualcosa? Nonostante il sistema delle tangenti sembrerebbe essere crollato, la politica ha trovato nuovi modi per mantenere il potere. La corruzione si è trasformata, ha assunto forme diverse, ma non è scomparsa del tutto. E quindi forse è vero quello che si diceva ne “Il Gattopardo”: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.